lunedì 17 dicembre 2018

Gli zii d'America

E' deciso, andiamo a trovare gli zii.
Abbiamo fatto i biglietti.
Un giorno, mentre aspettava di discutere in commissione tributaria lui lì ha scoperto un volo Firenze_New York, una cosa incredibile, impossibile, quasi come se decollassimo dall'orto dietro casa con l'air force one e Melania ad intrattenere i ragazzi.
Ho avuto un attimo di difficoltà quando si è trattato di fare i passaporti.
Ero partita bella spavalda, tecnologica, scafata, esperta di burocrazia.
Scema.
Il primo appuntamento disponibile era alle calende greche, sempre che non piovesse e non ci fosse  Urano in opposizione.
In realtà, come spesso capita, il trucco era saltare tutti i preliminari e presentarsi direttamente all'ufficio passaporti in questura, prendere il numerino e fare la coda allo sportello.
Certo ci abbiamo messo una buona mezz'ora, ma siamo andati il giorno che faceva comodo a noi ed  abbiamo ritirato molto prima che arrivasse la data in cui, secondo il sistema, potevano accoglierci in un qualsiasi commissariato.
Non sto preparando fogli exel con la lista delle cose da mettere in valigia, nè di quelle da comprare, chè ormai so cosa mi serve e che non vale quasi mai la pena di prendere niente che non sia eccezionale ed inimmaginabile alla partenza
Siccome non mi smentisco mai, però, ho un elenco di musei, diciamo un elenco generoso.
Potrò dirmi soddisfatta se riuscirò a depennarne un 30% contando che di mezzo ci sono, irrinunciabili, il museo di storia naturale e quello spaziale dello Smithsonnian. 
Una noia
Lo zio sta già sprolquiando di bellezze naturali imperdibili.
Vanno tutte nella categoria di cui sopra
Vedremo di bilanciarle con le chiacchiere tra cognate 



venerdì 23 novembre 2018

Grazie, ho smesso. Di come sto cercando di limitare le comunicazioni inutili

Siamo tutte lì a lamentarci del fatto che, se ti distrai un attimo o semplicemente vivi, rischi di trovare decine di messaggi sui gruppi Whatsapp.
Più che altro siamo tutte lì a lamentarci che, in tutti i gruppi whatsapp minimamente pubblici ed a alta frequentazione femminile, i messaggi si accatastano l'uno sull'altro e non di rado contengono un semplice "grazie" se non addirittura l'emoticons corrispondente.
Arrivi tardi? Rischi seriamente di non capire per quale informazione l'insieme, a turno, sinceramente ringrazia.
Mi piacerebbe dire che non partecipo a questo comportamento che sarebbe educato, se non portasse alla massima maleducazione.
Rendere, infatti, di difficile fruizione l'informazione veicolata, oltre che una noia per il povero destinatario distratto, è anche una discreta cafonata.
Invece partecipo eccome, è una compulsione alla quale trovo difficile sottrarmi, un po' come quando da bambina tutte raccoglievano i capelli nell'ora di ginnastica e lo facevo anche io, incapace di sottrarmi, anche se lo trovavo scomodo e fastidioso. 
Calatemi in un gruppo di donne con niente (o poco) in comune se non una particolare attività e troverò difficile passare per l'unica cafona che non ringrazia anche se pensa che 25 grazie siano il top della maleducazione.
Comunque.
Ci sto lavorando.
E mentre ci lavoro ho deciso di smettere di rispondere a certe mail.
Questa volta l'abuso non è solo femminile.
Si tratta di quelle mail che ti arrivano a nastro.
Una persona ti scrive; tu non apri la mail immediatamente o la apri (e quindi le arriva la spunta che hai letto), ma rispondi con i tuoi ritmi, magari dopo qualche ora o il giorno dopo, perchè stai facendo altro, o perchè la risposta non è banale, devi studiarla e la cosa richiede tempo, o semplicemente perchè in quel momento non hai voglia di pensare a quell'argomento (o a lei).
Passa un po' di tempo, e ti ritrovi altre sue mail il cui unico scopo è sapere se hai visto che ti ha scritto.
Oppure: hai chiesto un documento, il tuo interlocutore te lo manda, lo ricevi e ti metti a studiarlo. Solo che l'angolo destro in basso del computer comincia a pulsare perchè devi dare conferma di averlo ricevuto (ti è arrivato l'avviso di apertura no?)
 Fin'ora, in questi casi, hai sempre dato riscontro. Hai sempre mandato quelle comunicazioni standard, quella roba inutile tipo "grazie, visto" oppure "grazie, appena posso rispondo"
Ora più
Scrivi decine di mail di questo tipo.
Servono solo a placare l'ansia del richiedente e sottraggono un sacco di tempo al lavoro vero.
E in più, quelle che mandano a te, ti intasano la casella.
Questa settimana, nel mare magnum di salamelecchi, ti sei persa due cose serie e ti sei dovuta scusare.  

