lunedì 22 dicembre 2014

Natale con fifa

E' cominciato tutto venerdì in tarda mattinata, al ritorno da un adempimento al TAR, non ho resistito ed ho fatto il giro lungo, sono scesa per via Ricasoli e arrivata al Duomo, ho fatto una brevissima incursione in via de' Calzaiuoli poi, tornado indietro per via Martelli, mi sono imbattuta in tutti i ragazzi del Galileo, perchè per carità, sarà anche un liceo storico e prestigioso, ma la rapidità con cui sfollano gli adolescenti, nessuno mai.
Sono rientrata rimuginando sul quella torma ciondolante accanto a Palazzo Medici Riccardi appena in tempo per sentire la mia prima scossa ed assistere all'esibizione di break dance del lampadario.
C'è di meglio.
In rapida successione ha chiamato la scuola di Attila per avvertire che c'era l'ordine di evacuazione e poi quella di Totila, i nonni sono andati a recuperare i nipoti ed io ha fatto finta che fossero cosucce da nulla ancora per un paio d'ore limitandomi a sbirciare frequenza e intensità delle scosse e commenti degli altri genitori ("che bravi!, erano tutti in giardino, in cerchio e per mano a cantare canzoncine!", "che schifo! se le inventano nere per buttarli fuori prima del tempo!", e la mia preferita: "che sciattoni li hanno fatti uscire senza prendere gli zaini come faranno a fare i compiti?").
A casa con gli unni sarà meglio, ho ingenuamente pensato.
Invece no.
Casa mia è molto più vicina all'epicentro di questo benedetto sciame sismico di quanto non sia la città e quindi si ballava molto di più e con più passione.
A tratti.
Ora si, ora no.
Finalmente ho capito davvero perchè il paesino, vicino al mio si chiama Sant'Andrea in Percussina.
"Tentennano spesso",  mi dicevano da bambina, "ma non è mai successo niente di grave"
Speriamo
Non ho chiuso occhio e dopo due giorni di questa vita posso dire, senza tema di smentita:
- che è snervante, l'ansia di ogni scossa si aggiunge a quella delle precedenti, rendendo tutti un po' schizzatelli. Il fatto è che non succede davvero (modalità scongiuri on) niente di che, ma questo, lungi dal rassicurare, preoccupa di più, come quando dovevamo fare una puntura da bambini, eravamo già sul letto col sedere per aria e l'impunito con la siringa in mano si avvicinava ed allontanava un paio di volte in cerca del cotone, del disinfettante o dell'ispirazione.
Dicevano che non avresti sentito niente, ma non era sempre vero.
2) che a tutto ci si abitua, perchè è meglio vivere normalmente portando la paura al guinzaglio che tapparsi in casa per non farla uscire. Certo magari la smettesse sarebbe meglio, ma intanto ho scoperto che sulle sedie esterne del barretto in piazza hanno distribuito pleddini a disposizione dei freddolosi, che nella sede della banca locale, dove espongono opere di artisti di zona, c'erano cose carine, e, finalmente, che la pista di pattinaggio sul ghiaccio è stata aperta.
Buon Natale.

venerdì 19 dicembre 2014

Mi vuoi anche fare le trecce?

