venerdì 30 gennaio 2015

La cena giù

Ogni venerdì mattina, gli unni aprono gli occhi e, prima di dire buongiorno, formulano la stessa identica domanda e prendono, in piena autonomia, una granitica decisione: "mamma, oggi è venerdì vero? allora oggi si cena giù"
Cenare giù è una piccola festa, un rito, una cosa che non era contemplata nella mia vita precedente e non si incastra granchè nel modello di genitore Rottermaier che è, tocca ammeterlo, il nostro tutte le volte in cui entra in ballo la questione pasti dove, come e perchè.
I "poveri" unni possono mangiare solo a tavola, solo composti, solo se tutti sono seduti e solo quando tutti hanno la loro pietanza davanti, se si alzano game over, se si alzano senza permesso la casa può tremare dalle fondamenta.
La scarpetta però è libera ed anzi, incentivata, chè io non so resistere alla pomarola che resta in fondo al piatto.
Tutto questo non vale se si cena giù.
Giù non si cena a tavola perchè il tavolo non c'è, e siccome non c'è, dalla cena giù sono quindi escluse tutte quelle pietanze che non possono essere consumate se non standosene seduti composti, sono invece incluse pizze (se mi sono ricordata di scongelare la pasta) e schiacciate ripiene, torte salate, insalate e bruschette, formaggi e pinzimoni.
Giù, soprattutto, regna sovrano il "panino cotto".
Il "panino cotto" è il sogno culinario di Totila: una fetta spessa di filone (possibilmente da chilo) raffermo e tostato sulla brace del caminetto, due chicchi di sale e una c d'olio.  I suoi genitori, gente che non ha gusto e non comprende la soddisfazione del purista, ci aggiungono il cavolo nero o un buon pomodoro, ma sono vecchi e ci vuole pazienza.
Si mangia sul divano, sul tappeto (che la mamma in versione Furio in gonnella, copre con una cerata perchè è pur sempre il tappeto della nonna), sulla mensola di pietra che corre lungo la parete del camino, gironzolando (grr) tra la scrivania ed il resto della stanza.
E mentre si mangia ci si accapiglia per la scelta del film col sottofondo della gelatiera che ronza a fare da metronomo delle discussioni.
Fortunatamente Guerre Stellari piace a tutti. 
Sfortunatamente, anche la amarene Fabbri

mercoledì 28 gennaio 2015

Travasi di bile multipli (ecco perchè non devo fare buoni propositi)