mercoledì 24 ottobre 2018

Attonita

In questi quasi tren'anni, noi della 5d ne abbiamo fatte tante.
Tutti hanno diviso la loro vita con qualcuno, almeno per un po'.
Qualcuno si è separato. Qualcun'altro, risposato, un paio stanno ancora con l'amore del liceo. 
Tutti lavorano. Qualcuna ha interrotto dopo la nascita dei figli, ma poi ha ripreso
Moltissimi svolgono una professione che ha a che fare con la laurea che hanno conseguito, qualcuno fa tutt'altro.
LaCarolina è diventata una top manager, Paolo un apprezzato attore teatrale.
Bernardo ha realizzato il suo sogno. 
Molti hanno fatto almeno una parte di un percorso di studio all'estero
Alcuni ci hanno vissuto per un certo periodo.
Solo Maurizio è rimasto in Svezia.
Ernesto fa su è giù con la Gran Bretagna
Un paio hanno affrontato e superato gravi malattie.
Pietro sostiene che il suo aneurisma gli ha lasciato strascichi, ma a noi sembra sempre lo stesso casinista, distratto
Tutti, tranne una, hanno avuto figli.
La maggior parte è recidiva e ne ha fatti due, 5 sono stati svegli e si sono fermati ad uno, Pietro ne ha tre, la Marghe, che è sempre stata esagerata, quattro.
Molti vivono ancora nei dintorni di Firenze, qualcuno ha cambiato città e regione.
Quasi tutti vantano attività extra professionali interessanti. Qualcuno confessa di fare, più che altro, l'accompagnatore dei figli.
Michele è ancora capace di parlare in latino
Alessandro non sembra più un principe azzurro, anche se è comunque un bel signore
Miriam, invece, è sempre bellissima.
E simpatica.
Accidenti a lei
Tutti comunque eravamo vivi.
Fino a ieri.
Ora io dico, Lapo, c'era davvero bisogno di essere il primo?


giovedì 18 ottobre 2018

Assumersi responsabilità

Attila ha ormai 12 anni
Frequenta la seconda media
E' più alto di me
Ha ormoni impazziti in agitazione continua
E' bellissimo e ignaro
Goffo ed elegante
Intelligente ed idiota
Sensibilissimo e contemporaneamente, capace di causare sofferenze inaudite e gratuite.
Ha scoperto che può essere simpatico ed è disposto a quasi tutto per non perdere l'opportunità.
Ha fatto una ca....cattiva azione.
Ha chiamato una ragazzina, una sua amica, bigfoot.
Il genio ha notato che ha dei peli sulle braccia, peli scuri, chè è mora, su una carnagione molto chiara e gli è sembrata una cosa buffa. Tanto buffa da meritare una presa in giro, una frase buttata lì per ridere, durante una lezione a classi miste. Una frase, detta con la giusta dose di superficialità e cattiveria, perfetta per appiccicarsi addosso al destinatario più, e meglio, del suo nome.
Soprattutto se quel destinatario assomiglia di più ad una minuta ed eterea ninfa dei boschi che ad uno scimmione ipertricotico
L'ho saputo   
Io non sono contraria alle battute, nemmeno a quelle cattive, fanno parte della mia vita, dello spirito dei miei luoghi, non ci rinuncerei per niente al mondo
C'è però, un però.
Si può essere sarcastici solo con chi il sarcasmo lo conosce e lo regge, con chi sa maneggiare l'ironia, con chi sa dare un peso a certe parole, in sostanza, con chi, quando gli dicono "meglio un morto in casa che un pisano all'uscio" risponde, senza nemmeno pensarci, "che Dio ti accontenti" e ti lascia lì
Si deve sempre guardarla in faccia la gente
Sempre
Non si può rischiare di mettere in crisi una ragazzina che, come praticamente tutti, combatte con lo specchio.
Non è giusto.
Per lei prima di tutto, perchè ha diritto non solo al rispetto, ma anche alla sensibilità del prossimo.
Non è giusto però nemmeno per Attila, che può essere meglio di così, che può imparare, capire, guardare.
Ne abbiamo parlato a lungo, molto a lungo.
Poi è uscito, le ha suonato il campanello e le ha chiesto scusa
Sono molto orgogliosa di lui.
Molto
Si è preso le sue responsabilità
La sera, il padre di lei mi ha mandato un messaggio per ringraziarmi e complimentarsi.
Gli ho risposto la verità: non l'ho fatto per lei, ma per lui
Gli auguro con tutto il cuore di diventare un uomo che sa quando, come ed a chi, può fare vedere il suo spirito fescennino
Ma ancora di più, auguro con tutto il cuore a lei di diventare una donna che se ne strafrega di quello che pensa il prossimo dei suoi peli sulle braccia, non una che si aspetta che nessuno li noti
Pretendere di cambiare la percezione degli altri è inutile, alla meglio, perchè la libertà di essere ciò che si è, viene sempre e solo da dentro