Tizia mi ha fatto sapere, tramite mia madre, che mi vuole parlare così ci incontriamo e, dopo i convenevoli di rito, lei inizia a perorare la causa di Caia e Sempronia.
Non che ce ne sia bisogno, so già e ho già anche detto come la penso, in ogni caso la ascolto attentamente perchè ce n'è motivo, perchè conosce bene la situazione e perchè la stimo.
Dopo tutte le più attente circonlocuzioni del caso, arriviamo al dunque e lei mi segnala che, a suo giudizio, molti dei problemi esistenti dipendono dal comportamento scorretto di Mevia.
Non tutti, si affretta a rassicurarmi, affestellando una serie di nominativi, ma lei spicca.
Si muove cauta, perchè tra loro ci sono ragioni di inimicizia diverse e precedenti a questo episodio e sa che lo so.
Sa anche che io e Mevia siamo amiche.
L'amicizia non mi acceca, non sono un tipo umorale, e ciò che mi lega a Mevia non è la sua capacità di avere uno sguardo distaccato sulle cose e distinguere le proprie esigenze da quello che è Giusto (con la maiuscola).
Proprio perchè siamo amiche so che quella dote le manca completamente e quindi non ho fatto fatica a capire che, se pure ha le sue ragioni, il suo atteggiamento è disdicevole.
Certo, non è che ci si possa aspettare da me che la fronteggi su pubblica piazza.
Non lo farò, perchè non sono io a doverlo fare, non è quello il mio ruolo, l'amicizia non c'entra.
Le faccio presente come la penso, e aggiungo che, secondo me Caia e Sempronia dovrebbero farsi forti della loro professionalità e smetterla di cercare spasmodicamente riscontri all'esterno anche perchè ne hanno ricevuti a bizzeffe (me ne sono accertata) .
Concorda, aggiungendo che alcune persone stanno attuando un vero e proprio boicottaggio ai danni di Mevia e altri per farli uscire "allo scoperto" (e che è fort Alamo?) e vedere se si risolve.
Non stimo queste persone per ragioni diverse dal caso specifico e non so se lo sa.
Non glielo dico (non sono fatti suoi), ma esprimo la mia opinione con tutte le cautele che sono in grado di approntare, spiegandole che non mi sembra una buona idea, in genere chi pensa di essere nel giusto e di essere maltrattato, non si acquieta se vede aumentare i suoi detrattori.
Non Mevia, comunque.
Insomma balliamo una buona ora di minuetto da salotto, una danza barocca che sarebbe piaciuta a de Laclos e non avrebbe sfigurato alla corte del re Sole
Dopo di che vado a prendere gli unni a casa di mamma.
Arrivo sfinita e pure un po' (parecchio) scocciata chè, non si fosse capito, il minuetto non è la mia danza e trovo mammina pronta alla pugna.
Chiede, ma già sa.
No, non il contenuto della conversazione, di quello in fondo non le importa, lei ha già deciso cosa devo fare.
Io.
Devo tenermi fuori da tutto perchè mi potrei trovare nei guai, perchè non sono fatta per queste situazioni, perchè ne ho già delle mie, perchè non è il caso di esporsi, perchè lei pensa di no.
Mentre me lo dice con quel suo tono inconfondibile, mi guarda ed io ho davvero per un attimo paura che stia per condurmi in bagno, tirare fuori il pettine e pretendere di farmi le trecce girate come quelle della principessa Leila.
Ah i traumi dell'infanzia

