mercoledì 27 novembre 2013

fortunelli

I nani si sono rotti.
Si sono rotti senza nemmeno la grazia di aspettare ognuno, non dico educatamente il proprio turno, ma almeno che l'altro stesse un pochino meglio.
Si sono rotti di rotture diverse e, in un certo senso, apocalittiche, per cui non c'è nemmeno la consolazione di metterli insieme nella stessa stanza e coccolarli nello stesso modo.
Troppo facile.
Attila si è procurato un'infrazione al malleolo sinistro che gli ha valsa la vittoria nel torneo di salto della scalino indetto nella sua scuola (amore, ascolta mammina, la prossima volta, basta una storta, vinci lo stesso eh) ed un bello stivaletto gessato corredato di scarpona ortopedica e doppie stampelle.
Totila ha invece portato a casa dalla scuola per l'infanzia una bella bronchitona con valori di saturazione dell'ossigeno inferiori a quelli del nonnino. Quindi, al momento anche lui ha il suo bel corredo di pasticche, sciroppi e sospensioni per aereosol.
Uno si dispera perchè deve andare a scuola anche in quelle condizioni.
L'altro perchè non può andarci in quelle condizioni.
Uno dice di non avere niente.
L'altro di stare tanto male.
Per fortuna uno legge all'altro topolino mentre se ne stanno vicini, sdraiati a pancia sotto, sul parquet della loro stanza, interrompendosi ad ogni colpo di tosse.
Noi, sulla porta, li guardiamo, ci guardiamo e ci chiediamo se davvero non ci sia modo di cancellare un giorno dal calendario

giovedì 21 novembre 2013

Facciamo così, al cinema non ci vengo

Il collega perfetto, l'uomo ironia, sta insistendo per organizzare una serata al cinema.
L'idea è quella di parcheggiare i bimbi e concedersi una serata tra adulti.
A dirla tutta la cosa non mi fa impazzire: li lasciamo due, tre volte l'anno al massimo e pensare di farlo per chiudersi al buio, in silenzio, per vedere un film non mi entusiasma.
In più c'è il fatto che la pellicola prescelta è quella, molto in auge, di Checco Zalone e io, confesso, ancora devo vedere "La grande Bellezza" che mi ispira molto di più.
Voglio essere sincera a me Checco Zalone non dispiace, mi fa ridere, quando più e quando meno, ma lo trovo divertente, soprattutto quando copia Vergassola e rifa i testi delle canzoni famose o quando imita Vendola.

Per una serata senza pensieri può andare bene.
E quindi la mia perplessità sta tutta e solo nel giocarsi un'uscita tra adulti delle pochissime che ci concediamo per andare il cinema a vedere una cosa che mi interessa il giusto, ad esagerare.
Quello che mi scoccia è che, pare, non si possa dire che non si ha voglia di vedere "sole a catinelle" senza essere tacciati di snobbismo, radical chicchismo, vetero comunismo spocchiosetto e simili.
La morale è più o meno quella secondo la quale, se non ti interessa, non ti è piaciuto, non trovi divertente il comico, sei uno che opera una distinzione apodittica tra cultura e robaccia, non capisci il pop, odi Totò, Sordi e pure Fantozzi ( Fantozzi in effetti mi fa orrore, questo è vero, lo trovo tristissimo).
Ma di preciso che c'entra?
No, parliamone!
E' la stessa storia con Volo, Moccia e gente simile, persone che hanno un grande riscontro di pubblico, ma non questi contenuti così profondi, uno stile così interessante o una poetica degna di approfondimenti.
Mi pare di averlo già detto: amo i gialli, leggo di tutto da Camilleri alla Cornwell, dalla Christie alla Giménez-Bartlett, da Doody a Vargas e chi più ne ha più ne metta.
Ma non mi farete dire, nemmeno sotto tortura che quei libri sono paragonabili al mio personale feticcio (le memorie di Adriano), una cosa qualsiasi di Tolstoj, all'Orlando della Woolf, al Giardino dei Finzi Contini, a Pastorale Americana, al Vangelo secondo Gesù Cristo, al Maestro e Margherita, ai Buddenbrook e i Vicerè (da leggere rigorosamente uno dopo l'altro, l'ordine non importa), a Sostiene Pereira e a mille e mille altri testi.