lunedì 17 settembre 2018

the good wife

Quest'estate mio marito ed io abbiamo visto tutte e sette le serie di the good wife.
Voi non fatelo, non è questo granchè.
O almeno, non andate oltre la quinta.
Le ultime due sono un po' come certe sale di lettura di certe biblioteche dei miei anni universitari dopo che tutti avevano fatto più di un giro con tutti e non c'erano più sorprese.
Il telefilm (si dice ancora?) inizia con la protagonista, moglie casalinga di un procuratore di Stato, che si ritrova cornuta, maziata e in non poche difficoltà economiche quando le arrestano il marito per corruzione.
Via via che il plot si dipana, da moralista ingenua ed integerrima, diventa un avvocato molto efficace, una grande stronza e una discreta ipocrita.
Non so se sia una metafora dell'esistenza.
Una raffigurazione del passaggio che facciamo in molti quando ci ritroviamo a guardare in faccia la realtà e transitiamo dall'età dell'innocenza a quella maturità che ha già in se un vago sentore di marcio.
Dico in molti, perchè invecchiando mi rendo conto che alcune persone hanno la fortuna/sfortuna di non fronteggiare mai la realtà come la vedo io: multiforme, interpretabile, amorale, sempre riflessa, effetto di ragioni, ma raramente governata dalla Ragione.
Comunque questa tipa e tutto il mondo che le gira intorno ci ha fatto molto sorridere aprendo la strada a considerazioni superficiali.
Non è tanto il plot nel suo insieme che colpisce, sono i particolari.
In tutte le serie, non si vede mai nessuno mangiare.
La sola volta in cui sono a casa e cucinano, lei si fa aiutare a condire l'insalata mentre aspettano la consegna della pizza.
In compenso bevono tutti come spugne.
E visto che non mangiano, l'alcool non è mai il completamento del pasto: bevono perchè sono arrabbiati, disperati, nervosi, bevono al lavoro, come premio per un compito ben fatto.
Bevono, soprattutto, per rilassarsi alla fine di ogni giornata o per lasciarsi andare e abbordare qualcuno.
Vanno giù di shottini nei bar, come diciottenni con amici stronzi e un amore non corrisposto.
Fanno sesso, neanche poco, quasi sempre senza alcun coinvolgimento emotivo, ma sempre vestitissimi. Ora, non è che uno voglia o si aspetti di vedere chissà che, e non discuto che possa essere eccitante tenere su la giacca o il tacco 12, ma certe scene superano di molto il ridicolo.
Infine, lei si trasforma negli anni del liceo dei figli, da madre ansiosa (e un filino ansiogena), a una che ci si è trovata per caso e ha fatto un po' fatica a salutare.
Si passa da una donna che si fa venire un collasso perchè il figlio studia con una compagna e non stanno in bella vista ad una che, tre o quattro anni dopo, accetta con un sopracciglio alzato la sua decisione di abbandonare gli studi e sposarsi con una mai vista che forse lo manterrà.
Nel frattempo aveva digerito l'aborto della fidanzatina minorenne, autorizzato da suo marito (non ho capito a che titolo) e dai genitori della ragazza
Se mi immagino una serie del genere girata da noi, come scena d'apertura non vedo una conferenza stampa con lei che gli tiene la mano sconvolta e incredula.
Vedo una moglie incazzatissima che urla addosso ad un marito che l'ha riempita di corna mentre lei era a casa convinta fosse l'uomo migliore del mondo e, solo poi, stuccata a modino, fa ciò che deve (o vuole, o è opportuno).
Vedo famiglie coinvolte.
Fazioni
Amici che spariscono, ma solo dopo qualche mese 
Vedo comunque un lavoro trovato per la grazia di un vecchio amico un po' marpione
Vedo tavole apparecchiate e gente che ci rovescia sopra fiumi di parole.
Centinaia di tazze di caffè, a casa, in ufficio, con i colleghi, con gli amici
Ragazzini che pomiciano col libro davanti e discorsi falsamente imbarazzati su pillole e preservativi
Mamme, babbi e loro colleghi che fanno un aperitivo o escono a cena, bevono qualche bicchiere di vino e poi si danno da fare.
Prima, però, ti fanno capire che si spogliano.
E infine mi immagino un diciottenne che arriva a casa e annuncia che smette di studiare e si sposa una mai vista nè conosciuta.
Una che non è nemmeno incinta
E che sposa così, perchè nella vita ognuno deve fare i suoi errori
Ah l'aplomb
L'aplomb signora mia

