martedì 31 marzo 2015

Di com'era Attila e come è

Oggi, complice questo (http://lasciasulluscio.blogspot.it/2015/03/alto-potenziale-cognitivo-per-parlarne.html), ho ripensato a come era Attila quando era piccolo ed a come sia diverso Totila pur assomigliandogli molto.
La nostra famiglia ha passato in quegli anni, anni difficili, e sinceramente non saprei dire se a cose diverse, sarebbe stato diverso.
Non saprei dire neanche quante di quelle difficoltà fossero, anche solo in parte, esaltate dal suo essere come è o quanto le sue peculiarità siano state influenzate dal momento.
Sono questioni un po' oziose, forse, o forse no, di certo non mi appassionano.
Resta il fatto che Attila è sempre stato "speciale": un bambino speciale nel posto meno adatto per riconoscere questa sua peculiarità: si rifiutava di andare al nido dopo un mese di "sezione primavera", perchè confessava di non poterne più della routine: canzoncina/giochetti/bagno/merenda/giardino/bagno/pranzo/canzoncine/lavoretti? e come dargli torto? dopo 5 giorni di inserimento non ne potevo più nemmeno io. Aveva retto anche troppo. 
Imparava a memoria i nomi e le funzioni degli attrezzi magnificati su interi cataloghi, un centinaio di pagine di roba? non ci stupivamo affatto, anzi, sorridevamo quando il signor Sthil di turno, lo guardava esterrefatto.

Ti ammorbava l'esistenza con tomi sui dinosauri e discettava di ornitischi e saurischi come io posso fare di gonne a pieghe/gonne plissè? Leggevamo un libro per sera, sarebbe stato strano se non avesse imparato la distinzione.
Chiedeva tremila perchè, ti sfiancava in discussioni e polemiche? Ehm, modalità orgoglio on. Non è mai troppo presto per stimolare il pensiero critico
Era vivace, per carità, ma socievole, c'era da aggiustarsi non poco su certe norme di educazione, ma non era certo un bimbo particolarmente aggressivo, se volavano botte, lui le prendeva.
Il primo anno della scuola per l'infanzia le maestre ci dissero che forse il bimbo non era pronto, dettero la colpa alla mancanza di un percorso al nido, affermarono che era tanto intelligente e certo non era questo il problema, ma magari aveva bisogno di gradualità.
Il secondo, ci chiesero di valutare se fosse opportuno fare degli accertamenti. Li facemmo ovviamente, e dopo un percorso (prima nostro e poi suo) la specialista a cui ci eravamo rivolti ci informò che il bimbo non aveva nessun problema di deficit di attenzione o iperattività, però, aveva riportato punteggi da ragazzino delle medie in alcuni test logico/deduttivi e di competenze linguistiche, da bimbo più piccolo della sua età durante delle "prove" legate alla sfera più propriamente emotiva.
Aveva poco più di 4 anni.
Uscimmo rassicurati ed orgogliosi.
Non è male quando ti dicono che tuo figlio è molto intelligente.
Certe battaglie però rimasero lì, certe difficoltà, il non essere "pronti".
Anzi via via che certe competenze "sociali" diventavano più importanti, la sua particolarità emergeva e non parlo di quella che lo fa brillare in positivo.
Accettammo il consiglio di dargli un sostegno psicologico.
Non lo abbiamo iscritto a scuola da anticipatario, abbiamo aspettato.
Il suo perfezionismo non gli avrebbe consentito di sopportare le sue difficoltà con la maualità fine, se fossero state ancora più pesanti, non avrebbe tollerato di essere diverso dagli altri, più piccolo, l'avrebbe percepito come un'enorme ingiustizia. E le ingiustizie non sono tollerabili.
Fa fatica ancora, su molte cose, gli pesa a volte "non essere come", si sforza, può arrivare ad umiliarsi, e poi ne soffre, a volte esplode, e poi ne soffre.
Si sente solo al mondo e non importa quanto amore ci sia.
Passo certe serate a rassicurarlo, a  mostrargli ciò che ha, che è, quanti lo apprezzano.
Finisce sempre allo stesso modo, occhi sbarrati e domanda imbarazzata: "davvero?"
Per un effetto non poi così strano, si trova a suo agio con un bimbo che ha serie difficoltà di apprendimento, deficit importanti, ma è molto empatico, molto più sicuro di lui nel gestire i rapporti.
Cerchiamo strade, cerchiamo di indicargli strade soprattutto, perchè lui scelga quale percorrere.
Mi sgolo nello spiegare che essere tutti uguali è orribile, mostruoso, innaturale e che lui non è affatto diverso, non più di ogni altro.
Lui è lui e questa è la sola vera cosa meravigliosa, pregi e difetti, inclusi nel pacchetto.
Riconoscerli, conviverci, portarseli in giro per il mondo, è ciò che deve imparare a fare.
Come tutti
Io non sono una mamma che spiana le difficoltà, non appartengo a quella categoria di persone che si sforzano di togliere ogni bruttura, ogni ingiustizia dalla strada dei figli. Consolo, incoraggio, coccolo, ma non rimuovo gli ostacoli, nemmeno quando è la sola cosa che vorrei fare.
Il fatto che siano piccoli non mi pare una buona ragione per presentare loro un universo diverso da quello che è, da quello in cui tutti noi viviamo, non vedo come, poi, potrebbero frequentarlo da adulti mediamente competenti e felici..