Non sono fatta per i buoni propositi.
I buoni propositi sono quella cosa che la gente fa, ad inizio anno, a settembre, per l'onomastico/il compleanno/l'anniversario, ben sapendo che non li manterrà mai.
Il sostituto, adulto e laico, dell'atto di dolore recitato da bambino all'ombra del confessionale.
La speranza che qualcosa accada travestita da impegno solenne.
Eppure quest'anno ci sono cascata.
Sono così stufa di vedere gente che si lamenta tragediando, che asserisce perentoria che non c'è più alcuna speranza, che "gli è tutto sbagliato gli è tutto da rifare", che è vittima dell'effetto Dunning - Kruger e se ne vanta pure, che è fieramente grillina, o da un paio di giorni tsiprassiana (pronto? siete sicuri? sicuri sicuri?) e quindi schifa tutti e tutto a prescindere, che insomma, chiagne e fotte.
Sono così stufa di sentire gente che, mentre si autoaccusa anche di circostanze che non le sono imputabili, si autoassolve dall'obbligo di muovere il culo, di sentirmi dire che non c'è niente per cui valga la pena provarci che gli unici saggi sono quelli che se ne vanno o se ne sono andati, perchè loro hanno saputo mettere a frutto ciò che hanno imparato (ma non facevano schifo la scuola e l'università, per dire?), che mi ero ripromessa che io no.
Eh  bellina io.
A volte mi faccio tenerezza da sola.
Io no, io quest'anno mi sarei sforzata di guardare ciò che funziona, ciò che è bello, i piccoli passi nella giusta direzione, quello che c'è, perchè c'è.
Poi al solito, è sera, salgo in macchina per andare a prendere Attila al corso di karate, accendo la radio sulL'abituale programma di economia e mi ritrovo di nuovo nella polemica della sospensione feriale dei termini e della questione giustizia civile.
Ora, io l'ho capito che tutti strumentalizzano tutto, che non è facile entrare in materie più o meno tecniche se si fa un altro lavoro, però.
Però se di mestiere fai il giornalista ed una polemica dura da mesi, due informazioni vuoi prenderle o no?
No, perchè a prenderle magari, certe affermazioni, certe prese di posizione, ti vengono meglio sai?
Facciamo chiarezza va bene?
La sospensione feriale dei termini NON è prevista a tutela delle ferie dei magistrati ma degli operatori del diritto i quali - coglioni - se non sospendi i termini per legge, hanno termini che scadono 365 giorni l'anno e non possono mai tirare il fiato.
Si può dire che sia roba ottocentesca, che gli studi professionali debbano organizzarsi in forme associate, societarie, che le procure non debbano più essere rilasciate in forza di un vincolo fiduciario al singolo professionista o, anche più prosaicamente, ammettere che, non essendo più nell'800, se mi scade un reclamo, un cautelare, un ricorso in materia di lavoro o qualsiasi altro atto o procedimento per cui la sospensione non c'è, lavoro lo stesso anche ora, ma non si può dire che sia posto a tutela dei magistrati perchè non è vero.
Il fatto che non sia vero porta al vero punto nodale, a ciò che di questa polemica c'è davvero di schifoso e turpe, perchè i magistrati (e si badi non gli avvocati) che si stracciano le vesti perchè la sospensione è stata ridotta di 15 giorni, non ignorano affatto questa circostanza.
I magistrati, pur con tutele particolari ed ulteriori, sono pubblici dipendenti e, come tali, hanno le stesse tutele previste per tutto il settore del pubblico impiego.
Ne consegue che nessun magistrato, tranne quello che lo richieda per sue esigenze particolari, gode mai del riposo feriale dal 1 al 31 agosto ma ciascuno modula le sue vacanze quando e come crede, in accordo al più con i colleghi.
I magistrati vanno in settimana bianca, si godono la primavera agrigentina con i mandorli in fiore, vanno al mare a giugno - luglio se preferiscono il centro Italia o a settembre - ottobre se vanno in Sicilia, viaggiano tutto l'anno chè magari piace loro l'estate australe o l'inverno polare, adorano Londra ad aprile e La Paz a novembre, insomma fanno un po' come pare loro.
Ci siamo?
Oh. Quindi per capirsi, come in ogni ente pubblico italiano, ce ne sono che fanno letteralmente a cazzotti per lavorare d'agosto visto che, si sa, d'agosto si fanno solo le urgenze.
Non è finita qui.
I magistrati hanno l'obbligo di tenere un certo numero di udienze e siedono a questo scopo, in genere, alcuni giorni prefissati del mese.
Il magistrato non è tenuto a svolgere la sua attività professionale in sede se non per le udienze.
Un magistrato ligio, come ce ne sono moltissimi, lavora da casa/dal bar/dalla terrazza dello stabilimento balneare/dal rifugio alpino e produce sentenze, ordinanze, decreti, soprattutto studia le cause ed arriva in udienza preparato in modo da fare domande pertinenti, governare il processo e decidere in tempi apprezzabili e commisurati alla difficoltà della questione.
Uno che non lo è prende un giorno di ferie, quello in cui doveva tenere udienza, e se ne sta in panciolle per sette.
I soli controlli, inseriti da pochi anni, sono quelli statistici, ma quelli sono un capitolo a parte, e se non mi passa il travaso di bile ne riparleremo.
Sono quelli davanti ai quali un primo grado dura sei, sette anni e dopo cinque ti guardano con l'occhio da triglia e ti fanno "questa qual è?" e si riservano (anche per mesi) di decidere persino sulle istanze congiunte.
Sono quelli che pretendono di dire che la lunghezza  dei processi è un vantaggio per gli avvocati come se fossimo all'epoca del buon Renzo ed il paese fosse popolato di persone ignoranti, un filino dure di comprendonio e soprattutto colme di una smisurata e malriposta fiducia nel prossimo, gente a cui puoi dire che gli asini volano e fare pure pagare il biglietto quando (non se) alzano lo sguardo al cielo.
Ecco, volevo dire, non è così.
Un giudizio che dura sette anni non mi rende sette volte tanto di più di uno che ne dura uno, di solito mi rende molto meno e costa molto, a tutti, a me (in termini economici, perchè lavoro di più per lo stesso compenso o per poco più, di fatica e di spesa per gli antispastici), al mio cliente (in termini economici secondo vari parametri come la perdita di chance, di capacità produttiva, di certezza nelle relazioni o anche solo di qualità della vita) ed alla società nel suo complesso.
L'unico che non ne riceve danno è il magistrato che non vede nemmeno compromessi i suoi scatti retributivi e di carriera.
Ora, io lo so che abbiamo avuto vent'anni di Berlusconi e i magistrati, nel loro complesso, sono assurti allo stato di eroi per eccellenza.
Però ecco, mettiamola così, noi siamo un paese popolato di individualisti.