mercoledì 1 agosto 2018

Lavoro di m. e buone ferie

La prima volta che l'hai incontrata, ne hai parlato anche qua, sei rimasta stupita dell'enormità della tua stupidità.
Una signora molto anziana, decisa a separarsi da un marito molto anziano, dopo molti decenni di matrimonio, non, come supponevi, per la fatica di sopportarsi dopo tanto tempo, ma per le botte e le offese accumulatesi negli anni.
Certo la figlia che l'accompagnava era una vera arpia, ma, sinceramente, chi non avrebbe accumulato una buona dose di veleno nel vedere la madre sopportare l'insopportabile?
Non è proprio sempre vero che le vittime suscitano senso di protezione e pietà, non in chi avrebbe voluto proteggerle (e magari proteggersi) e non c'è riuscito, almeno.
Comunque, le cose sono andate avanti e ci avete lavorato.
L'uomo ironia ha ottenuto un bel rinvio a giudizio per maltrattamenti in famiglia, sopportando stoicamente una collega specializzata in diritto di famiglia di quelle tutte boccoli, vestitini e sotterfugi.
Tu hai preparato il ricorso per la separazione e, inutile nasconderlo, tenuto il fiato sospeso per il timore che succedesse qualcosa, che l'andasse a cercare, che le facesse del male.
Il giorno prima dell'udienza, hai passato un bel po' di tempo con la signora e con sua figlia.
Nel frattempo, certo per la lontananza dalle vessazioni, la tua cliente era diventata una virago, una donna dall'aggressività stupefacente, piena di pretese, di granitiche certezze, di iratissime affermazioni. Ti ha zittita diverse volte, ingiunto questo e quello, trattato come una un po' tarda. La dottoressa Occhibelli, in silenzio sulla sua poltrona, aveva l'aria di una che ha sbagliato sala riunioni e, forse, anche studio.
Tu hai sentito una rabbia sorda montare, sempre più forte ad ogni frase intesa a fare comprendere che non era quello l'atteggiamento giusto, rispedita indietro con superba, sprezzante, sicumera.
Anche mettendo da parte la fatica ed il lavoro, chè in fondo chissenefrega, ma come?  ci hai messo cinquant'anni per trovare la forza di uscire di casa e poi che fai? rischi di farti dire che eravate solo una coppia litigiosa come tante, perchè non resisti all'urgenza di rimetterti in pari con  quella forma primitiva e primordiale di autoaffermazione che è lo starnazìo?
Pacata, serena, ripetitiva, hai spiegato e rispiegato.
Poi ti sei rotta le palle
E l'hai messa a sedere con una smusata delle tue.
Glielo hai detto, così, senza tanti giri di parole che lo capivi, capivi la sua paura di non sapere essere qualcosa se non in funzione di lui, la sua nuova aggressività effetto di una vita tenuta sempre sotto pressione che finalmente poteva esprimersi, la rabbia di avere negato cosi tanto, una vita intera.
Capivi, ma che la smettesse, perché non era il momento
L'hai fatta piangere.
L'udienza è andata come è andata.
I provvedimenti temporanei sono buoni, non le hanno assegnato la casa da cui è scappata, ma le hanno riconosciuto un buon assegno ed il lavoro va avanti su entrambi i fronti, civile e penale.
La collega ci ha provato a dire che il suo cliente non poteva pagare, ma il bonifico è arrivato giusto e nei termini tutti i mesi finora.
Il fascicolo è al suo posto, nel mobile a serranda sotto la lettera corrispondente.
Sei pronta per le ferie
Sei in ferie
Questa mattina alle 9,00 ti suona il cellulare, rispondi: "sono C., volevo dirle che sono tornata da mio marito, Ma è una prova, tanto si può no?"
No

lunedì 25 giugno 2018

SSN 2. Grazie

E' passato un mese.
In questo mese sono successe tante cose, belle e brutte: il nuovo governo, la fine della scuola, le elezioni comunali, una bella sentenza, un'impressionante cena della mia classe del liceo.
Sono tutte cose di cui mi piacerebbe scrivere qualcosa, ma non ora.
Ora è giusto ripartire da dove mi sono fermata.
Ripartire con un grazie.
Grazie perchè la mano c'è, il dito pure e sulla funzionalità ci sono ottime prospettive.
Di questi tempi, da queste parti, sembra che il successo medico sia un atto dovuto, ma basta accendere un attimo il cervello per capire che non è affatto così, quindi grazie.
Grazie anche per il servizio.
Altra cosa sulla quale spesso ci sono critiche e polemiche.
A noi è sempre andata bene, devo dire, ma questa volta di più.
Certo quando siamo passati da un codice rosso ad una proposta di dimissione con prenotazione di visita chirurgica, siamo rimasti spiazzati, ma l'informazione è stata chiara e convincente: non aveva senso occupare un letto in attesa di essere visti da chi aveva già esaminato lastre e foto e ritenuto di fare un intervento programmato.
Meglio tornare a casa, riposare una notte nel proprio letto, lasciarsi coccolare, rassicurare i bambini e presentarsi il giorno dopo.
Sono grata al chirurgo, per l'accuratezza e la chiarezza, per la cortesia e anche, per la pedanteria nello spiegare e rispiegare l'intervento.
Grata all'anestesista, per essere venuta a dirmi che non c'erano state complicazioni chirurgiche, ma trattenevano il paziente nel post operatorio solo perchè avevano dovuto fare la totale.
Grata al reparto, perchè è strutturato in modo che i parenti dei pazienti in day hospital possano stare con loro per tutto il tempo, se vogliono.
E all'ente, linee guida, elfi caritatevoli, burberi burocrati, chiunque sia stato quello che ha previsto che alla dimissione sia comunicata la prima visita di controllo, alla prima l'appuntamento per la seconda e così via.
Sono rimasta incantata dalla fisioterapista che ha costruito il tutore. Mi aspettavo un oggetto standard, da adattare allo scopo, e invece ho trovato un vero e proprio laboratorio artigiano in cui, tra un discorso ed un altro, un consiglio e una manipolazione, lastre di materiale sono state tagliate, curvate, provate e riprovate, per confezionare un oggetto su misura.
"Ogni trauma è diverso, ogni persona è diversa, curiamo il paziente non la malattia".
Tanto di cappello 


