lunedì 25 giugno 2018

SSN 2. Grazie

E' passato un mese.
In questo mese sono successe tante cose, belle e brutte: il nuovo governo, la fine della scuola, le elezioni comunali, una bella sentenza, un'impressionante cena della mia classe del liceo.
Sono tutte cose di cui mi piacerebbe scrivere qualcosa, ma non ora.
Ora è giusto ripartire da dove mi sono fermata.
Ripartire con un grazie.
Grazie perchè la mano c'è, il dito pure e sulla funzionalità ci sono ottime prospettive.
Di questi tempi, da queste parti, sembra che il successo medico sia un atto dovuto, ma basta accendere un attimo il cervello per capire che non è affatto così, quindi grazie.
Grazie anche per il servizio.
Altra cosa sulla quale spesso ci sono critiche e polemiche.
A noi è sempre andata bene, devo dire, ma questa volta di più.
Certo quando siamo passati da un codice rosso ad una proposta di dimissione con prenotazione di visita chirurgica, siamo rimasti spiazzati, ma l'informazione è stata chiara e convincente: non aveva senso occupare un letto in attesa di essere visti da chi aveva già esaminato lastre e foto e ritenuto di fare un intervento programmato.
Meglio tornare a casa, riposare una notte nel proprio letto, lasciarsi coccolare, rassicurare i bambini e presentarsi il giorno dopo.
Sono grata al chirurgo, per l'accuratezza e la chiarezza, per la cortesia e anche, per la pedanteria nello spiegare e rispiegare l'intervento.
Grata all'anestesista, per essere venuta a dirmi che non c'erano state complicazioni chirurgiche, ma trattenevano il paziente nel post operatorio solo perchè avevano dovuto fare la totale.
Grata al reparto, perchè è strutturato in modo che i parenti dei pazienti in day hospital possano stare con loro per tutto il tempo, se vogliono.
E all'ente, linee guida, elfi caritatevoli, burberi burocrati, chiunque sia stato quello che ha previsto che alla dimissione sia comunicata la prima visita di controllo, alla prima l'appuntamento per la seconda e così via.
Sono rimasta incantata dalla fisioterapista che ha costruito il tutore. Mi aspettavo un oggetto standard, da adattare allo scopo, e invece ho trovato un vero e proprio laboratorio artigiano in cui, tra un discorso ed un altro, un consiglio e una manipolazione, lastre di materiale sono state tagliate, curvate, provate e riprovate, per confezionare un oggetto su misura.
"Ogni trauma è diverso, ogni persona è diversa, curiamo il paziente non la malattia".
Tanto di cappello 


martedì 5 giugno 2018

Pollice opponibile

Sono seduta in sala d'attesa.
Le pareti azzurre, il pavimento blu, le luci fredde, necessarie in questo piano interrato, mi fanno sentire in uno strano acquario di plastica.
Fluttuo verso il distributore di schifezze nell'angolo e prendo una coca, dovrebbe aiutarmi a tenere sotto controllo la nausea.
Non ti vedo da quando sei salito sull'ambulanza, ma non sono preoccupata per te, eri vigile e reattivo.
Mi preoccupa la tua mano, il tuo dito.
Distrattamente stringo e rilascio la lattina.
Sono gesti così banali, automatici, li facciamo migliaia di volta la giorno.
Ti rivedo.
Urli di là dal vetro della porta, hai sangue dappertutto e con una mano stringi forte l'altra, sei bianchissimo.
E poi ti accasci.
Il mio cervello razionale ci mette un po' a capire, ma l'amigdala ha già trovato le chiavi e sta chiamando il 118.
Ti hanno portato al pronto soccorso di Careggi, in codice rosso, tu dentro ed io fuori.
Nell'edificio di fronte, mi hanno detto, c'è chirurgia della mano: "sono giovani, signora, bravissimi, noi si "comprano" da tutta Italia. Come i calciatori", scherza l'infermiere a cui chiedo notizie.
Sfortuna che io sono cresciuta sentendo parlare di ossa rotte e tendini andati in fuori gioco, saranno anche bravissimi, ma ridurre e ricucire, non sempre vuol dire restituire funzionalità
Aspettiamo-