Non categorizzerei troppo.
E ciao, buoni propositi, ciao
PS quanto alla carenza di organico amministrativo non risolta, ma se possibile aggravata in alcuni casi  dalla chiusura delle sedi marginali, ci sarebbe da scrivere un trattato, ma semplificando al massimo, la questione è solo una: un dipendente deve prestare il suo servizio là dove serve e non là dove vuole. E' l'ora di smetterla di consentire ai singoli di chiedere ed ottenere destinazioni "comode" lasciando sguarniti gli uffici già in sofferenza e dove è maggiore il carico di lavoro (tanto il 27 lo stipendio è lo stesso).




lunedì 26 gennaio 2015

Per fortuna cappuccetto rosso non abita qui.

I lupi per me sono animali al limite del mitologico.
So che esistono, ovvio, e ne ho anche visto qualcuno al parco naturale nazionale d'Abruzzo, ma temo di essere stata irrimediabilmente rovinata dalla lettura di Zanna Bianca.
I lupi sono animali da montagna, da neve, da freddo, bestie che vivono in branchi dalla gerarchia rigida e precisa, "meritocratica", il cui funzionamento ne garantisce la sopravvivenza, e che rappresentano il vertice di una catena alimentare alla base della quale si trovano dagli scoiattoli, alle lepri, dai cervi ai caprioli, dai camosci ai cinghiali.
Ecco, intorno a casa mia, nella campagna circostante e nei boschi, queste prede sono presenti in un numero assai consistente.
Fino a qualche decennio fa, i loro antagonisti "naturali" erano i cacciatori, ma il numero degli appassionati è diminuito drasticamente, la loro età è vertiginosamente salita ed è ormai molto raro sentire un colpo di fucile.
Non sono particolarmente favorevole alla caccia, non ho, e non ho mai avuto, cacciatori in famiglia, ma sono una ragazza di campagna e non riesco a vedere la differenza tra un pollo a cui tirano il collo sull'aia ed un fagiano abbattuto da una fucilata (tranne per il fatto che il fagiano non mi piace), quindi, ho per i cacciatori la sola ed atavica, diffidenza di ogni buon contadino che sa, e lo sa per certo, che uno che ti gironzola per il campo non tornerà mai a casa a mani vuote: se non porta selvaggina, porta rape, ciliegie, pomodori, carciofi, mele o susine.
Dipende dalla stagione e da quello che hai piantato.
In questi anni i danni fatti alle colture dai cinghiali, dai caprioli e dai loro cugini ha raggiunto proporzioni non indifferenti.
Mio padre ed i miei zii hanno dovuto recintare l'orto con reti metalliche alte non meno di 160 cm sopra il terreno e 20 - 30 sotto (i cinghiali scavano col grugno e anche a loro piacciono molto le patate), i giovani alberi da frutto necessitano di una specie di tutore che ne protegga il tronco (cervi, caprioli, camosci e daini mangiano la corteccia esponendo il tronco ai parassiti) ed anche la vigna deve essere accuratamente protetta chè i tronchi sono gustosi in inverno e l'uva sempre.