martedì 5 giugno 2018

Pollice opponibile

Sono seduta in sala d'attesa.
Le pareti azzurre, il pavimento blu, le luci fredde, necessarie in questo piano interrato, mi fanno sentire in uno strano acquario di plastica.
Fluttuo verso il distributore di schifezze nell'angolo e prendo una coca, dovrebbe aiutarmi a tenere sotto controllo la nausea.
Non ti vedo da quando sei salito sull'ambulanza, ma non sono preoccupata per te, eri vigile e reattivo.
Mi preoccupa la tua mano, il tuo dito.
Distrattamente stringo e rilascio la lattina.
Sono gesti così banali, automatici, li facciamo migliaia di volta la giorno.
Ti rivedo.
Urli di là dal vetro della porta, hai sangue dappertutto e con una mano stringi forte l'altra, sei bianchissimo.
E poi ti accasci.
Il mio cervello razionale ci mette un po' a capire, ma l'amigdala ha già trovato le chiavi e sta chiamando il 118.
Ti hanno portato al pronto soccorso di Careggi, in codice rosso, tu dentro ed io fuori.
Nell'edificio di fronte, mi hanno detto, c'è chirurgia della mano: "sono giovani, signora, bravissimi, noi si "comprano" da tutta Italia. Come i calciatori", scherza l'infermiere a cui chiedo notizie.
Sfortuna che io sono cresciuta sentendo parlare di ossa rotte e tendini andati in fuori gioco, saranno anche bravissimi, ma ridurre e ricucire, non sempre vuol dire restituire funzionalità
Aspettiamo-

venerdì 20 aprile 2018

Bagni pubblici. Breve compendio

Al Nuovo Palazzo di Giustizia ci sono moltissimi bagni; una profusione.
Immagino li abbiano fatti spinti dai sensi di colpa per la situazione precedente.
Sia chiaro, rimpiangerò sempre la decina di sedi sparse per il centro storico, ma onestà intellettuale costringe ad ammettere che, allora, i bagni potevano essere divisi in sole due categorie: "non pervenuti" ed "era meglio se non erano pervenuti".
Adesso non solo ci sono, ma è anche impossibile perderseli.
Infatti, mentre le cancellerie e le aule sono indicate da discrete targhette poste al lato delle porte, i cartelli dei servizi svettano in perpendicolare dalle pareti, sia mai uno non capisca dove è diretto il tipo che lo precede a passo svelto su per il corridoio.
Tutti i bagni sono identici, dalla disposizione dei servizi, ai dispenser del sapone, dai malefici soffiatori per le mani, ai salvifici ganci per giacche e borse
Eppure
Eppure c'è un abisso che li divide.
E l'abisso siamo noi.
Uscite distrutte da un'udienza pubblica in corte d'appello, sono le due del pomeriggio e la natura chiama implacabile?
Non troverete ad attendervi candele profumate, carta a fiorellini in pendant con le piastrelle e soffici asciugamani di lino, ma potete stare certe che il servizio sarà pulito e fornito del necessario.
Avete avuto una mediazione obbligatoria, siete all'undicesimo piano, sono le 16,00 e dovete trovare una scusa per non scendere con controparte?
Siccome è noto che le donne sono tipi emotivi e l'emozione stimola la vescica, potete approfittare ed andare ad ammirare i quadri che le impiegate hanno appeso nell'antibagno.
Sono le dieci e aspettate il vostro turno dal Giudice di Pace?
Tenetela
O preparatevi alle salviette per terra ed al sapone sul lavandino.
Si sa infatti che non si può raccogliere niente sia caduto in un bagno pubblico, neanche un brillante, pena infezioni gravissime.
Siete in attesa di un'udienza per un'esecuzione presso terzi?
La fanno giù, alle aule penali?
Prima di entrare, fate conto di essere in Cappadocia, d'estate, su una statale, i bagni sono scavati nel tufo.
L'odore è quello, ma lì si usano le turche e voi non siete così fortunate.
Dice: è l'utenza.
I bagni maggiormente utilizzati dalle persone che non frequentano abitualmente aule di giustizia, sono più difficili da mantenere puliti a causa del tipo di soggetti, del loro stato emotivo, della situazione in cui si trovano, della maleducazione.
Sarà.
Personalmente, sono sicura che testimoniare in un processo penale, possa funzionare come una dose di dolce euchessina, ma non sono affatto convinta che impedisca il corretto uso dello sciacquone.
E comunque, promuoverei una petizione per obbligare le donne che pisciano in piedi ad andare nel bagno degli uomini.

mercoledì 11 aprile 2018

La sposa cadavere

"No bianco, no pizzo, no fantasie, no colori pastello, no scolli esagerati, no corto, no tute."
La cugina del mio cuore si sposa.
Questa volta davvero.
E quello sopra è il messaggio con cui sonda la mia disponibilità ad accompagnarla nella scelta dell'abito.
"No nero. no viola."
E' stata la mia risposta.
Non sia mai detto che non la conosco
Infatti la sfortunata ha fatto seguire una lunga discuisizione sulle nozze a tema ed a tema gotico, in particolare.
D'estate, in Toscana, con tutti i parenti e magari con fischio d'inizio a mezzogiorno?
Fantastico.
Io mi metto da una parte e rido da ora a un mese dopo la cerimonia
Insomma.
Alla fine l'aiuterò, perchè le voglio un gran bene, perchè non c'è niente che mi faccia più piacere e perchè non la lascerei per tutto l'oro del mondo fronteggiare da sola mia madre e sua suocera.
E poi, eravamo d'accordo che se mai si fosse sposata, avrei avuto diritto alla coda o alla veletta.
Quando mi ricapita di metterla in imbarazzo così?