Vale per entrambi, ovviamente, ma per Attila a volte è più difficile.
E' come se lui non avesse pelle e tutto potesse toccarlo nel profondo, ma al contempo, è come se lui avesse una spessa corazza che lo rende intoccabile, un'intoccabilità di cui può essere prigioniero, volontario, certo, ma non per questo meno sofferente.
E per fortuna ci sono le cartine di yughioh (che io odio. Giocateci un'ora e capirete perchè, ma lo introducono in un gruppo in cui può sentirsi a suo agio e nel quale, lui, è solo uno molto bravo a dare battaglia) 

mercoledì 25 marzo 2015

La cucina

La nostra cucina è d'acciaio, tutta d'acciaio.
Quando il mio babbo la vide, 12 anni fa, lui, che non fa commenti per principio, sogghignò un: "tutte le volte che mangerò da te mi sembrerà di essere ancora in sala operatoria".
Mi offrii di comprare una tovaglia verde, tipo telo sterile, e la chiudemmo li.
Ovviamente la chiudemmo lì con lui, chè il resto del mondo ancora commenta, apprezza, denigra, dispensa consigli, tentenna il capo e fa osservazioni, soprattutto, sulla (supposta) lucidatura serale.
A noi piace.
Non è la cucina a più bassa manutenzione che si possa immaginare, questo è certo, ma ha i suoi punti di forza.
L'unica cosa di cui mi sono pentita sono i cestoni al posto degli sportelli; saranno anche comodi, ma ti costringono ad impilare pentole e stoviglie in torri pericolanti.
Meglio, costringono me chè magari, se una fosse più minimal nella dotazione non avrebbe problemi.
La zona cucina è destinata a cambiare, diventerà più ampia, e continuare con l'acciaio significherebbe costruire una cosa davvero pesante, da mensa scolastica o ristorante.
Cambiarla però non è nelle cose.
Primo per i costi, secondo perchè ci piace ancora, terzo perchè siamo davvero fissati con il riciclo, il riuso e la sostenibilià (l'ho detto dei costi?)
Molestando pesantemente la tipa che ci aiutò allora, siamo riusciti ad ottenerere un'integrazione che ci sembra piacevole. In sostanza non tocchiamo la parete con i mobili che abbiamo, ma quella che ci piazziamo in perpendicolare la facciamo bianca con il piano in marmo, riusiamo il cestone che adesso sta di schiena alla zona forno per allungare l'isola centrale ed al di là ci appoggiamo dei mobili nuovi. Rifacciamo il piano dell'isola da acciaio a marmo, fianchi compresi, in modo che si formi una specie di arco, sotto al quale da un lato si trovano i mobili nuovi bianchi e dall'altro forno e cestone in acciaio.
Lasciamo il frigo come è.
Dai rendering sembra una bella soluzione, forte, ma con una certa omogeneità, un'idea conduttrice unica, insomma una cosa voluta e studiata e non una soluzione di fortuna, per non spendere.
Solo che, per esperienza, la maggior parte dei rendering, non rende proprio un tubo.
E se mi fa schifo?