I miei vicini di casa, quelli che abitano al limitare del bosco, hanno dovuto passare il filo elettrico a bassa tensione (quello che in montagna usano per non fare uscire le mucche dai pascoli) lungo il lato del loro giardino che confina con i primi alberi. Erano stufi di prendere il caffè con i cinghiali mi hanno detto. E li capisco chè neanche io sono tanto contenta di offrire loro tuberi, di quando in quando: non ringraziano e lasciano delle buche enormi nelle aiuole.
Sabato mio suocero ha scaricato metri e metri di rete, ormai ha deciso di chiudere tutto quanto anche lui non foss'altro perchè, dice, stanno cominciando a sbucciragli gli olivi (e a mio suocero, tutto, ma gli olivi no, proprio no).
Ora, confesso, vedere due o tre caprioli che ti zampettano a tre metri da casa è bellissimo, aprire una finestra la domenica mattina e scoprire che, da sotto, una lepre ti scruta stupita, le narici frementi, e lo stesso sguardo terrorizzato che avevano i coniglietti della tua infanzia, ti lascia un sorriso ebete per mezza giornata, sentire da lontano i grugniti un po' acuti dei cinghialotti che ruzzano, ti rimette in pace con tante cose.
Però troppi, sono troppi.
E infatti, siccome nessuno si preoccupa (anche senza saperlo) di tenere in equilibrio l'ecosistema, l'ecosistema ci pensa da solo.
Sono arrivati i lupi. 
A loro del fatto che i caprioli sono bellini non gliene può fregare di meno, loro vedono un capriolo e pensano "ciccia" più o meno come noi quando andiamo al supermercato e compriamo un petto di pollo o una fettina di manzo (così non dobbiamo nemmeno ammettere con noi stessi che ci mangeremo la carcassa di qualcosa che aveva occhi ed orecchie), ma con la differenza che, se sono sazi, si gireranno dall'altra parte chè per gola, no, loro non mangiano.
Dell'arrivo dei lupi si favoleggiava da un po', soprattutto tra i proprietari dei cani, nei giorni scorsi però ne abbiamo avuto la prova perchè mio zio ha trovato un daino sbranato contro la rete, vicino al pozzo.
Pelle e ossi (era un animale - giusto se passasse di qua un appassionato di grammatica un po' scarso), non era rimasto altro.
Posso dirlo?
Quasi quasi preferivo i cacciatori

martedì 20 gennaio 2015

Il pacco e la posta

 



Quelle qua sopra sono le immagini del mio ufficio postale
Devo ammettere che, nonostante non sia disposta a rinunciare alla tecnologia che mi consente di frequentarlo molto meno di prima, quasi per niente, un po' mi manca.
Informare un cliente per mail, fare le comunicazioni per pec, vivere di bonifici e non avere l'assillo dei bollettini o degli F23 - F24 (che non sono caccia militari, purtroppo, ma moduli per pagare tasse ed imposte) degli assegni o, peggio, dei vaglia ottocenteschi  è un sollievo meraviglioso.
Mi priva però del tempo trascorso in osservazione delle maioliche e dei marmi di questa struttura tra il neo rinascimentale ed il liberty piazzata tra Palazzo Strozzi, piazza della Repubblica e Palazzo Davanzati. Insomma su un paio di lotti rimasti inedificati dopo la demolizione del vecchio ghetto e un po' prima che, con le leggi raziali, qualcuno non cominciasse a rimpiangerne la perdita.
E' un peccato anche se, a scanso di equivoci, corre l'obbligo di dire che, ai fiorentini, fece abbondantemente schifo quando lo inaugurarono un secolo fa.
Capirai la novità, i fiorentini hanno fortunatamente sempre avuto una buona parola per tutto e tutti, David compreso.
In ogni caso, a me piace.
E' per questo che l'ho scelto per spedire il pacco dono allo zio che compie 40 anni tra pochi giorni. Ci abbiamo messo un bel maglione per i casual friday, tanti disegni e qualche lettera, un libro e una cravatta, le foto scattate quest'estate e le fotocopie dei nuovi passaporti degli unni perchè ci perdoni la defaillance natalizia e sia chiaro che - questa volta - non ci rimangeremo la promessa.
Ci abbiamo anche infilato un salamino di cinta, un pezzo di rigatino, una forma di pecorino di fossa e una dozzina di ricciarelli freschi (arriveranno stantii lo so) ed incrociamo le dita. Non temiamo la dogana, ma la zia e la dieta che ha imposto per rimediare all'ormai abituale allargamento che il festeggiato subisce quando vive negli States.
Il puzzo di casa non siamo riusciti ad imbottigliarlo.
Forse non dovevo far mettere sotto vuoto il formaggio.


