giovedì 25 febbraio 2016

Contrordine

Di questi tempi, da queste parti, di contrordini se ne stanno impartendo decisamente troppi per i mei gusti.
Tutti mi fanno arrabbiare, di più imbestialire, uno mi fa particolarmente male: il babbo è all'ospedale.
Di nuovo

lunedì 22 febbraio 2016

Gioie semplici

1. Il babbo è a casa. Gonfio e magrissimo, arruffato, fragile, ma a casa. Ha passato un'ora intera a guardare i suoi nipoti con quei suoi occhi sorridenti e maliziosi, azzurri, intensi. Non ha detto loro niente di diverso da quello che ci si poteva aspettare da una conversazione ordinaria, quotidiana, ma, evidentemente, tanto è bastato, perchè non hanno mosso foglia senza cercarlo, coinvolgerlo e persino, sbaciucchiarselo.
Io so la sua paura. Ed il suo sollievo
Chissà se anche loro hanno provato le stesse sensazioni, se, al di là delle rassicurazioni, hanno annusato qualcosa di più grave ed hanno temuto un esito a cui non volevano dare nome.
2. Ho fatto le frittelle di riso. Un chilo di riso, 4 litri di latte, 12 uova e una quantità imprecisata di zucchero e succo di arance, ho fritto per ore, in piedi, dietro al bancone della mia cucina, in faccia ai miei cari, famelici. Ora posso dirlo: c'è una gioia nel cucinare per le persone cui si vuole bene che va ben oltre ciò che si cucina. Io lo so, per me le frittelle di riso potrebbero tranquillamente essere evitate.
3. Abbiamo quasi finito di restaurare i letti che andranno nelle camere dei bambini. In realtà il letto sarebbe uno: un vecchio letto matrimoniale composto da due giroletti accostati che noi sdoppieremo. L'odore di cera, mi è rimasto nel naso, sa di cose vecchie pronte a diventare nuove e mi fa sorridere. Zampe da leone per i miei cucciolotti

mercoledì 10 febbraio 2016

Comprati qualcosa

Ieri era il suo compleanno.
Avevo organizzato una cena a due, a casa, perchè io non ho voglia di uscire e lui sta davvero lavorando troppo.
I bambini erano dalla mia mamma, felici tutti e tre di stare insieme e ricostruire così, per due ore, una quotidianità che stanno perdendo in modo tanto più doloroso perchè è il dolore che provoca il distacco.
(E mai, in questi casi, che incroci la benintenzionata della mia vita. Questa qui: https://www.blogger.com/blogger.g?blogID=8552048451400578795#editor/target=post;postID=2057621950644332456;onPublishedMenu=posts;onClosedMenu=posts;postNum=130;src=postname e possa sfogarmi un po')
E insomma, mentre siamo lì con il sushi che mi sono sbattuta a preparare in più tappe, con i calici alzati, il suo regalo aperto tra noi e l'incredibile meraviglia del silenzio, mi guarda e mi fa: "dovresti davvero comprarti qualcosa sai? Lo so che i soldi non bastano mai e i lavori ci hanno prosciugato, ma hai bisogno di vestiti nuovi. Mi manca il mio lupo (che non sogna che agnelli, ndr)"
Ora, probabilmente mi dovrei offendere, perchè non c'è a chi sfugga che mi ha dato della sciattona.
Invece sono felice.
Pronta a scarrellare.
Devo solo trovare il tempo

venerdì 5 febbraio 2016

day hospital o hospital day

Per dirla a modino, i medici hanno deciso di provare un'ulteriore metodica su mio padre.
Per dirla com'è, e come l'ha detta una chirurga molto carina che doveva essere non poco distratta durante il seminario sull'approccio psicologico da tenere nella comunicazione con i pazienti gravi: " in sala operatoria ci entrano tutti, è uscire che può non essere semplice"
E' un sollievo, a volte, trovare dottori così, che parlano chiaro.
Comunque, siamo ancora qui.
Sospesi.
E io ho sempre più freddo.
Nel frattempo la vita va avanti.
M. sta morendo.
Non vuole vedere nessuno, solo suo figlio e le sue sorelle.
Dicono che le sono rimasti solo gli occhi, ma non è vero, basta un attimo, un discorso riportato, due battute sulla somministrazione della morfina "a richiesta" e io so che lei è ancora tutta qui.
E questo, la sua lucidissima consapevolezza, mi è intollerabile

lunedì 1 febbraio 2016

Neoprene. Abito

Oggi parlerò col chirurgo.
Nessuna metodica per quanto innovativa e dolorosa, ha prodotto ciò che prometteva, se si esclude una discreta quantità di false speranze.
Sembra che l'unica speranza sia l'intervento.
Ho serissimi dubbi che mio padre possa superare un intervento.
Ma, a dirla come penso se al dicano i medici tra loro quando noi non sentiamo, morto per morto, occorre tentare. 
La paura è un enorme mostro con moltissime teste e braccia lunghe che avviluppano, tolgono l'aria, abbastanza da inebetire, ma non troppo da soffocare.
Ed io ho deciso di affrontarla con un assurdo abito svasato di neoprene.
Magari la spavento