martedì 23 gennaio 2018

Caro Zucky, le mie ovaie non sono affari tuoi

Caro Zucky,
prima di tutto grazie.
Grazie perchè ti preoccupi tanto per me e, con i tuoi fantastici algoritmi, cerchi di soddisfare ogni mia necessità ed ogni mio desiderio prima ancora che io li abbia formulati.
Neanche la mia mamma è mai arrivata a tanto (e Dio solo sa se la mia mamma ha mai avuto l'impulso di dirmi cosa fare e come farlo): costruire per me i miei bisogni, indicarmi come appagarli e soddisfarli ovunque io sia.
Mi risparmi un sacco di fatica.
Un simile, immane, sforzo non si può fare da soli e infatti tu hai un sacco di amici.
Ieri per esempio, mentre compulsavo una noiosissima monografia cercando di capire se il coerede può esercitare azione di riduzione contro il legatario anche se non ha accettato con beneficio di inventario, Sundar ha avuto pietà di me e mi ha aperto sotto gli occhi il banner del più bel cappotto degli ultimi 3 anni, glielo avevi detto tu vero?
Non negare, due giorni prima, partendo proprio dal tuo social ero andata a vedere il sito di quella, nota marca, ed ero stata dieci minuti in adorazione.
Anche le borse non erano male.
Insomma, lasciamelo dire, siete una squadra fantastica, vi immagino spesso, tutti intorno a un tavolo, a tarda sera, con un  piatto di quinoa in mano, a discutere allegramente dei fatti miei, metterli insieme e cercare di capire cosa penso, cosa voglio, come sono fatta, come posso essere persuasa a scegliere ciò che è giusto per me.
Ecco, siccome tu ed i tuoi amici siete tanto gentili, voglio darvi un piccolo consiglio, una sciocchezza da tenere a mente quando siete lì con la quinoa, le magliette lise e tutto il resto:
bevete meno.
Chè la proposta di iscrivermi a un gruppo di sostegno per donne in premenopausa, non è stata una grande idea.
E non ve l'ho nemmeno data io.



giovedì 11 gennaio 2018

Tante cose e forse nessuna

E' un bel momento, c'è gioia e serenità sia sul versante personale che professionale, c'è ottimismo persino.
E' anche un momento di grande tristezza, piango come mai, io che non piango mai.
Ora che i mesi sono scorsi via, il mio babbo mi manca da impazzire, ora che le sue battute sceme, trite e ritrite, vengono di nuovo accennate come presupposto condiviso del nostro lessico familiare (aggiungeteci una g e regalatevi il libro della Ginzburg se non lo avete mai letto), ora che ci sono altri chili di mattoncini da montare per vedere, almeno una volta, cosa pensano di avere messo in quella scatola i progettisti della lego, quegli illusi, ora che mia mamma fa di nuovo polpette di lesso.
Ho visto spettacoli di Natale, canzoni, esibizioni, saggi.
Ho partecipato a cene, di classe, di studio.
Ho goduto della bellezza della montagna e della gioia dello sci che sta, tutta e sola, nella sauna della sera.
Ho ripassato la tabellina del 2, del 3, del 4, e del 5; io le so, Totila ancora ha delle incertezze.
Ho cercato di spiegare ad Attila che essere felice di avere due ragazze che ti sospirano dietro non vuole dire affatto dovere sceglierne una e tanto meno essere innamorato.
Può essere una bella botta per l'autostima, purchè uno non ci conti troppo.
Ho visto l'ultimo star wars in 3D e ascoltato un bel concerto.
Ho una dozzina abbondante di calze della Befana da smaltire, la maggior parte delle quali di roba kinder che, in casa nostra, non mangia nessuno. Le porto in studio e la facciamo finita.
Ho addobbi di Natale da riporre ed un albero finto a cui trovare posto. Non mi piace, non mi è mai piaciuto, io l'albero lo voglio vero, ma lui lì è tornato con lo scatolone e tante scuse per cui me lo devo tenere. Farò lo sforzo, purchè nessuno cerchi di nuovo di convincermi che è una scelta ecologica, quando intende dire che gli dispiace vedere tagliare un albero e preferisce gli idrocarburi.
Ho voglia di abiti nuovi. Ma la mia sarta va in pensione