giovedì 15 gennaio 2015

Invecchio

Ho compiuto 44 anni da nemmeno un mese.
E' un'età.
Nè bella nè brutta, una come un altra.
Meglio dei 14, peggio dei 24.
Forse.
Perchè diciamolo, sono una che si accontenta e non fa troppi bilanci, non anagrafici almeno.
Hic et nunc.
Insomma, però ho 44 anni, e sento che invecchio.
No, non è vero, non lo sento, lo vedo.
In fondo è questo che un po' mi rode.
Vedo che invecchio e si, mi fa piacere, quando qualcuno scopre la mia età e osserva che non li dimostro, ma non è questo grande aiuto poichè è un fatto che queste persone non abbiano, della mia faccia, del mio corpo, la conoscenza che ho io.
Quindi, grazie, ma ciccia.
Lo so anch'io che la pelle intorno agli occhi è quasi perfetta, che non ho anelli di venere, che l'unica vera ruga evidente che ho è quella del pensatore ed è dovuta più alla mia semicecità che al resto.
Però so anche che mi stanno smottando a valle le guance, che la grana della pelle è meno compatta, che i ricci sono meno folti ed i fianchi un po' più molli a dispetto del fatto che entro ancora nei vestiti di vent'anni fa, prima degli unni e di tutto il resto.
E poi ci entro, è vero, ma il punto vita, eh il punto vita di allora mi ha detto addio insieme alla seconda placenta quasi 5 anni fa e non mi ci rassegno.
Sto cambiando, impercettibilmente, giorno dopo giorno e non è nemmeno una novità: è tutta la vita che cambio, ma queste modifiche non vanno più verso la maturità e la pienezza.
Inconsapevolmente, anche gli abiti che scelgo cambiano, mi sento sempre  più a mio agio dentro ad un vestito che ad un paio di jeans, ma ora è indispensabile che sia un capo ben strutturato e ben fatto, che accompagni senza strizzare e senza essere un sacco.
Alcune cose non me le posso più vedere addosso.
Non parlo di gonne molto corte, coloroni, scolli abissali, quintali di chincaglieria, abbigliamento  da bambina/bambolina o da adolescente senza specchi, quella è tutta roba che non ho mai messo nemmeno quando l'anagrafe me lo avrebbe consentito o consigliato.
Parlo dei golfini bon ton (ho pacchi di completi gemelli, ci ho vissuto letteralmente dentro per anni), delle giacche, delle decollete tacco 7, di quello che ora mi rende immediatamente l'immagine della vecchia zia, adeguata, ma polverosa.
Guardo la mia elegantissima vicina, che di anni ne ha 12 più di me, girare in poncho di lana a trecce e basco, annullare le forme non più nette in abiti morbidi dal taglio eccentrico, indossare stivaletti con borchie (tono su tono) con la kelly, e la invidio un po' (per la borsa veramente, la invidio tanto, ma tanto tanto).
Invecchiare mi va bene.
Però, porca miseria, con gli anni potrebbero anche distribuire lo stile no?
Tizi, ma te dai anche ripetizioni?

lunedì 12 gennaio 2015

Ancora sulla libertà di espressione e scusate la prolissità, ma per me è davvero importante