mercoledì 17 dicembre 2014

Suo figlio è geniale

Parlo con una persona impegnata professionalmente nella scuola che frequenta Attila.
Dobbiamo fare passare dieci minuti e lei non è una sua maestra, per cui la nostra conversazione è quella solita, banale, small talk dicono quelli istruiti.
Scambiandoci cortesie ed osservazioni generali, finiamo a parlare di didattica, insegnamento, strumenti e risorse, bambini e lei ad un certo punto mi dice: "eh ma suo figlio è geniale".
Ora, un complimento non si nega a nessuno, un complimento sul figlio alla mamma poi è un'ovvietà, un dovere persino, soprattutto se, a torto o a ragione, si è stabilito che, quella mamma, si preferisce averla amica.
Fin qui quindi niente di che, musica di sottofondo, piacevole, ovvio.
Poi aggiunge "non capisco perchè non lo abbiate iscritto come anticipatario, un anno prima"
Non capisci perchè non sai, vorrei dirle, ma sorrido, in fondo sta solo continuando con i complimenti, così le dico, genericamente, che non ci sembrava fosse sufficientemente maturo dal punto di vista emotivo.
Non è del tutto soddisfatta e attacca con la solfa secondo cui, in qualche altrove, Attila avrebbe potuto trovare risposte più adatte, saltando corsi, addirittura magari risparmiando anni. 
"Per fare?" non riesco a trattenermi dal chiederle e, come sempre, vedo gli occhi sporgere, la bocca socchiudersi e so che ci siamo perse.
Lei vede un ragazzino brillante e curioso, una famiglia che può soddisfare le sue curiosità e sostenere i suoi slanci (capirai ha pur sempre 8 anni) senza frustrarlo, nota la sua capacità di apprendere e rielaborare in un pensiero autonomo ed altre cose più spicciole.
Lo sente calcolare a mente 37 per 52 o leggere con intonazione e sentimento
Non sa che la neuropsichiatra che lo ha visto quattro anni fa, al termine del periodo di osservazione e dei test, ci ha detto che in alcune aree aveva competenze da ragazzino delle medie.
Io si.
Ma so anche che è fragile, che non sa gestire i suoi sentimenti, di più, non sa mettersi in relazione con i suoi sentimenti e nominarli, fa fatica a stare con i suoi "pari", ma può arrivare ad umiliarsi pur di ottenere la loro amicizia e considerazione, non ha grandi vie di mezzo: oggi è un grande domani un idiota, pensa come un (quasi)adulto ma non sente nello stesso modo.
E' un bambino non un fenomeno.
E io sono sua madre.
Non me ne può fregare di meno di avere un figlio geniale, io lavoro per avere un figlio sereno, felice, se riesco, che cresca con quel po' di equilibrio e fiducia in se stesso che lo renda una persona nel più pieno senso della parola.
Non voglio sminuirlo, nè tagliargli le ali, voglio che si alleni dove è carente non che si neghino le sue difficoltà, i suoi difetti, perchè è su quelli che deve lavorare per crescere
Semplificare, seppure così per dire qualcosa nell'attesa, non è una grande idea

giovedì 11 dicembre 2014

Un'adolescente davanti alla commissione tributaria regionale

Quando andavo alle medie, nelle ore di educazione fisica facevamo dei corsi di nuoto nella piscina comunale.
All'epoca ero una specie di orca.
In tutti i sensi.
E, soprattutto a delfino, davo mezza vasca a molti maschietti.
C'è da dire che mi allenavo di più, perchè ero membro della squadra di nuoto, però, filavo via veloce.
Quella è ancora l'età in cui si ha bisogno di rinforzarsi nell'appartenenza al proprio genere o, per dirla meglio, in cui alcuni trovano difficoltà nella costruzione di sè all'interno del genere di appartenenza se c'è qualcosa che non rientra perfettamente nella categoria, tipo una femmina più forte o un maschio più maturo emotivamente.
(lo so, c'è chi non esce mai da questa fase, ma c'è di buono che molti neanche ci arrivano, il che elimina il problema alla radice)
Così successe che S, frustrato perchè rischiava lo doppiassi, fece una cosa assolutamente disdicevole: aspettò che fossi con il mio abbondante sederotto bello in alto, pronta a darmi lo slancio sulla parete della vasca, e mi dette una lunghissima e plateale tastata.
Sentivo i miei compagni ridere anche con tutta la testa sott'acqua, acqua che credevo stesse per evaporare tanto la mia faccia scottava mentre andavo, quasi per inerzia, a causa dello slancio e della vergogna.
Furono secondi lunghissimi e colmi di incertezza: desideravo sparire ed al contempo sentivo irrinunciabile il bisogno di farmi valere.
Mi fermai a metà corsia, girai su me stessa, tornai indietro e gli mollai uno schiaffo che risuonò su tutto il piano vasca, lui rimase impietrito, i prof., lasciate le loro chiacchiere, accorsero per sgridarmi e sedare l'eventuale rissa, tutti mi guardarono come se mi fosse spuntata la pinna dorsale.
Era solo la spina dorsale, ma fu una bella scoperta lo stesso.
Prima di allora nessuno aveva cercato di farmi sentire in difetto perchè femmina usando un gesto che avrebbe potuto essere (ma non era) di grossolano apprezzamento sessuale.
Nessuno fino ad allora aveva usato il mio genere per umiliarmi, pretendermi inferiore o semplicemente, farsi forte con me per mezzo di uno stereotipo.
Forse ero stata fortunata.
Di quello schiaffo non mi sono mai pentita e ad S, per quella tastata di culo, sono stata spesso grata negli anni.
Oggi per esempio, mentre un commercialista panciuto mi chiamava "signora" davanti alla commissione tributaria regionale.
E' un posto in cui non mi trovo molto a mio agio, è per questo che ho indossato pantaloni e scarpe basse, una roba neutra.
Se sapevo che trovavo uno così mettevo gonna e tacco 12.