lunedì 23 marzo 2015

Soldi

Quando ero piccola e volevo ardentemente l'ennesimo giocattolo, mia madre mi cantava, invariabilamente, questo vecchio motivetto

che io ovviamente odiavo.
Ora che studiamo finiture e materiali, (pezzi di) cucine ed armadiature, piastrelle e parquet, devo cantarmelo da sola.
E lo odio ancora di più.

mercoledì 18 marzo 2015

Dolce e Gabbana; Elton John e cose serie

Scrivo per mettere in ordine i pensieri.
Potrebbe non essere un bene per chi si trovasse a leggere.
1) Come ho già detto credo nel sacrosanto diritto di ciascuno di aprire la bocca e dare fiato. Temo di più (ma molto di più) quelli che vorrebbero zittire i cretini dei cretini.
2) Il fatto che i cretini possano esprimersi liberamente non significa che chi non è d'accordo con loro non possa  liberamente appellarli col nome che meritano (a modino però chè poi si fanno le querele)
3) sono favorevole ai matrimoni  tra persone dello stesso sesso ed all'adozione, spero ogni giorno che venga regolato il problema dei figli di coppie omosessuali che al momento hanno un solo genitore  e sono contenta che la giurisprudenza si stia muovendo in tale senso. 
4) credo che molti di quelli che si stanno scagliando addosso a Dolce e Gabbana non abbiano letto l'intervista (in lingua originale) ma solo i commenti o i commenti dei commenti. Lo credo perchè è successo anche a me. E me la sono andata a cercare il giorno dopo. La cosa è imperdonabile ai miei occhi perchè prima di pensare che uno è un cretino devi essere sicuro di ciò che sostiene e non di ciò che altri pensano sostenga.
5) Non credo che uno, perchè è gay/etero/transgender/bello/brutto/ricco/povero/intelligente/scemo debba per ciò solo porsi nell'ottica di ciò che si ritiene (chi poi?) utile al suo gruppo di appartenenza. Anzi a dire il vero è una cosa che trovo tristissima e poco utile. Ne parlavo pochi giorni fa con un'amica molto coinvolta nelle varie battaglie sociali (si chiama Sabrina Ancarola potete cercarvela da soli perchè ha troppe cose in ballo per citarle tutte. E mi sta anche un po' antipatica chè mi ha attaccato la varicella da bambina). Ne parlavamo a proposito dell'annosa questione Dalla - coming out - diritti del compagno, ma va benissimo anche qui.
5) La mia impressione, dopo avere letto quell'intervista, è che Dolce (più che Gabbana che anche questa cosa di considerarli un'essere solo è molto più che spiacevole) sia una di quelle persone cui di figli, matrimonio e famiglia non gliene  può fregare di meno. Vogliamo fargliene una colpa? Possiamo eh! ma ci porterebbe lontano nel tempo direi. Allora se non è una colpa non è neanche terribile dire che "sono gay, non posso "farmi" i figli da me, mi va bene così, alla fine si può