Oggi sono oltremodo prolissa, lo comprendo, ma per me è fondamentale ribadire il messaggio che la libertà di espressione c'è solo se a tutti è consentito dire tutto ciò che vogliono e non solo se ciò che vogliono è giudicato accettabile, non offensivo, intelligente o non so che altro.
Il link qua sotto lo spiega bene in generale e con riguardo ai contenuti che girano sul web oggi
http://www.ilpost.it/massimomantellini/2015/01/10/i-moralisti-hanno-aperto-i-bar/
E a me fa paura pensare che, vedendo nell'altro il problema, ci scordiamo che non c'è altro da noi e dimentichiamo i fondamentali proprio quando sono l'unica cosa che può aiutarci.
Ho letto e sentito troppe volte in questi giorni il "noi e loro" variamente enunciato in mille sfumature ed il mio fastidio è aumentato ogni volta, lo confesso.
Un po' è il problema dello stereotipo, ma soprattutto è la superficialità di certe espressioni. Il negare l'ovvio, l'accettare come un dato incontrovertibile la reazione, naturale, alla mostruosità dell'accaduto ed al fatto che ciò che è accaduto ci è vicino, vicinissimo, nei fatti e nelle emozioni mentre è facile definire i colpevoli, i "mostri", lontani ed ontologicamente diversi da noi.
La sintesi di molte critiche era "noi litighiamo e ci dividiamo, ma non usiamo la violenza per sostenere le nostre idee".
Ma davvero?
Vediamo un paio di esempi: negli stadi e nei palazzetti dello sport la gente si mena per una squadra o per uno sportivo. Tifo lo chiamano ma c'è chi la definisce fede. Non è un problema solo italiano e, per quanto possa essere marginale c'è.
Noi adottiamo mezzi più violenti e duri quando fermiamo o arrestiamo extracomunitari, tossici, persone fuori dai canoni perchè li percepiamo diversi. Anche questo non succede solo in Italia, magari è anche involontario, istintivo, ma c'è, e spesso.
Noi spariamo a medici che operano interruzioni di gravidanza perchè pensiamo che la vita umana sia intangibile ed inizi dal concepimento in forza di un'interpretazione (discutibile e discussa) delle nostre sacre scritture. 
Noi abbiamo smesso l'altro ieri di ammazzare la gente perchè professava una fede diversa da quella della maggioranza e, ancora oggi, non trattiamo gli atei come i credenti (di qualsiasi confessione) in molti dei nostri paesi.
Mi fermo qui, ma il concetto mi sembra chiaro.
Ecco prima di usare il noi ed il loro secondo me è bene pensarci tre, quattro volte e poi parlare d'altro.
E non perchè quello che è successo non sia orribile, mostruoso, terribile o perchè qualche altro delitto dovesse avere più rilevanza.
Affatto.
Perchè ragionando con il noi ed il loro, si finisce davvero per perdere di vista la cosa importante.
Quella che più di ogni altra è avversata da soggettini come quelli che hanno sparato a Parigi
Ogni persona deve avere il diritto di essere ciò che è ed esprimerlo liberamente, beccandosi tutte le critiche e le contumelie del caso, se è il caso. Non foss'altro perchè così magari, in mezzo a tanto pattume, gira anche qualche idea rivoluzionaria (quella si), tipo le due o tre scemenze del buon Galileo o il fatto che i neri non sono inferiori o i gay non sono malati. Tutte idee che professavamo (ah il mio ottimismo!) dieci minuti fa e non è stato nè facile nè indolore smontare.
Il buon gusto, la buona educazione, il rispetto delle opinioni altrui che pure sono, per me fondamentali, non possono essere imposte da una qualche autorità altra da chi si esprime, pena la perdita della libertà per tutti.
E povero Voltaire.
Mi sa che era meglio se si dedicava a lucidarsi i bottoni della redingotte

