mercoledì 30 marzo 2016

Venuta, andata

La cugina del mio cuore è arrivata in tempo per godersi la Pasqua.
Ha preso l'aereo e lo so io quanto le è costato.
A lei che fa Barcellona - Firenze, Firenze - Barcellona in auto tutte le sante volte e lo vive come un bellissimo vantaggio chè quando stavano "altrove" le toccavano tre-giorni-di-nave-tre o una confezione da cavalli di droghe pesanti e qualcuno che la costringesse su per la scaletta.
Ha scombinato i miei piani per una Pasqua al mare e preteso il solito, affollato ed interminabile pranzo di famiglia, con decine di uova di cioccolato, la frittata con ricotta ed asparagi selvatici, la carne alla griglia e le fragole
Ha vinto le resistenze ed i timori di tutti ed ha fatto felice mio padre per il quale il pranzo in campagna non era indicato, era uno sforzo, un rischio, un azzardo folle.
Si sa, la famiglia è anche questa, una conventio ad includendum costi quel che costi e sentirsi amati, ricercati, il perno attorno a cui tutto ruota, può essere un bel macigno o un'enorme gioia a seconda delle occasioni.
Non ha detto nulla, non serviva, ha solo farfugliato una cosa sul fatto che, siccome non mi ero sentita di raggiungerla, era venuta lei.
Ma non è da me che è venuta, non è la mia, la faccia che voleva vedere.
Siamo stranamente pudichi, a volte, per essere così impudichi, indiscreti e caciaroni.
Fortuna che ci capiamo lo stesso.
Se ne è ripartita ieri, con gli abituali due chili di pane in valigia e una bambina riottosa, convinta solo dalla promessa che dormiranno di nuovo, presto, in tre in un letto.
Speriamo

mercoledì 23 marzo 2016

Riflessione cinica n. 1

Ci sono corsi di studio che, più di altri, vengono scelti da persone che vogliono aiutare il prossimo, garantire giustizia agli oppressi, curare i sofferenti, salvare vite, cambiare il mondo.
In genere questi corsi di studio, più di altri, sono scelti anche da persone che ambiscono alla ricchezza, al prestigio sociale, al potere e desiderano cambiare il mondo quel (poco o tanto) che serve perchè il mondo faccia loro tutto lo spazio che desiderano e offra loro la considerazione che ritengono di meritare.
Raramente i primi ottengono ciò che sperano.
A volte, invece, sono i secondi quelli che riescono a migliorare le cose.
Anche involontariamente, come effetto collaterale.
E va bene così

lunedì 21 marzo 2016

Sala da tè (ma noi ...ecco, noi ci beviamo la cioccolata perchè è meglio)

Oggi è il compelanno dell'Ila, avete deciso di fregarvene degli impegni, del lavoro, dei bambini, dei vecchi, del fatto che sono passati trent'anni dal primo compleanno che avete festeggiato così.
Avete deciso che volevate vedere se, oggi, toccherà a voi il ruolo che fu di quelle quattro signore travolte dalle vostre chiacchiere e costrette a farvi notare, con un sorriso, che anche loro erano lì per scambiarsi pensieri profondi e cazzate.
Farete merenda
Sederete sotto i lampadari di Murano, ad uno dei tavoli di legno scuro, chiederete dei dolcetti d'accompagnamento (!) e quattro cioccolate in tazza, senza panna, ma dense, e chissà se il cameriere in giacca bianca vi guarderà ancora male chè loro, la fanno solo densa, non scherziamo.
Penserete al sedere che si allarga, alle cosce che strabordano, a quando la digerirete una cioccolata così, bevuta alle 5 della sera, prima di preparare una cena di famiglia standard.
E ci riderete su, come sempre.
Guarderete fuori, la piazza, il palazzo di fronte, la loggia a destra.
Il tempo che passa, è passato e passerà.
Siete amiche da tanto, ormai, dai compiti di latino e di chimica, prima del primo bacio, delle tesi, dei parti, dei matrimoni, dei lutti.
Prima che la vita avesse una forma, quando aveva solo delle possibilità.

martedì 15 marzo 2016

A tutto ci si abitua

A tutto ci si abitua, diceva la mia bisnonna a una me bambina che non capiva e quindi non ci credeva.
A dirla tutta mi sembrava impossibile.
Nella mia testa c'era una lista lunghissima di cose inaccettabili, incredibili, insopportabili alle quali non mi sarei mai e poi mai abituata: dalle guerre ai finocchi lessi, dalle malattie incurabili ai capelli legati, dai baci in bocca ai terroristi (che a quei tempi erano o rossi o neri e comunque, mai, extracomunitari)
Io, però, la bisnonna la rispettavo e sapevo che se lo diceva, doveva essere vero, perchè lei, di certo, non parlava a caso.
Lei era stata ragazzina nella prima guerra mondiale, era rimasta vedova, a nemmeno trent'anni, con quattro bambini piccini e di un socialista, sotto il fascio, si era fatta la seconda guerra mondiale, la fame vera, aveva attraversato il boom economico ed era sempre lì, a quasi novant'anni, in quella vecchia casa di via Sant'Agostino, con il suo gatto bianco, Leone, il ventitreesimo, come il papa.
A tutto ci si abitua, si trova sempre una ragione per essere felici e una per non esserlo.
Sta tutto in ciò che si sceglie.