lunedì 9 aprile 2018

Viaggi di strade e viaggi di sogni

Attila ieri, per un minuscolo mini concorso letterario cui la scuola partecipa, doveva commentare una frase che suona più o meno così: "perchè chi si ferma ha più vita, ma chi viaggia ha più strada".
Le implicazioni e le interpretazioni sono numerosissime e, come spesso capita, ognuno ci può vedere un po' ciò che vuole; mentre il senso del "più strada" infatti è chiaro, il "più vita" è decisamente un'espressione aperta a giudizi di opposto valore.
Tra poco partiremo per qualche giorno.
 Non è un gran viaggio
Ciononostante per me è epocale.
Nel mondo ci sono infiniti posti che visiterei.
Come tutti credo, a richiesta, potrei fare una classifica, ma varrebbe solo come ordine di preferenza poichè, sebbene alcuni paesi mi attraggano più di altri, credo che avendone la possibilità non ne lascerei fuori nessuno.
Sono viaggi di strada, suggeriti dalla curiosità; conta l'impulso a partire, l'occasione propizia e la voglia di scoprire.
Non c'è un grande investimento emotivo dietro
Poi ci sono alcuni paesi, più spesso alcuni pezzi di alcuni paesi: una regione, una città
E quelli sono viaggi di sogno
Escono, spesso, da pagine di libri, ma può anche essere un'altra la spinta.
Per anni ho sognato l'Australia solo perchè una volta, sarà stato il 1982, mio padre aveva ricevuto un'impressionante offerta di lavoro.
La sera a cena i miei ne parlarono ridendo, lui era tentato da quelle condizioni faraoniche, lei non era affatto tentata dall'idea di vivere a 24 ore da tutto ciò che le era caro.
Finì lì.
Ma io mi sono a lungo immaginata in un posto senza (un apprezzabile) passato e con molto futuro
Dall'infanzia sogno l'Egitto.
Potrei fare la guida turistica ad Abu Simbel e spiegare, tra le altre cose, tutto sullo spostamento che ha permesso comunque di non perdere la magia del sole che penetra nel sanctum due volte l'anno
E San Pietroburgo? la Neva di Tolstoj e Dostoevskij?
E l'Iran?
E la Cina? Sarebbe meraviglioso vedere l'esercito di terracotta a casa sua, la città proibita, la muraglia.
Ecco.
Questi posti non sono posti e non sono luoghi sconosciuti, fanno parte di me
Non sono però, ne sono consapevole, luoghi fisici
Ed è per questo che la decisione di visitare davvero uno di essi è, ogni volta, epocale.
Fa paura.
Ma non si può rinunciare ai sogni

mercoledì 21 marzo 2018

Prometti che non muore più nessuno

E' tardi, ho sonno, mal di pancia e voglio andare nel mio letto a fare due chiacchiere con mio marito.
Sono qui invece, mezza seduta mezza sdraiata sul tuo lettino, Harry Potter aperto sulla pancia e la gatta che mi guarda male perchè, evidentemente, le sto rubando spazio.
Ha ragione, lei ha il compito di vigilare sui tuoi sogni belli e non può farlo se non si acciambella ai tuoi piedi.
A volte però non è nel sonno che si manifestano le nostre più grandi paure.
Infatti hai gli occhi aperti, spalancati, lasciano uscire grandi lacrimoni.
Volevi andare a dire ciao al nonno, ma pioveva così forte che non ci siamo fermati e poi, la nonna, tende sempre a dirti di non pensarci, di giocare e divertirti.
E' brava la nonna, ma a volte le sue risposte sono un po' così, non devi prendertela, per lei l'unica è andare avanti e se piange, quando piange, non te lo dice e non te lo fa vedere.
Ti vorrebbe, ci vorrebbe, sempre felici.
Io no.
Mi va bene se sei triste e piangi
In questi giorni poi, sarebbe strano il contrario.
E' quasi un mese che è morta l'altra nonna.
Passare da quattro a due in così poco tempo, è una di quelle sottrazioni che ti scavano dentro.
Mentre ti abbraccio e ti cullo, alzi gli occhi e mi fai: "prometti che non muore più nessuno. Mai"
Penso agli ottant'anni suonati di uno, alla gatta che è vecchia, ai vicini degli zii, all'aereo che prenderemo, a treni, auto, stazioni, alla mamma di S che ha iniziato la chemio, alle mille e mille incognite della vita, al fatto che c'è un limite alle bugie che si possono dire.
Ti sorrido, ti stringo e con la voce più ferma che ho, affermo "mai".
Cazzara

giovedì 8 marzo 2018

Il lavoro più bello del mondo

Il mio lavoro mi piace.
A volte lo odio, ma mi piace.
Mi piace, soprattutto, perchè fatto come lo faccio io, da artigiana, ti consente di imparare continuamente qualcosa.
Qualcosa di diritto, come è logico, perchè ogni fatto ha bisogno di un approfondimento in più, di una sua interpretazione delle norme e di un'indagine sulla giurisprudenza.
Qualcosa sulle persone, perchè non puoi prescindere dalla gente, siano clienti, colleghi o magistrati, sono comunque esseri umani con idee, opinioni, reazioni. Quasi tutti almeno.
Qualcosa, però, ed è la cosa che più soddisfa la mia curiosità, sul mondo.
Contesti/ti contestano vizi di costruzione di un edificio? Avrai una perizia da esaminare piena di calcoli statici e astrusi riferimenti a scienza delle costruzioni.
Devi occuparti di un risarcimento da lesioni? Giù patologie per tutti i gusti.
Hai una cliente che compra arte moderna e poi ritiene di contestare il prezzo? Ti tocca farti un idea di nomi, produzioni e quotazioni.
Ti ritrovi davanti due che si accapigliano sulla circoncisione del figlio? Imparerai qualcosa su tradizioni culturali di altri paesi
Quello che preferisco del mio lavoro, però, inutile negarlo è altro.
Vincere.