mercoledì 10 dicembre 2014

la ricetta

E' notte e non è un caso.
La notte è un rifugio sicuro, un bozzolo caldo di affetti ed emozioni, il posto dove riposare e ripensare, riflettere ed abbandonarsi.
Ho la pretesa di credere che è questa la notte nel nostro letto, non solo per me.
Ma affetti ed emozioni non sono sempre piacevoli e l'ottimismo non è mai stato una tua dote.
Nemmeno quando era più facile essere ottimisti.
Ora, capirai, ora a volte è una scelta di campo, un atto di fede.
Non roba per te insomma.
Non dormiamo, sei nervoso anche se neghi, sei rientrato prima e, come sempre, è stata una mezza festa, ma a me non la racconti, ho tanti di quei campanelli in testa io, ormai, che il problema non è più che non scattino alla prima avvisaglia, ma che siano troppo sensibili e tintinnino per ansia eccessiva.
La mia.
Finalmente di sfoghi, ti apri, un po' esageri.
Ma va bene.
Poi ti ritrai, imbarazzato, e va bene anche quello.
Aspetto che tu parta con qualcuna delle tue brillanti analisi, ma non lo fai, mi chiedi invece qual è la mia ricetta.
Non ne ho, ti dico.
Anch'io oggi ho avuto la mia parte, c'è un limite anche per gli ottimisti costituzionali, assai oltre la decenza e la razionalità, ma c'è.
Taci e proprio quando penso che ti sia addormentato mormori una frase che mi porta lontano, a una parte di te vissuta decenni fa e mai superata, una che scava e scalza la carne viva.
La tua immensa verruca.
"Tu hai sempre una ricetta", mi dici, "tu devi avere una ricetta, non posso sopportare che tu non ne abbia una"
Non ho ricette amore e non ho risposte, ma ho grandi braccia e so stringere forte.