Cronaca criminale comunale

Faccio uno strappo alla regola di non parlare di cronaca nera.
Lo faccio perchè questa, a dire il vero, più che nera è grigina anche se, come è ovvio, le vittime meritano rispetto, compensione e anche un congruo risarcimento e i responsabili una condanna.
Comunque, non si è fatto male nessuno quindi mi sento libera di parlarne e anche di sputacchiare la mia abituale dose di veleno del lunedì.
Il quadro generale della vicenda che vado a narrare è il placido paesello in cui vivo: un posto in cui l'ultimo fatto cruento è stato il bombardamento della seconda guerra mondiale e due condomini che litigano per il tetto vengono "attenzionati" dai carabinieri (che meriterebbero la cella di sicurezza per abuso della lingua).
Al paesello ci sono tre piazze, ma una non conta agli occhi di nessuno, chè è buona solo per imparare ad andare in bicicletta o sui pattini. I ragazzetti se la ricordano solo se c'è il luna park
La piazza principale piace un po' di più ma non è adatta per il raduno di una "compagnia" di pischelli.
Prima di tutto perchè è la piazza principale e quindi se c'è una persona in giro, passerà da là, poi per via della sua conformazione. Infatti un lato è occupato dalla Basilica con i chiostri, il circolino del prete e l'ingresso del cinema all'aperto, su un'altra  si erge il Municipio, sul terzo ci sono i loggiati, la sede della banda e la biblioteca comunale che però, la sera è chiusa, tranne il giovedì che ha l'apertura serale fino a mezzanotte. L'unico lato della piazza teoricamente adatto per fare saltare i nervi a qualcuno è il quarto perchè lì in effetti ci sono delle case, ma è anche l'unico in cui tra gli edifici e lo spazio pubblico c'è di mezzo la strada.
Quindi niente.
Infatti i ragazzi hanno scelto la seconda piazza, anche qui ci sono almeno un paio di lati occupando i quali non avrebbo dato noia a nessuno chè da una parte ci sono la scuola media e la Misericordia e dall'altro non ci sono edifici, ma una simile scelta sarebbe stata troppo comoda dotata come è di panchine e cestini per l'immondizia.
Infatti la compagnia si è impossessata di uno dei lati abitati e abitati bene che, come non è nemmeno troppo difficile che capiti al paesello, da quella parte ci stanno tutte persone anziane, ma non vecchie chè i vecchi magari sono comprensivi e ti rovinano il divertimento.
Insomma si sono piazzati lì ed hanno cominciato a fare casino.
Prima quello ordinario, inevitabile, quello che, insomma, se abiti in piazza devi imparare a tollerare chè qua la sera si esce e, alle nove o le dieci, due chiacchiere sotto le finestre ti toccano.
Protestare può rendere al massimo la patente di bischero.
Poi quello sfacciato e maleducato: i petardi lanciati (dice) per spaventare i cani al guinzaglio, le lattine lasciate in giro, le voci alzate se qualcuno chiedeva di fare silenzio.
E così da un lato i residenti che protestavano e dall'altro i ragazzi che si lamentavano del fatto che non potevano neanche respirare e le conseguenti, ovvie e necessarie, fazioni.
Di protesta in protesta e di ripicca in ripicca sono passati i mesi, ci siamo sorbiti le feste e le sagre  e proprio quando l'inverno doveva risolvere il problema qualcuno ha pensato di riscaldare l'ambiente.
E' cominciata con un cestino della piazza bruciato, fatto strano, ma catalogato da tutti (me inclusa) come la banale e colpevole disattenzione di qualche fumatore ed è poi andato avanti con una discreta quantità di macchine incendiate: prima una, poi un'altra, poi tre insieme, tutte in posti residenziali, poco frequentati di sera, ma anche tutte vicino a quella zona.
Tutte tranne una, ma ne parlerò dopo.
Insomma, per farla breve,  dopo una quindicina, venti giorni di incredulità e tensione e dopo che le lingue (e solo le lingue) si sono esercitate in minacce draconiane verso l'ignoto piromane, accuse di pessima gestione all'amministrazione (?), cose inenarrabili alla volta dei carabinieri e via e via, l'hanno preso.
Hanno preso un ragazzetto minorenne, per sua fortuna e per la sfortuna dei suoi genitori, mentre tentava di incendiare altre due vetture.
L'hanno preso da solo e da solo risponderà al Tribunale per i minorenni (dove immagino gli affibbieranno l'affidamento in prova o i servizi sociali, roba così), ma personalmente non crederò mai al fatto che fosse solo.
Era il più scemo, questo è sicuro, ma non il solo.
Comunque, i miei buoni paesani non hanno nemmeno aspettato la convalida del fermo ed hanno subito ricominciato a ciabattare affermando che poverino, ha dei "problemi" (categoria in grado di racchiudere qualsiasi cosa; da una gravissima patologia ablativa della capacità, alle doppie punte), che è un'età difficile, che in fondo 'sti ragazzi non sanno cosa fare (?), che girano troppe sostanze, che va aiutato.
Posseduti da Torquemada, sono stati invasati dal Genio della deresponsabilizzazione in un fiat.
Beccaria, Beccaria, ma dove sei?
Finita qui?
Macchè.
Ho detto che tra le macchine incendiate c'era un mezzo anomalo? Uno che non convinceva, perchè era diverso, in un posto diverso ed in una zona diversa del paesello? 
Ecco, era diverso perchè il pischello non c'entrava niente.
Quel veicolo è stato incendiato da un cinquantenne che aveva ragioni di inimicizia nei confronti del proprietario.
Uno di quei bravi cittadini che al più, muove la lingua, ma che, vista la situazione propizia ha pensato bene di lasciare sul comodino anche quei due neuroni che madre natura gli aveva, troppo generosamente, elargito.
Oh vai, per i prossimi 50 anni siamo a posto.

giovedì 8 gennaio 2015

#Siamo tutti Charlie Hebdo?

