lunedì 24 novembre 2014

la gente

La gente ha un sacco di difetti.
Sono difetti della gente, dell'insieme, ecco, perchè poi quando si passa, e sempre che si passi, dalla gente come insieme al singolo elemento, le cose cambiano.
Non è detto che migliorino, questo no, ma cambiano.
Infatti a me il concetto di gente non piace, sempre per la storia delle generalizzazioni che mi danno l'orticaria.
Però, come penso più o meno tutti, con la gente ho a che fare e della gente parlo.
Così sabato mattina davanti ad un caffè, un'amica ed io siamo riuscite ad elaborare questo concetto rivoluzionario secondo cui la gente è superficiale.
Lo abbiamo elaborato e sviscerato e siamo anche giunte alla conclusione che la superficialità non è data dalla cattiveria e, spesso, nemmeno dalla supponenza o dall'arroganza, è piuttosto un bell'impasto di ignoranza e disinteresse condito con un quanto basta di logorrea.
Spesso, stranamente, quello che ne viene fuori non è tanto male, musica di sottofondo e nulla più, roba da negozi, facile da ignorare a meno che non si abbia una qualche ipersensiblità.
Non si può approfondire tutto, interessarsi a tutto e a tutti, la superficialità non è una colpa o almeno, spesso non lo è.
C'è una cosa però che mi infastidisce moltissimo, che proprio non riesco a superare e che mi pesa ancora di più della superficialità e della pretesa che ha la gente di generalizzare, è il fatto che spesso non ragiona.
Non è cioè capace di condurre un ragionamento logico, articolarlo, non accorgersi che cade in contraddizione o, semplicemente, si espone a contestazioni banali, roba lapalissiana.
E vale per tutto, dagli argomenti più spinosi come immigrazione e omofobia,  a quelli più banali e superficiali.
Tipo una conversazione origliata sabato al bar:
"guarda che lardelloni! Dovrei proprio andare in palestra, ma non lo sopporto, perchè tutti mi guardano il sedere",
"ah e dove vai? che corsi fai?"
 "Eh no, sai, mi piacerebbe zumba, ma non l'ho mai fatta. E' una vita che non vado in palestra. Dico sempre che devo andare e poi non mi iscrivo mai"
 Ora, io non so se starebbero tutti impietriti a fissarle il sedere, ma sul cervello può stare tranquilla.
Se una, compiuti i dodici anni, non è in grado di distinguere le sue insicurezze dalla realtà dei fatti, è un problema grosso.

venerdì 21 novembre 2014

Commozione conto terzi

Mio marito è commissario d'esame nella sessione per l'abilitazione professionale che si sta concludendo.
Si è fatto venire quei trenta o quaranta travasi di bile, è stato l'artefice di un denuncione penale, cui altri si sono aggiunti, e insomma ha fatto il suo da par suo, chè qua non si frigge con l'acqua.
Ieri sera era di commissione per gli orali ed io, che dovevo aspettarlo, mi sono seduta buona buona in aula.
Erano previsti quattro candidati, ma quando sono arrivata stavano finendo di interrogare la terza, una ragazza piuttosto minuta, con lunghi capelli castani, bravina.
Quando la cammissione si alza e si ritira per deliberare c'è sempre tensione, non importa quanto il candidato sia bravo e quanto abbia reso.
L'esame di abilitazione non è una formalità ed avere davanti tutte quei vecchioni sconosciuti, tra cui non sai riconoscere l'avvocato, il magistrato, il professore ma ai quali cerchi di rispondere sperando di azzeccare il giusto mix tra pratico e teorico senza scadere nel trito o nel bizantinismo, lascia sempre un po' di incertezza e di tensione.
Inoltre, hai già impegnato molti mesi della tua vita cercando di imparare quel mestiere, magari hai già qualche cliente o qualche prospettiva; la proclamazione per quanto poi tutti ci ironizzino sopra, non è mai una banalità.
Insomma lei era nervosa, non troppo, un po'.
La commissione invece doveva essere molto tranquilla perchè è uscita in 5 minuti scarsi, sorridente, e come d'uso la presidente le ha comunciato l'esito positivo della prova, fatto le congratulazioni e molti auguri (le ci vorranno tutti).
Un attimo dopo, a ringraziare e stringere mani non c'era più una ragazza minuta dai capelli lunghi e castani, ma un'intera famiglia: un padre con la barba bianca e meno denti del necessario, una mamma con l'hijab ed un fratello in felpa e jeans.
Una famiglia a cui è stato detto che non c'era niente per cui ringraziare se non, da un lato, l'intelligenza, l'impegno e le capacità di una figlia e, dall'altro, lo spirito di sacrificio di chi le ha dato la possibilità di farli valere.
E' stato loro detto soltanto la verità: di quei cinque, uno lo conosco bene e posso garantire che non fa sconti a nessuno, nè in un senso nè nell'altro.
Aggiungo che li capisco e li ammiro.
Molte cose si danno per scontate e scontate non sono.
Molte mete sembrano banali e banali non sono.
Molte volte sembra infantile e sciocco presentarsi accompagnati davanti ai traguardi della vita ed invece è bello e giusto condividerli con chi ti ha sorretto fin lì.
E chissenefrega se non fa fine  

