mercoledì 21 giugno 2017

La nonna ed i suoi nipoti

La loro nonna è piccola e bianca come si conviene ad una nonna, ma questo è tutto ciò che concede all'iconografia.
La loro nonna ha braccia muscolose e fisico scattante, occhi svegli e sorrisi pronti, tenerezze e concessioni infinite, ma detta limiti ben precisi e insuperabili.
Non c'è niente che ritenga imperdonabile, inescusabile o ingiustificabile se l'hanno fatto loro, ma giudica sbagliate un sacco di cose e non si fa scrupolo se deve rimetterli in riga.
Si commuove davanti alle pagelle e con quei lucciconi ne impegna uno a leggerle, anche d'estate, Geronimo Stilton  e l'altro a rinfrescarle le regioni d'Italia.
E' una strega la loro nonna, anche se loro ancora non lo sanno.
Vince facile, perchè fa le battaglie con le spade di star wars ed i fucili ad acqua e, solo poi, si lamenta che le verrà l'artrosi per l'umidità; perchè dichiara che quelle della sua età se cadono si rompono, ma poi gioca a pallone; perchè prepara per loro il brodo anche con 40 gradi all'ombra, non contempla uno spicchio di mela senza una mollichina di parmigiano ed è convinta che la gelateria sia il posto migliore in cui fermarsi alle cinque del pomeriggio.
Se è triste, sorride lo stesso e guarda al futuro con una caparbietà che le ha insegnato la sua mamma.
I suoi nipoti sono sempre più grandi, più alti, più indipendenti e lo sguardo di adorazione e impazienza che le riservano è sempre più bello.
Uno prende ancora la rincorsa per abbracciarla e le riempie di baci la pancia, le invade la casa con i lego che, dalla cesta, rovescia immancabilmente sul tavolo di cucina, la rintrona di chiacchiere.
L'altro, è più misurato, meno fisico, il bambino che viveva di contatti, sta lasciando il posto al ragazzo, ogni tanto però le si acciambella addosso, le sussurra segreti, le regala una tenerezza ritrosa che lei accoglie come una cosa preziosa.
La cercano i suoi nipoti e se un giorno non la vedono, il successivo vogliono andare a trovarla.
Si mancano a vicenda
Si vogliono quel bene che viene dal conoscersi, dallo stare insieme, dal sopportarsi e dall'apprezarsi.
E' un privilegio potersi sedere a guardarli


lunedì 19 giugno 2017

Jus soli

All'università ti hanno insegnato che ci sono due modi per attribuire una cittadinanza e, nel mezzo un sacco di varianti, eccezioni e aggiustamenti.
I due modi sono banali: sei cittadino dello stato in cui nasci e importa nulla da dove arrivavano quelli
che ti hanno fatto, oppure sei cittadino del posto da cui sono arrivati i tuoi genitori è importa nulla dove, per caso o volontà, ti hanno scodellato.
Noi siamo sempre stati emigranti, ci portassimo dietro polenta o tinniruma, il rimpianto dei monti, del mare o di entrambi, bestemmiassimo la fame con un dialetto o con l'altro; quindi scegliemmo la seconda opzione chè tanto dove andavamo facevamo comodo e ci avrebbero preso lo stesso ed anzi, l'idea avessimo un posto cui tornare consentiva di trattarci come troppo spesso ora noi trattiamo altri.
Male.
Io non credo sia un male, sono una donna di tradizioni e radici e non mi disturba avere d'intorno italiani che dell'Italia sanno meno di niente.
Però qualche mese fa ho fatto lezione sulla costituzione in quinta ed ho provato imbarazzo guardando negli occhi Giulia e Jasmine, Samuele e Indrit, un imbarazzo che, non avevo con Lorenzo e Michela, con Corso e Ginevra, ma neanche con Jun, Kai, Sean e Honey.
Non l'avevo perché loro sono italiani, solo italiani o anche italiani, questo non importa, nessuno potrà loro togliere il posto che hanno sempre chiamato casa, dire che i costituenti non parlavano loro o che studiano una storia cui non appartengono.
Senza Samuele la squadra di calcio non avrebbe il suo portiere, senza Jasmine, il prossimo anno, non avremmo la più  promettente pianista della scuola, senza Giulia nessuno sospirerebbe dietro ad Attila ed  Indrit non potrebbe smentire un sacco di luoghi comuni ogni volta che strascica la c.
Non è una questione di risorse, di impegno o di giustizia, è banalmente un dato di fatto, questi ragazzi sono identici ai nostri, non meglio, non peggio: uguali sputati.
Questi sono i nostri bambini.
E se c'è una cosa di cui vado fiera del mio piccolo mondo è che, per quanto ci provi, se lo racconti, sia gretto e meschino, pettegolo e parolaio, è anche abituato a guardare le cose per come sono e le persone in faccia.
Con i miei nonni hanno fatto cosi