mercoledì 28 febbraio 2018

Vegano dammi la mano

Per tristissime ragioni familiari, nei giorni scorsi, i miei cognati sono stati con noi.
I cognati sono, chi più, chi meno, vegani.
Gli unni sono fermi al paleolitico, non che si possa dire che non mangino verdure, ma di certo se lasciati liberi a loro stessi non avrebbero dubbi su quale parte scegliere nella dicotomia cacciatore - raccoglitore.
Il livello emotivo dei maschi di casa può essere molto basso e questo, va detto, senza distinzione per età, grado di istruzione o esperienza di vita e quindi abbiamo assistito a sorridenti accuse di neanderthalesimo aggravato (lo zio ai suoi nipoti) e ad invocazioni a Goldrake (i nipoti allo zio).
Non c'è che dire, si amano alla follia e, nonostante distanza e tempi molto limitati, si capiscono alla perfezione.
Lui cercava di convincerli che la ciccia è immorale, loro che solo un pazzo rinuncerebbe al prosciutto ed al parmigiano.
Lui asseriva che possiamo benissimo vivere senza nutrirci di carcasse animali, loro che il leone continuerebbe a mangiare la gazzella anche se loro rinunciassero alla bistecca.
Lui raccontava di amici che hanno figli vegani e loro lo rimbeccavano facendo presente che, i poveretti non hanno mai conosciuto altro.
Il tutto naturalmente davanti a farinata (polenta) di cavolo nero e zucca gratinata, chè il rispetto è rispetto, anche quando non sembra.
L'argomento conclusivo lo ha segnato Totila il quale, appreso che per andare a frequentare da loro due settimane di centro estivo, si sarebbe dovuto adeguare, ha scrollato le spalle e osservato che, insomma, un mcdonald's da qualche parte lo avrebbe pure trovato.
Punto, set e partita
Cuore di zia non ha retto.
Non c'è che da sperare in una maggiore consapevolezza, con la maturità.

giovedì 15 febbraio 2018

Autopsia

Questa storia inizia mesi fa.
Inizia con una notizia improvvisa e con una reazione per me tipica.
P è morto, è morto senza nessuna avvisaglia, in una posizione spiacevole e, purtroppo, in qualche modo, pubblica.
La notizia mi raggiunge mentre sono via per qualche giorno con la truppa.
La latrice, nel darmela, aggiunge con il tono perentorio che spero di avere ereditato quando insegno l'educazione, che devo chiamare subito D.
Figurarsi, se c'è una cosa che non faccio mai in questi casi è chiamare con troppa solerzia conoscenti e amici.
Sarò egoista, ma non sopporterei di offrire parole di conforto ed essere vista, invece, come Danny De Vito che va a distribuire biglietti da visita ai traumatizzati negli ospedali (L'uomo della pioggia docet).
Mentre gironzolo per una bella città, mi ritrovo a pensarlo, a pensarli con insistenza, e così alla fine, mando un messaggio.
D mi risponde subito, mi chiede se può chiamarmi, dice che ha bisogno di aiuto.
Nel frattempo sono stata aggiornata e, per quanto mi spiaccia moltissimo sentire i particolari che sento, non vedo davvero cosa potrei fare.
Ci sentiamo ovviamente e la rassicuro, mi interesso, spiego.
Non faccio niente, davvero, recito solo a soggetto la parte di quella che ha competenze specifiche quando, invece, più che altro, offre indicazioni di buon senso.
Mai come in certi momenti si ha bisogno di affidarsi, di ascoltare la bocca giusta, anche se dice solo cose sensate magari già pronunciate da altri; siamo strane creature noi umani, ci piace pensarci razionali, ma non lo siamo poi tanto.
Di promessa di aiuto, in promessa di aiuto, mi ritrovo oggi su un divanetto nero ad aspettare l'ora del mio appuntamento col PM, io che non faccio penale e non ho mai sentito l’esigenza di parlare con un PM .
E' voluta venire anche lei, non ci crede che l'autopsia non sia ancora accessibile, e con tutto il rispetto per il suo dolore e la considerazione per la terribile situazione in cui si trova, sono piuttosto arrabbiata.
Il sistema fa schifo e io ne faccio parte, evidentemente.
Peccato però che io ed il sistema stiamo spendendo tempo e risorse per fare approfondimenti su approfondimenti che dicano (a questo punto solo a lei ed alla sua famiglia, perchè non è emerso alcun delitto) a cosa esattamente si debba attribuire il decesso. 
In effetti, sarebbe stato più civile lasciarla lì così.
Resisto dalla voglia di dirglielo; la mia stizza è francamente puerile, basta guardarla negli occhi per sapere che non avrà mai pace finchè non accetterà che non saprà mai.
Questo non posso non dirle.
Non lo saprai.
Mi odia, lo so, lo vedo, le sto dicendo la verità che non le hanno ancora detto.
Per carità, saprà di cosa è morto, a questo punto sulle cause cliniche non resterà nemmeno un ombra di dubbio.
E quindi?
Che P avesse o non avesse già fatto ciò che si stava preparando a fare, non è forse vero che si stava preparando, non è forse vero che lei neanche lo immaginava?
Non è forse vero che non saprà mai, come, quando, da quando e perchè?
Dopo che le avranno detto si o no, continuerà comunque a chiedersi come sia possibile non avere visto, capito, percepito, anche solo un'inquietudine, un segno.
La verità è che la sua angoscia resterà lì, enorme, finchè non accetterà il fatto che lui non voleva che lei capisse, vedesse, sapesse e prendeva tutte le precauzioni possibili per evitarlo.
Che c'era un posto in cui, semplicemente, non la voleva
Nonostante la vita insieme, la famiglia, le figlie, i viaggi, la musica o qualsiasi altra cosa facesse di lui l'uomo che amava e pensava di conoscere come le sue tasche