sabato 15 novembre 2014

Bersaglio mancato

Caro te,
che sei un attivista politico, ma io non lo sapevo;

che sei parecchio convinto, e basta averti incrociato una volta per strada per capirlo;
che, immagino, fossi al cesso con una gravissima dissenteria quando hanno distribuito ironia e leggerezza, ma so per certo, eri assente ingiustificato quando distribuivano umiltà e senso della misura;
che devi avere studiato francese o avere, anche tu, qualche nonno meridionale che chiamava il lavoro fatica o travagghio, in dialetto, mentre si spezzava la schiena su qualche zappa. Lui. E da questa esperienza ne hai riportato solo il desiderio di allontanare tale amaro calice da te e dai tuoi figli;
che fai tanto il paladino della legalità ma litighi con l'omino che ti chiede di liberargli l'accesso al garage invitandolo pure ad essere più cortese;
che non mi conosci affatto se non nei limiti di quella decina di incontri al comitato dei genitori o al consiglio di interclasse;
che sei ingegnere tra i geometri, luminare tra medici, giurista tra legulei, sommo vate tra gli scribacchini e la Callas davanti ad un coro di ubriachi
Puoi anche sostenere che sia vietato assegnare compiti in virtù di un decreto ministeriale del 1969.
Anzi, puoi anche dirmi che sbaglio a ritenerlo non più in vigore perchè non c'è un'abrogazione espressa.
Vedi, io lo so che non ne sai un tubo del concetto di gerarchia delle fonti, successione nel tempo ed altre  sciocchezzuole e non ho bisogno di asfaltarti quando a tutti è evidente che dai fiato alle gote.
Non è questo.
Il fatto è che se vuoi insultarmi, non puoi accusarmi di leggere la Divina Commedia ai miei figli.
Perchè, io gliela leggo davvero
E me ne faccio vanto.
Dovresti dirmi che sbagliano il congiuntivo
Ma ti faresti una nemica per la vita, sappilo

martedì 11 novembre 2014

I colori della casa

Nessun imbianchino mi sta rincorrendo perchè decida i colori delle pareti, nessun piastrellista mi assilla per i bagni e sono lontani i tempi in cui si discuterà di complementi di arredo.
Anzi, diciamola intera, probabilmente una domanda su cuscini, soprammobili e copriletti non ce la faremo mai chè qua siamo parecchio naif e poche sono le cose che sopporto meno in una casa del tutto coordinato ad ogni costo (dell'IKEA o del negozio di lusso, è uguale).
Va detto che ho gravi problemi con le tende, con i tappeti. con i quadri e con i ninnoli; mi piace il poco, in generale, e trovare un mobile che davvero mi entusiasmi è un'impresa.
In più, vivo in una casa che, tra esterni ed interni, nessuno potrebbe definire neutra e quindi, da sempre, tendo ad immaginarla arredata con cose leggere visivamente: tanto bianco, acciaio, vetro, legno chiaro.
Tendo ad immaginarmela perchè poi, come dicevo prima, il tutto coordinato non fa per me e devo accettare che siamo una famiglia a colori.
Totila vuole la sua stanza tutta rossa, Attila tutta viola, la parete bronzo cangiante nel salotto  non si tocca (anche se me l'hanno fatta a tradimento e non ammetterò mai che è davvero bella) e, insomma, se mi va bene posso dire di avere vinto sulla piccola lama arancione che ora separa la zona cucina dall'ingresso, ma solo perchè va giù.
Parlando seriamente e cercando una mediazione chè il rosso ed il viola sono decisamente fuori discussione, comincio a valutare positivamente un tocco di azzurro o di verde su una parete delle camerette ed un divano colorato nell'annesso.
Userò il verde o il fucsia per le sedute della loggia e chissà, potremmo fare una parete colorata anche nel nostro nuovo bagno.
Andrà così lo so, nata minimalista, morirò barocca.
Ma le tende no, quelle le tolgo tutte.