La mia bisnonna aveva ragione, ora lo so, ora le credo.
Ora che il babbo torna a casa con il drenaggio infilato ed il sacchetto.
Ora che è chiaro che non lo opereranno nemmeno sotto tortura e non perchè si parano il sedere.
Ora che pesa meno di me
Ora che ho chiamato mia cugina ad un orario improbabile solo perchè mi dicesse le parole perfette ed io potessi dirle, in cambio, che non doveva, non c'era bisogno.
Ora  che ho pianto per strada come una fontana lasciandomi dietro persone interdette che non sapevano se dovevano voltarsi e lasciarmi in pace o consolare quella signora sconosciuta che si imbrattava di mascara come un'adolescente alla prima cotta,
Ora che ho imparato, una volta di più, perchè sono vent'anni che stiamo insieme.

Ora che sono felice di riportarmi a casa un uomo attaccato ad un sacchetto.

mercoledì 9 marzo 2016

Latin lover

Una quindicina di giorni fa, interno sera, Attila è in camera a leggere, Totila mi gira intorno pietendo un anticipo sulla cena.
Mentre negoziamo un cantuccio di pane (è mio figlio, non c'è dubbio alcuno) mi comunica che laFiamma è innamorata di lui. "bene, - commento distratta- a te piace?" e lui: "si, abbastanza, ma non mi voglio fidanzare. Sono giovane, non ho ancora 6 anni!".
In effetti.
Passano i giorni e lunedì scorso, la scena si ripete. Anche questa volta, col cantuccio di pane arriva una confidenza: "mamma, lo sai che oggi laGaia e laLetizia hanno discusso per me?" Gli lancio uno sguardo sinceramente perplesso e lui, poverino, si sente in dovere di chiedere se è un male.
"Non una cosa bellissima, no, amore" non so resistere dal dire, deludendolo. Allora preciso che, insomma, è bello che due bambine si siano rese conto di quanto lui sia bravo, dolce, intelligente, affascinante, e via andare, ma non mi sembra sia il caso di gioire se due litigano e soprattutto, se litigano per una cosa che non devono decidere loro, "non sei mica un trofeo, no?"
Ieri sera, altro cantuccio e..."mamma lo sai che laLetizia mi ha chiesto se le facevo toccare le mie poppe?" Provo a non ridere e chiedo di sapere la sua risposta, mi fa "le ho detto di si. Se mi faceva toccare le sue". Sghignazzo e indago, dice che le sono sembrate piccole, ma, del resto, non gli pare che lei le abbia grosse, solo non si spiega bene perchè a lei cresceranno ed a lui no.
Fa una pausa e poi, "sai mamma LaGaia non ci lascia mai soli e questo è un problema" sospirone e..."è un problema perchè così io non posso mai dire a laLetizia cosa provo per lei" E che provi? "io l'amo" sussurra sorridente, "però, se l'amo, mi devo fidanzare mamma?". 

mercoledì 2 marzo 2016

Lavoro. Non potercela fare


1.
Leggo un atto di controparte:
"...In particolare, l’autoveicolo in oggetto è utilizzato dalla predetta società (e in particolare modo dal suo legale rappresentante) per svolgere la relativa attività imprenditoriale specialmente nei rapporti con i terzi per il cui svolgimento è indispensabile l’utilizzo dell’autoveicolo: ciò al fine di potere proficuamente gestire tutte le attività di commercio relative a               e, in genere, di            specie nei confronti delle imprese nazionali, i cui legami commerciali richiedono l’utilizzo del mezzo in oggetto...."
Quanto è stato sui banchi questo? chi, per tutti gli dei di tutti i pantheon, è stato troppo avaro con la matita rossa e blu? ma soprattutto, perchè a me?
Sciacquategli i bit in Arno (o in qualsiasi corso d'acqua v'aggradi) 
2.
Incontro tra separandi: 
Studio della collega, sala riunioni, tavolone centrale, tappeto e vaso di fiori nel'angolo (come posso fare a sapere se sono veri?), tutto molto telefilm americano, se non fosse che, ecco, tra tutti e quattro d'americano non abbiamo nemmeno le scarpe.
Discutiamo, cercando di trovare un accordo e portare a casa una bella negoziazione assistita invece che una separazione contenziosa con udienza fissata al duemilamai, ma io sbaglio alla grande, contravvenendo all'aureo principio che impone: "mai parlare col cliente di controparte".
La regola sarebbe posta per evitare che un avvocato, non proprio corretto, scavalchi il collega e "circuisca" il  povero e sprovveduto avversario, ma ha valenza assoluta. 
Contravvenirla è da scemi.
E infatti.
La signora, in perfetta buona fede ed assolutamente convinta delle sue ragioni, mi punta gli occhioni in faccia e mi comunica che lei ha diritto a tutto ciò che chiede perchè, nella vita, finora, ha fatto la moglie e la madre, ha sostenuto la famiglia ed il marito, ne ha accompagnato gli sforzi per raggiungere un serio riconoscimento professionale e, insomma, si è spesa tantissimo. 
Caspita! 
Invece tutte quelle che lavorano, non sostengono nessuno, non accompagnano gli sforzi di nessuno, non si spendono per nessuno, finito l'orario staccano e vanno a farsi la manicure.
Sono un filino ipersensibile di questi tempi, lo so da sola