Non me lo farete dire, perchè non è vero.
Se non sapete perchè, significa che non li avete mai letti
E' come lamentarsi perchè la squadra di calcio del pargolo non è considerata degna della nazionale brasiliana.
Giocano tutti a pallone, è vero, ma poi?
Ecco il punto è questo, i piani sono diversi e restano diversi, niente impedisce però che uno si diverta da matti a vedere correre 11 ragazzini su un campo spelacchiato e si annoi a morte alla vista dei verde oro.
A me per dire, danno la narcolessia entrambi.
Qual è il problema?
Il problema è che si deve attribuire ad un prodotto, qualunque esso sia, una patina di rispettabilità, di aulicità che si pensa non abbia.
E lo si fa sputando sopra a ciò che si pensa ce l'abbia davvero.
Non si potrebbe semplicemente accettare che ci sono opere divertenti, interessanti, piacevoli, fate voi, costruite apposta per essere solo quello e non volerle necessariamente innalzare a chissà quale Olimpo?  
Olimpo che magari non meritano ed al quale forse, nemmeno ambiscono?

mercoledì 20 novembre 2013

E vai con l'hip hop

Riunione a scuola di Attila:
mio marito, io, la vecchia maestra, la maestra vecchia e l'insegnante di sostegno.
Tutto bene, tutto bello, fantasia, creatività, intelligenza, arguzia, capacità, vivacità...io guardo la maestra vecchia che i più descrivono come una straga (mia mamma inclusa), lei guarda me, attacco: "scrive malissimo in corsivo",
replica: "lo so",
penso: "vorrei vedere",
prosegue: "il fatto è che suo figlio non ha manualità fine, ma fa pochi errori sa? e poi, in effetti, tanto si scrive a mano sempre meno, potreste fargli usare il computer"
penso: "scherza? mi ha preso per la mamma di un wannabe tronista forever?"
dico: "ha ragione, ma sa meglio di me che sapere scrivere non ha solo a che fare con la bella calligrafia e comunque deve imparare a farlo in modo comprensibile, poi, può anche dimenticare come è fatta una penna"
Mi riguarda, sorride e: "posso darle delle schede di rinforzo o, magari, gli detti lei una frasina ogni sera, compatibilmente col lavoro" lo dice quasi con imbarazzo e infatti aggiunge "so che però i compiti a casa possono essere un problema quindi....".
"Quindi facciamo una o due frasi la sera, se crede che non disturbi la didattica"
"Si, però vede, mi chiedevo, Attila fa sport?"
E io "nuoto, ma vorrebbe fare anche karatè"- ometto che lui e Totila mi massacrano da mesi per essere iscritti a karatè-spacca-bambini per ovvie ragioni
"Avete considerato un sport di squadra? vede suo figlio è molto teso quando scrive, è consapevole di avere delle difficoltà e questa consapevolezza lo trattiene e la aggrava, ha una grande ansia da prestazione (di già?) è molto rigido e severo con se stesso, magari fare parte di un gruppo lo aiuterebbe"
"Sarò sincera" ammetto: "ho sempre immaginato un bimbo che fa sport di squadra come un ragazzo inserito in un contesto molto competitivo e un filino aggressivo, simile a quello delle squadre/scuole di calcio, e non lo ritengo un posto adatto a mio figlio (a me, non ne parliamo)"
Sorride ancora, anzi, secondo me le viene da ridere e mi fa: "be' allora c'è l'hip hop"

martedì 19 novembre 2013

Casa, arrivano i primi veri progetti

E così, dopo le discussioni e gli incontri con l'amministrazione, dopo gli esposti al difensore civico, dopo i pareri legali e gli accertamenti tecnici, finalmente ci siamo.
Al solito, la montagna ha partorito un topolino, ma questo noi lo sapevamo fin dall'inizio e infatti non abbiamo mai chiesto altro che di poter realizzare una stanza in più.
Col tempo e con le discussioni, però, questa stanza che nelle idee iniziali doveva essere un parallelepipedo appiccicato al cubo che già c'era, è diventata un entità fluida, oggetto di sogni e voli pindarici.
Non solo, col tempo e con la necessità di fronteggiare i problemi burocratici, ci siamo accorti di avere molte possibilità.
Tipo che possiamo avere una loggia, che abbiamo diritto ad un vano tecnico per la caldaia, le strumentazioni del solare e del fotovoltaico e per la cisterna per la raccolta delle acque piovane.
Insomma, per una volta, la lentezza e le difficoltà burocratiche sono state utili e ci hanno aperto un mondo.     
Certo ora ci sarà da presentare il progetto e ottenere l'approvazione, ma intanto qualcosa si muove.
E si muove così bene che ieri abbiamo discusso le prime proposte dell'architetto.
Se la cosa va in porto, ottimizziamo gli spazi, ristrutturiamo il piccolo annesso e, in pratica, costruendo pochissimo,  stravolgiamo tutto.
Come piace a me.
L'unica cosa che mi spiace è che ho dovuto rinunciare all'idea della stanza vetrata aperta sulla campagna, ma pazienza, mi godrò comunque una zona giorno in cui nessuna parete sarà senza finestre.
E mia madre, impazzirà