anche rinunciare a qualcosa nella vita". Non so voi, ma io conosco persone che si sono dannate l'anima per avere un figlio, alcune hanno adottato, altre sono ricorse alla fecondazione assistita, alcune (nel vigore della mai troppo vituperata legge 40) sono andate all'estero per fare l'eterologa. Altre hanno detto: non mi viene? amen. Forse non lo volevano abbastanza o forse non lo volevano in quel modo. E' una colpa.? No. E se non lo è per un eterosessuale deve esserlo per un omosessuale? ditemi di no, vi prego chè io ci vedo una discriminazione se no.
Ora per allargare il discorso chè a me non interessa troppo fare l'esegeta di Dolce e Gabbana mi chiedo: è un obbligo per un gay dire con chi preferisce andare a letto? Lo è soprattutto se è un personaggio pubblico? ed è una colpa dire non voglio figli? non voglio sposarmi, non voglio quelle che saranno anche conquiste sociali, ma che a me, per me, non interessano?
Di più: è un obbligo per un gay (e non per un gay) sostenere che ogni forma di procreazione medicalmente assistita sia apprezzabile solo perchè è la sola che rende possibile per una coppia, di omosessuali nello specifico, ma anche in generale, avere un figlio che abbia (o possa avere) in quanto tale, parte del loro corredo genetico?
Ho trovato terribile il riferimento ai bambini "chimici" chè i bambini sono bambini in qualsiasi modo siano stati concepiti o siano nati, ma ecco, forse sono una retriva conservatrice, però sulla tecnica della madre surrogata, qualche dubbio ce lo avrei e mi piacerebbe un approfondimento. Non ne faccio una questione di genitore che genera e genitore che alleva, ma una questione di persone coinvolte, piccole e grandi, di meccanismi anche psicologici, di motivazioni personali e sociali.
E no, non mi basta la storia che siamo liberi, "il corpo è mio" e via discorrendo.
Sono semplificazioni da superficiali chè qua, a Careggi, dove ogni compenso è vietato, cercano donatori di spermatozoi ed ovociti.
Ma di ovociti non ne trovano. Forse sarebbe il caso di chiedersi perchè.
Non per revisionismo, bieco biologismo o che so io, per capire e magari intervenire.
Infine concedetemelo, voglio fare i complimenti ad Elton John ed al suo addetto stampa, al primo per la coerenza (e speriamo che la Vanoni abbia aspettato a dare via il cincillà e la Navratilova le magliette chè se no, chi glielo spiega?), al secondo per l'arrampicata sugli specchi degna di Scajola e della casa comprata a sua insaputa (le foto sono vecchie, no son di ieri, sono fotoshoppate, no sono vere, è vecchia la borsa chè Elton gira come me quando porto la roba in lavanderia, no aspetta, ecco ....fatemi sentire con cosa si sono ubriacati gli addetti stampa di D & G va, magari mi comoda).