venerdì 7 novembre 2014

ti voglio bene

Scrivo due righe, col cuore e molto fegato, ad una vecchia amica che penso tanto, ma non cerco mai, perchè semplicemente non so dove sono finita, io non lei, in questa corsa continua, e gliele scrivo pure all'indirizzo del lavoro.
Mi risponde nell'arco di dieci minuti attaccando con "ti voglio bene".
Ecco.
Dirsi i sentimenti così, come da bambini, è cosa a cui non sono abituata fuori dal cerchio più intimo della mia famiglia o da circostanze dall'enorme portata emotiva.
Non sono nè timida, nè pudica, ma mi rimane più facile fare un gesto, abbozzare un abbraccio o una carezza, provare ad essere vicina, a capire o, il che in fondo è l'importante, ascoltare.
Sarà che certe parole troppo spesso, mi sembrano non avere peso nè valore, sarà che, quando ce l'hanno, espongono molto di più della nudità fisica, o più probabilmente sarà, come per tutto, che ciò che conta per me è il contesto, l'insieme.
In fondo una manifestazione d'affetto distribuita indiscriminatamente, a me come all'universo mondo, mi fa lo stesso effetto di una nudità casuale, in palestra, dal medico, in spiaggia
Mi lascia indifferente.

Invece quella risposta, un po' esagerata è stata bella.
Molto.

giovedì 6 novembre 2014

donna-mamma, donna-lavoratrice, e se provassi col donna -e-basta?

Va così.
E' che a me l'autunno piace tanto, ma non è la mia stagione, perchè mi immalinconisce come una bella gelata mattutina spazzata da una sferzata di tramontano  non potrebbe mai.
E sarà per questo che mi toccano un bel po' di questioni, di quelle anche un po' trite, che in genere mi fanno cinicamente sogghignare chè, io, quelle che fanno i "discorsi da donne, sulle donne" non le tollero più di tanto: lamentarsi non paga e le chiacchiere stanno a zero, se vuoi una cosa devi provare a prendertela e sperare che, a forza di prenderla, diventi più facile per chi viene dopo.
Su certe materie già chiedere è chiedere il permesso e se chiedi il permesso sei la prima a riconoscere che si tratta di una concessione e non di un diritto.
Va be'.
Il punto non è questo.
Il punto è che mi sembra di non fare bene nulla e di non fare male niente.
Corro e corro e corro e non sono la professionista che volevo essere, magari anche perchè non sono abbastanza brava, è bene dirlo, ma insomma....sono nella media.
Il fatto è che mollo, lo so, lo sento, potrei fare meglio se facessi di più.
Potrei, intendo, essere migliore intellettualmente.
E poi corro e corro e corro e non sono la mamma che i miei figli si meritano, arrivo tardi, devo controllare l'agenda, come per un appuntamento qualsiasi, se vogliamo invitare qualcuno a giocare a casa, non ho mai abbastanza tempo per le nostre stupidate, le lotte, i pasticci e, insomma,  anche qui, potrei fare di più e meglio.
Mi mancano e manco loro, manca la qualità, troppo spesso.
E le mie giornate sono un elenco di cose da fare.
Però mangio il gelato come la Madia, con lo stesso gusto e la stessa soddisfazione.
E ne vado anche fiera, quindi potrei avere anch'io un servizio su Chi
Pesantemente fotoscioppata però, plis