giovedì 14 novembre 2013

Tirocinio, il mio e il tuo

Ab ovo ...
Qualche anno fa, insieme a Cicerone ed a Gorgia da Lentini, freschi di laurea come me, decisi di provare a fare il tirocinio forense.
Uscii dall'università con la testa ben infarcita di nozioni, di ardite elucubrazioni, di teorie, insomma di tutto ciò che è indispensabile sapere e fondamentale dimenticare ed andai incontro al mondo.
Avevo guardato, è vero, un po' troppi telefilm americani del genere giudiziario, ma avevo potenti anticorpi che un po' mi avrebbero aiutato.
Primo, i telefilm dell'epoca erano roba tipo Perry Mason, il tenente Colombo, Andy Mc Beal, ed il mitico e mai superato Law and Order; psichiatri forensi, medici legali, scienziati forensi, Nembo Kid e Paperinik non erano ancora pervenuti, e comunque io avevo ben chiaro in mente che volevo, caso mai, diventare un avvocato civilista (accidenti a me, chè i penalisti, ho scoperto poi, si divertono molto di più).
Secondo, sono cresciuta con un babbo che, alla vista di ogni scena riguardante un consulto medico in qualsiasi film o telefilm, scuoteva la testa e non poteva esimersi da critiche feroci.
Per capirsi, non ho mai potuto amare nessun attore dotato di camice bianco dal dottor Kildere in giù  e vi risparmio i commenti sul ER e Dottor House.
Diciamo che avevo bene in mente la distinzione tra: fiction e vita vera.
All'epoca, la pratica durava non meno di due anni, spesso di più, perchè l'esame di abilitazione era a dicembre e quindi se ti laureavi a gennaio, saltavi un turno subito e ripartivi con comodo dal via.
La mia fu equamente divisa a metà.
Il primo periodo lo trascorsi con un dominus giovane e rampante in uno studio in cui si occupavano quasi esclusivamente di ogni tipo di risarcimento dei danni, da quelli medici a quelli conseguenti agli incidenti stradali.
A Firenze, in gergo, si dice che facevamo "parafango".
All'epoca lo facevano in tanti e rendeva bene.
Aveva i suoi vantaggi: mi pagavano con una percentuale sulle pratiche che seguivo e riuscivo a portare a casa, mensilmente, una somma che per me era iperbolica, lavoravo molto e molto in autonomia ed ero sempre nell'arena dal momento che i titolari dello studio preferivano occuparsi della gestione dei clienti e dei rapporti con i funzionari che frequentare il foro.
Certo non c'erano orari, non c'erano garanzie e non c'erano mansioni che potevo rifiutare: a me toccava anche la cancelleria, a me la posta, mia era la frequentazione degli uffici pubblici e mie le trasferte meno piacevoli da effettuarsi di preferenza di sabato chè gli altri giorni c'era da lavorare.
 Ho imparato molto in quell'anno, ho visto e fatto tanto e mi sono fatta un'idea molto precisa su come non volevo fare l'avvocato io.
Il secondo invece, lo trascorsi nello studio di una domina, in un ambiente molto diverso, più pacato e paludato; ci occupavamo di preferenza di diritti reali e contratti, si poteva imparare molto, sulla carta, ma di fatto, non era possibile fare niente, mi venivano affidate solo ricerche e pareri preparatori, non vedevo i clienti, non facevo udienze, non partecipavo davvero alla stesura degli atti.
Facevo la bella statuina e la dama di compagnia, gratis et amore Dei, oltretutto.

Insomma il periodo del mio tirocinio porta in sè i due casi limite in cui possono incappare i neo laureati che cerchino di avvicinarsi alla professione forense.
Due estremi che portano inevitabilmente allo stesso risultato: un fallimento clamoroso, una sberla colossale, una bocciatura preannunciata e meritata.
....Usque ad mala
Cicero e Gorgia hanno fatto la carriera e la fine che hanno fatto, ma io sono ancora qui.
E mi dibatto sempre più nello spinoso problema praticanti.
Non volevamo nessuno all'inizio, poi siamo diventati più possibilisti con i collaboratori secondo l'assunto (sbagliatissimo) che se uno è già abilitato, un'idea di come gira il mondo deve esseresela fatta, poi siamo passati aocnsiderare anche i tirocinanti.
Però: sono abbastanza tronfia e piena di me da non desiderare che qualcuno impari la sua professione a contrariis girandomi intorno, credo che il lavoro anche quello poco più che inutile debba essere remunerato, ma sono anche convinta che, chi si affaccia ad una professione liberale, ad un lavoro autonomo, non debba potere contare su un introito fisso, perchè probabilmente non ce lo avrà.
In questi anni abbiamo visto molti tirocinati, abbiamo fatto dei colloqui e abbiamo preso qualcuno.
E' certo che questo lavoro non è per tutti, ma del resto temo che quat'affermazione possa valere per tutte le professioni
E' certo che c'è gente che, se potesse, chiederebbe a qualcunaltro di respirare per lei.
E' certo che la volontà può molto, ma non tutto, così come il talento.

Però è vero che aver intorno uno curioso e interessato vale molto di più di qualche centinaio di convegni di aggiornamento