giovedì 30 novembre 2017

Milano, ieri

Milano ha un suo fascino.
Non è un a cosa evidente, squadernata, te lo devi andare a cercare
Per dire, ti piace la stazione, quelle enormi volte di ferro vagamente liberty, ma trovi pesante e troppo magniloquente la facciata, con tutti quei marmi e quei frontoni; fascista, non razionalista, non omaggio alla retorica sabauda del Vittoriano o della Cassazione.
Ti piacciono certi edifici modernissimi, quasi alieni per un Paese come il nostro, ma in generale trovi anonimi e un po' tristi tutti quei palazzoni del centro, parallelepipedi grigi, funzionali, nei quali intuisci ma non vedi, bellezze nascoste.
Adori i cortili. Li capisci. Anche i tuoi palazzi si aprono in spazi inimmaginabili dall'esterno
Raramente arrivare a Milano dopo una levataccia, ti fa sorridere.
Arrivare a Roma sempre.
E' un paragone logoro e stantìo, ma questo è
Il fatto è che da Milano ti aspetti efficienza, a Roma vai sempre un po' in gita, sperando in bene, pronta al nulla di fatto.
A Milano vai a lavorare e, poi, se ci scappa, a goderti la città.
A Roma vai per Roma, se riesci anche a portare a casa l'udienza, tanto meglio.
Ieri c'era nebbia. pesante densa, nebbia che bagna come pioggerellina; non ci sei abituata, a casa tua fa freddo, tira un vento che ti taglia in due, piove con una violenza che fa ballare i vetri, ma nebbia mai.
La nebbia la odi: per una che vive in un mondo fuori fuoco, rendere i confini delle cose ancora più incerti è la somma cattiveria.
Odi anche doverti portare dietro la toga, soprattutto in trasferta, soprattutto in inverno, ma hai imparato a tue spese che devi farlo perchè a Milano sono formali, anche nelle udienze civili, anche nelle stanze dei giudici.
Il palazzo di giustizia, in effetti, invoglia, le aule della corte d'appello sono solenni.
Il lavoro no, quello è sempre uguale.
Mancava il fascicolo di ufficio del primo grado.
Fosse stato il tuo, di parte, avrebbero dichiarato il ricorso inammissibile e ciao, vai ad attivare la polizza professionale vai, bellina. 
Manca quello d'ufficio?
Rinvio a marzo.
Speriamo ci sia il sole 

lunedì 20 novembre 2017

Di palle in volo e perfezione

Tengo in equilibrio moltissime palle di questi tempi.
Alcune sono di vetro sottile, sfere lievi ed iridescenti come bolle di sapone.
Non posso farle cadere, si romperebbero, ma devo anche fare molta attenzione a maneggiarle: una pressione troppo forte nel lanciarle o nel riprenderle e si sbriciolerebbero nelle mie mani; distruggendole, mi ferirei.
Altre sono di piombo, piene, pesanti, non posso farle cadere senza rischiare una fitta nel pavimento ed anche lanciarle e riprenderle richiede un certo sforzo, fletto le gambe per dare slancio o attutire il colpo. 
Altre ancora sono di gomma, se cadessero non succederebbe niente probabilmente, ma l'orgoglio è un grave difetto.
Mentre cerco di mantenere la concentrazione, parlo con un'amica.
Anche lei, come me, è nel ramo degli equilibrismi.
Anche lei, come me, a volte si fa domande oziose.
Mi chiede se, secondo me, abbiamo fatto bene a volere tutto.
Potevamo rinunciare al lavoro, o ai figli, o a stare con i nostri vecchi, o a qualcos'altro.
Rinunciare è parola che non mi piace e quindi le rispondo che non abbiamo sbagliato.
Sbagliamo solo a volerlo perfetto.
Mi guarda di sotto in su, oltre il bordo di una, per me disgustosa, tazza d'orzo, e mi rintuzza, lei non lo vuole perfetto, vuole solo il meglio che riesce a fare, ad ottenere.
Già.
Perfetto quindi.
  

lunedì 6 novembre 2017

Tecnologia applicata alle medie. L'età della pietra potrebbe essere finita, ma....

Attila è in prima media alla scuola del paesello.
Ci siamo arrivati dopo un esame razionale delle varie opzioni, offerte formative, POF (che non sono purtroppo poggiapiedi particolarmente gonfi), più o meno mirabolanti visite guidate e via discorrendo, applicando il criterio più importante di tutti: quello della comodità.
Si trova bene.
E io posso continuare a discutere in consiglio di istituto.
La sola cosa che mi aspettavo dal punto di vista dell'approccio al mondo moderno, era una quotidiana giratina nel "laboratorio di informatica", che so, due carezze alle stampanti 3D, l'impostazione di un nuovo comando alla versione didattica del noto giochino interattivo, un ciao ciao dai robottini o due note con la scheda audio.
La quantità di volumi impilati sulla sua scrivania, non deponeva a favore di altro che di un sano e sudato metodo tradizionale: studi sul libro, fai gli esercizi, scrivi ed esponi e ti riunisci con i compagni per le ricerche di gruppo (che farai col computer giacchè le enciclopedie non le tengono più nemmeno in biblioteca).
Invece....
Invece la scuola chiede che ogni ragazzo sia dotato di proprio indirizzo di posta elettronica in modo che lo scambio di materiale tra insegnanti e studenti possa avvenire con questa più semplice e veloce modalità, senza spreco di carta (della scuola) e con l'uso di file immagine e audio.
I professori di lingua hanno fatto scaricare su computer e smartphone una nota applicazione che promette risultati mirabolanti (nella versione con registrazione e verifica dell'insegnante) e approfittano della mania per lo spippolamento compulsivo per portare a casa una maggiore attività.
La prima ricerca di epica assegnata ad Attila doveva essere presentata in power point.
E qui casca l'asino.
Power point può andare bene per esporre due dati, un istogramma, un aerogramma roba così.
Nel mio mondo le slide si usano o per trascrivere una norma, un principio, o per illustrare un percorso concettuale, una mappa, un diagramma ad albero e ci si parla sopra.
Non si fanno decine di "pagine" fitte di contenuti in power point a meno che non si odi la platea.
Già.
Niente
La ricerca faceva schifo
Una noia mortale.
La consapevolezza che c'è differenza tra la presentazione di un lavoro ed il lavoro che si presenta, è lontana da venire