martedì 23 gennaio 2018

Caro Zucky, le mie ovaie non sono affari tuoi

Caro Zucky,
prima di tutto grazie.
Grazie perchè ti preoccupi tanto per me e, con i tuoi fantastici algoritmi, cerchi di soddisfare ogni mia necessità ed ogni mio desiderio prima ancora che io li abbia formulati.
Neanche la mia mamma è mai arrivata a tanto (e Dio solo sa se la mia mamma ha mai avuto l'impulso di dirmi cosa fare e come farlo): costruire per me i miei bisogni, indicarmi come appagarli e soddisfarli ovunque io sia.
Mi risparmi un sacco di fatica.
Un simile, immane, sforzo non si può fare da soli e infatti tu hai un sacco di amici.
Ieri per esempio, mentre compulsavo una noiosissima monografia cercando di capire se il coerede può esercitare azione di riduzione contro il legatario anche se non ha accettato con beneficio di inventario, Sundar ha avuto pietà di me e mi ha aperto sotto gli occhi il banner del più bel cappotto degli ultimi 3 anni, glielo avevi detto tu vero?
Non negare, due giorni prima, partendo proprio dal tuo social ero andata a vedere il sito di quella, nota marca, ed ero stata dieci minuti in adorazione.
Anche le borse non erano male.
Insomma, lasciamelo dire, siete una squadra fantastica, vi immagino spesso, tutti intorno a un tavolo, a tarda sera, con un  piatto di quinoa in mano, a discutere allegramente dei fatti miei, metterli insieme e cercare di capire cosa penso, cosa voglio, come sono fatta, come posso essere persuasa a scegliere ciò che è giusto per me.
Ecco, siccome tu ed i tuoi amici siete tanto gentili, voglio darvi un piccolo consiglio, una sciocchezza da tenere a mente quando siete lì con la quinoa, le magliette lise e tutto il resto:
bevete meno.
Chè la proposta di iscrivermi a un gruppo di sostegno per donne in premenopausa, non è stata una grande idea.
E non ve l'ho nemmeno data io.



giovedì 11 gennaio 2018

Tante cose e forse nessuna

E' un bel momento, c'è gioia e serenità sia sul versante personale che professionale, c'è ottimismo persino.
E' anche un momento di grande tristezza, piango come mai, io che non piango mai.
Ora che i mesi sono scorsi via, il mio babbo mi manca da impazzire, ora che le sue battute sceme, trite e ritrite, vengono di nuovo accennate come presupposto condiviso del nostro lessico familiare (aggiungeteci una g e regalatevi il libro della Ginzburg se non lo avete mai letto), ora che ci sono altri chili di mattoncini da montare per vedere, almeno una volta, cosa pensano di avere messo in quella scatola i progettisti della lego, quegli illusi, ora che mia mamma fa di nuovo polpette di lesso.
Ho visto spettacoli di Natale, canzoni, esibizioni, saggi.
Ho partecipato a cene, di classe, di studio.
Ho goduto della bellezza della montagna e della gioia dello sci che sta, tutta e sola, nella sauna della sera.
Ho ripassato la tabellina del 2, del 3, del 4, e del 5; io le so, Totila ancora ha delle incertezze.
Ho cercato di spiegare ad Attila che essere felice di avere due ragazze che ti sospirano dietro non vuole dire affatto dovere sceglierne una e tanto meno essere innamorato.
Può essere una bella botta per l'autostima, purchè uno non ci conti troppo.
Ho visto l'ultimo star wars in 3D e ascoltato un bel concerto.
Ho una dozzina abbondante di calze della Befana da smaltire, la maggior parte delle quali di roba kinder che, in casa nostra, non mangia nessuno. Le porto in studio e la facciamo finita.
Ho addobbi di Natale da riporre ed un albero finto a cui trovare posto. Non mi piace, non mi è mai piaciuto, io l'albero lo voglio vero, ma lui lì è tornato con lo scatolone e tante scuse per cui me lo devo tenere. Farò lo sforzo, purchè nessuno cerchi di nuovo di convincermi che è una scelta ecologica, quando intende dire che gli dispiace vedere tagliare un albero e preferisce gli idrocarburi.
Ho voglia di abiti nuovi. Ma la mia sarta va in pensione