Si come no.
Vi piacerebbe, ecco, forse.
A parole.
Però le palle (e scusate il francesismo che oggi ci sta tutto) per alzarvi in piedi e dire ciò che pensate, magari in modo meno urticante o sfacciato, chè quello bisogna saperlo fare, non ce lo avete praticamente mai, siamo sinceri.
Quindi no, oggi, no oggi vi ascolto e, come troppo spesso mi succede, stupisco: ma come voi siete quelli del politicamente corretto, delle circonlocuzioni elaborate che richiedono mezz'ora per esprimere un concetto semplice per cui l'italiano ha, sempre, un termine specifico, dei distinguo e dei sofismi, dell'ossessiva epurazione di ogni  riferimento a ciò che possa, sia mai, solleticare qualche (iper)sensibilità, dei "maanche" e, ora, siete tutti li ad inneggiare alla libertà di espressione di chi non si esprimerà più.
A dirvi tutti Charlie Hebdo.
Ma per favore!
  Charlie Hebdo era questo.
Per dire.
Siamo lontanucci ecco.
Dopo di che.
Per me la libertà di espressione è un valore non negoziabile, come si suol dire, mi serve come l'aria perchè mi aiuta a capire chi ho intorno e me stessa, a migliorare, se ci riesco.
Se davvero interessa anche a a voi, allora c'è un sistema ed uno solo per non rinunciarci, usarla.
Presente?
Anche a cazzo, fa niente.
Meglio, molto meglio, rischiare di morire  per un colpo di Kalashnikov che non avere mai avuto il coraggio di esprimere le proprie opinioni («Non ho paura delle rappresaglie. Non ho figli, non ho una moglie, non ho un'auto, non ho debiti. Forse potrà suonare un po' pomposo, ma preferisco morire in piedi che vivere in ginocchio» Charb – Stéphane Charbonnier – direttore di Charlie Hebdo)
Senza contare, passatemela, che per quanto possano essere stravaganti, odiose, bislacche o stupide, difficilmente saranno una novità assoluta.
Se poi, prima di esprimervi, riusciste anche a farvi un'idea un minimo circostanziata e fondata su una qualche fonte di approfondimento ecco, sarebbe l'apoteosi.
Chè perdonate certe cose sull'Islam come male assoluto che combatte il riso non è che non si possano sentire per carità, è che poi mi sembrate tutti Jorge da Burgos o meglio, l'attore che faceva Jorge de Burgos nel film.
E io se proprio dovessi apparire a qualcuno come uno dei monaci del Nome della Rosa preferirei Sean Connery. Ma mille miliardi di volte eh. Pure col kilt  
PS aggiungo un link perchè sia chiaro cosa intendo quando dico che no, non siamo tutti Charlie Hebdo ed, ancora perchè sia chiaro, non è necessario pensarla come Charlie Hebdo per essere Charlie Hebdo, basta non censurarlo o non baloccarsi con l'autocensuara censurandolo
http://www.ilpost.it/2015/01/08/pubblicare-vignette-charlie-hebdo/
Il resto è proclamare principi che non ci preoccupiamo di attuare quando possono farci stringere le natiche.

mercoledì 7 gennaio 2015

Ritorno

Quest'anno mi sono fatta un bel regalo, mi sono regalata le vacanze da bambini, quelle che durano dalla vigilia alla Befana.
Come da bambina, ci ho messo dentro un po' di tutto: famiglia e amici, casa e mondo, pigrizia ed attività.
Ho vissuto in una bellissima bolla in cui c'era tempo per tutto e tutti, ritmi lenti, spazi ampi, momenti piacevoli ed attimi di pura gioia.
Così, questa mattina, esattamente come da bambina, non avevo nessuna voglia di buttare giù le gambe dal letto.
Abbraccerò stretta la cugina del mio cuore invece, in quello che sarà, finalmente, un pranzo a due, incastrato per miracolo tra le sue valigie ed i miei fascicoli, tra la sua puntata a Londra e la mia settimana in giro e riprenderò il mio tran tran.
Che non è nemmeno tanto male.