martedì 13 giugno 2017

Mode, giornali ed esposti in Italia

NB: non è mia intenzione negare l'esistenza di problemi, sminuire tragedie, fingere di vivere in un qualche meraviglioso paradiso di virtù che non ha patria su questo pianeta.
Questa è solo una mia considerazione sulla tendenza a seguire le mode e sulle mode giornalistiche italiche.
Se dovesse ancora servire, ricordo che sono sarcastica d'indole e cinica di impostazione.
***
 Ho un cliente che di mestiere fa il giornalista e nei giorni scorsi ha ricevuto un'incolpazione dal suo consiglio di disciplina perchè gli hanno fatto un esposto.
Nell'esposto (e quindi nell'incolpazione) gli si contesta di avere violato le regole deontologiche della sua professione pubblicando una notizia di cronaca relativa ad un minore in modo tale da solleticare azioni emulative e da renderlo riconoscibile.
Il tipo, semplicemente, non è il tipo.
E, anche se fosse non potrebbe permetterselo chè lui scrive una pubblicazione più che locale, dalle mura di Firenze a quelle di Siena; se c'è una cosa che non può rischiare è di fare male alla gente che è contemporaneamente la sua fonte ed il suo pubblico.
Chiuderebbe e rimedierebbe anche qualche ceffone.
Infatti l'esposto non glielo ha fatto la famiglia, ma una collega che lui dice gelosa.
Siccome il mio lavoro, spesso, è capire, gli ho chiesto perchè abbia scritto quell'articolo, uscito a distanza di giorni dai fatti, quando la notizia era già più che nota e quasi digerita; mi ha risposto che un settimanale cartaceo suo concorrente aveva parlato di bullismo e questo cambiava le cose; non scrive di atti di autolesionismo, mai, perchè sono atti privati, ma se la causa ha rilevanza sociale, allora c'è dovere di cronaca
"E anche una delle tre famose S che fanno vendere i giornali", ho pensato malignamente io che ho, però, solo cortesemente chiesto: "l'articolo però il bullismo lo nega, quindi?"
Quindi, prima di scrivere anche solo il titolo, il "ligio professionista" ha chiesto conferma al maresciallo dei carabinieri di zona e questo non solo gli ha detto "ma de chè?" lo ha anche pregato di sputtanare gli sciacalli che stavano facendo sorgere dubbi sul tessuto scolastico e sociale di una piccola comunità, un paesino dove i ragazzi sono pochi e si conoscono tutti e le paure fanno presto ad amplificarsi di orecchio in orecchio.
Ora io dico: il bullismo esiste e va combattuto, ma è anche certo che quest'anno va di moda come e più dei fidget spinner tanto che, insieme a quello vero, tutti ne hanno anche di quelli presi dai cinesi. Le cose tarocche, lo sanno tutti, costano la metà e sono pure più interessanti.
Sulle mode giornalistiche italiche ci sarebbe da scrivere enciclopedie: ci sono stati i morti sulla strada e pareva di stare sul Carso nel '15-'18, c'è stata la meningite e pareva la peste del Boccaccio, ci sono stati i neonati abbandonati e sembravamo tutti Erode (e anche lui poveraccio, quanta cattiva stampa!), poi, improvvisamente, nessuno si è più sfracellato ubriaco il sabato sera, nessuno si è più sentito male e tutti i bambini sono tornati felici e amati.
Mah!
Ora ci sono il bullismo ed il femminicidio.
Bono anche quello!
Sembriamo tutti Barbablu.
Poi leggi le statistiche e scopri che abbiamo le stesse statistiche del Giappone. 138 donne uccise nel 2016 su un totale di 398 omicidi volontari, una percentuale per 100.000 abitanti (0,66) sotto tutte le medie.
Sia chiaro sono sempre troppi, 1 è troppo, ma l'emergenza non c'è, ci sarebbe da lavorare sulla quotidianità.
Quindi, in fondo, volevo capire, ma tutti questi iscritti a scienze della comunicazione, di preciso, che studiano?