giovedì 4 dicembre 2014

Pettegolezzi 2.0

1. Porto Totila all'asilo, come sempre, entriamo, salutiamo la bidella, ci puliamo le scarpe, aspetto che appenda la giacca e l'(inutile) zainetto al suo gancio personale, insisto per un bacio e vado via dopo averlo sbirciato attraverso la grande vetrata mentre si avvicina sorridente ai suoi amichetti.
Arrivo in studio mezz'ora dopo e trovo un messaggio whatsapp che mi dice di andare sul gruppo facebook della nostra comunità. Vado e trovo uno sproloquio pesantissimo di una mamma secondo la quale i bagni dell'asilo, questa mattina, erano sporchi, una cosa che "nemmeno le fogne di Calcutta" e non si sa cosa facciano i nostri amministratori.
La cosa non coincide minimamente con la mia esperienza diretta della struttura; si attaglia perfettamente alla mia esperienza diretta di questa mamma; vado oltre.
La mattina dopo trovo la bidella molto amareggiata e piuttosto arrabbiata perchè, mi dice, ieri di prima mattina quella persona le ha chiesto se poteva accompagnare personalmente il figlio in bagno prima di lasciarlo e poi, uscendo, non ha fatto presente che c'era un problema, non si è lamentata di niente. Salvo poi, appena varcata la porta sputare veleno su tutto e tutti, se stessa inclusa visto che la fogna di Calcutta è il posto in cui suo figlio trascorre le giornate.
2. Sono in attesa di fare un'udienza e mi annoio, ho letto i giornali on line, imparato a memoria le mail, sbirciato blog, non mi resta che facebook, vado e trovo le foto di un cantiere. E' il cantiere che stanno allestendo accanto a casa dei miei perchè il condominio a fianco al loro restaura la facciata. Sotto alla foto c'è un messaggio dai toni assai accesi con cui una tipa che vive lì accanto si lamenta del mancato rispetto delle norme vigenti e dell'incuria degli amminsitratori che consentono un simile scempio. Passo oltre. Ieri sera però andando a prendere i nani dai nonni, non posso evitare di vedere il cantiere perfettamente montato, a norma e pure con una particolare protezione a tutela delle sue finestre.
3. Ho rivinto l'ambitissimo ruolo di rappresentante di classe ed, ovviamente, c'è di nuovo qualcosa che non va e che è indispensabile affrontare. Cosa ancora non l'ho capito, ma si sta alzando un bel polverone perchè, dice, le maestre hanno trovato, su facebook, osservazioni non proprio costruttive al loro indirizzo ed a quello dell'istituto in genere. Capirai sono tre anni che scrivono che Attila è bravo perchè io sono ruffiana
Ora io dico: ma quei bei pettegolezzi di paese?
Quelle cose sussurrate a mezza bocca, qui le dico e qui le nego?
Tipo che ne so: quando dicevano che passavo i pomeriggi a fare sesso perchè, al liceo, studiavo sempre con un compagno?
O quando dicevano che volevo il ragazzo di un'amica solo perchè chiacchieravamo spesso e volentieri anche se lei non c'era?
O che ero una poco di buono perchè non mi stracciavo le vesti se il mio ragazzo usciva con gli amici?
Una fanatica che chissà dove voleva arrivare?
Vi prego, possiamo tornare lì?
Erano tanto più divertenti di queste robe spiattellate sul web.
Pensateci, le malignità sussurrate sono molto meglio: non sono verificabili, si possono aggiustare, passando di bocca in bocca acquistano vita propria, assurgono a letteratura, a volte, se i paesani sono bravi (e voi lo siete, lo so) tornano dall'autore così modificate che persino a lui sembrano una notizia nuova e, soprattutto, è difficile che vi becchiate una querela.
Se continaute così, invece...

lunedì 1 dicembre 2014

PR, PR, PR

C'è una parte ben radicata in me per la quale PR è un'omotopea.
Ho tre anni si, forse qualcosa meno e, giuro, sono capace capacissima di pronunciala in sequenza per dieci minuti abbondanti.
Un concertino.
E' un mio gravissimo difetto, ne sono consapevole e sto cercando di porvi rimedio, ma è davvero dura.
Posso - benissimo - buttarla in caciara e dire -con la massima sincerità- che non sopporto tutta quella massa di esseri sculettanti intenti a slinguazzare questo o quel personaggio perchè lo ritengono, a torto o a ragione, utile ai loro fini.
Anzi, caciara per caciara, ammettiamolo non sopporto niente che possa essere neanche lontanamente annoverato nella categoria slinguazzamento.
Salve sono quella che ha preso un caffè gomito a gomito con Bono Vox e non solo non gli ha chiesto l'autografo, ma ha pure litigato con le amiche perchè non si fissa la gente e non è il caso di rompere ....la privacy del prossimo.
Eccomi.
Sparatemi, me lo merito.
Me lo merito, perchè ho un'età venerabile e fatico ancora a distinguere lo slinguazzamento del prossimo (e del prossimo del prossimo fino alla settima generazione) con inserimento vasellinico nelle pieghe delle sue conoscenze, dalla capacità di cogliere le occasioni per presentarsi e autopromuoversi.
(Ammettiamolo già scrivere il termine autopromozione, mi crea fastidio fisico).
Però, insomma, niente, ho deciso che questa cosa va risolta e ci sto lavorando.
Più o meno.
Di una cosa però sono certa PR mi farà sempre lo stesso effetto, lo so, sono vent'anni che leggo AD e neanche una volta mi è venuto in automatico Amministratore Delegato.