lunedì 16 marzo 2015

Sabato

Sabato mattina ci siamo alzati presto, perchè avevamo un impegno.
Prima di uscire però, ho fatto i pancake, così perchè fosse chiaro che apprezzavo lo sforzo, per cercare di evitare che in tarda mattinata qualcuno giurasse e spergiurasse di essere sull'orlo del decesso per inedia, e perchè era il compleanno di Attila cui, inspiegabilmente, piacciono tanto
Li hanno mangiati con lo sciroppo d'acero o, se preferite dirla come Totila, con "il tabasco giallo, ma dolce, non piccante" recuperando un po' di vivacità ad ogni boccone.
Finita la colazione siamo partiti.
L'appuntamento era alle 10,00 in via Romana, 17, secondo piano, biglietti fatti.
Ci aspettavano la guida degli amici dei musei di Firenze e la Specola.
La Specola è il più antico museo scientifico d'Europa, cosa che la rende (o può renderla) un fantastico museo nel museo giacchè non offre solo la possibilità di vedere quelle tra le sue collezioni che sono rimaste esposte in palazzo Bini - Torrigiani, ma anche di scoprire come venisse allestito un percorso espositivo tra il 1700 ed il 1800.
In questo senso, è bene dirlo, è molto diversa dai musei più moderni; anni luce la distinguono dal Muse per citare il nome di un altro luogo italiano che potrebbe esserle accostato.
A La Specola non ci sono postazioni interattive, nè immensi cartelloni, le sale sono divise in base ai reperti raccolti, contenuti in teche di legno e vetro, i cartellini sono redatti a mano, con inchiostro nero seppia.
Secondo me, uno che ci entri capra, ci esce capra.
Uno che si è preso la briga di raccogliere qualche informazione o farsi accompagnare, ne esce immensamente arricchito.
In ogni caso, la nostra guida aveva il compito di introdurci alla sola collezione zoologica ed ai 5000,00 reperti esposti (una minima parte di quelli posseduti): dagli invertebrati agli elefanti, passando per un coccodrillo proveniente dall'antico Egitto (ah le spedizioni archeologiche ottocentesche!), al diavolo della tasamnia, da vermi di cui non voglio sapere il nome, al rinoceronte bianco, dagli squali a decine e decine di felini, dagli oranghi ai fenicotteri, dai luì al famoso ippopotamo di Boboli (e noi ci lamentiamo se i bambini chiedono un gattino).
Non impazzisco per questo genere di collezioni, l'ho già detto ai tempi della nostra visita al Muse, ma certo un museo con 50 - 100 riproduzioni per quanto appetibile sotto il profilo tecnologico e della fruizione, non è nemmeno paragonabile alla ricchezza ed imponenza di ciò che abbiamo visto.
Salutata la paziente guida, ci siamo addentratri nelle sale della cd collezione anatomica.
Anche questa è unica al mondo per antichità e per vastità, fu iniziata infatti da un signore davvero illuminato, il Granduca Pietro Leopoldo, lo stesso a cui la Toscana deve l'onore di essere stato il primo Paese al mondo che ha abolito la pensa di morte
Insomma a Pietro non piaceva tanto che i futuri medici, per studiare, dovessero sezionare cadaveri su cadaveri e quindi volle che venissero creati modelli e statue di cera per insegnare l’anatomia.
Questi modelli, più o meno 1500,00 in tutto (esposti a rotazione) sono in cera, resine e coloranti e sono incredibilmente fedeli al vero perchè sono stati estratti, attraverso procedimenti piuttosto complessi, da persone vere il cui corpo, come si suol dire, è stato più o meno consapevolmente  donato alla scienza. 
Ci siamo posti il problema se fosse opportuno portare i bimbi in quelle sale che, certo, possono un po' impressionare, ma alla fine la verità è che non troviamo niente di male nel mostrare loro come siamo fatti, anzi ci è parso opportuno evitare il rischio che, scioccamente, si crei  un senso di orrore, paura o proibito davanti ad una scatola toracica o a un sistema nervoso.
Sarebbe ipocrita da parte nostra, mostrare i cartoni animati dell'albero della vita per aiutarli a comprendere e poi, nascondere come è fatto nella realtà quel corpo che quegli omini (un po' pedanti) raccontano loro.
Purtroppo il nostro giro è finito qui, perchè non avevamo prenotato l'accesso alla sala degli scheltri nè all'osservatorio astronomico, ma Attila tornerà tra due settimane per il suo laboratorio di robotica e chissà, potrei integrare

Venerdì

La settimana, lavorativamente parlando, si è chiusa malino: E, io e le nostre clienti siamo uscite dal Gotham city alle tre passate, con solo due ore di ritardo rispetto al prevedibile.
Quelle due ore, poi, le abbiamo passate a parlare di M., di come sta davvero, al netto delle professioni di forza chè io, al contrario di E., non ho con lei un contatto quotidiano e le mani obbligate ai guanti di lattice imbevuti di paraffina, non le avevo ancora viste.
Hanno ragione i medici, ovviamente, lei, ostinatamente elegante, capace di alzarsi più o meno ogni mattina e venire alla sua scrivania, farsi la spesa, spettegolare, è un successo insperato.
Guardano i dati: il tipo di cancro, l'organo colpito, la data dell'intervento, gli esiti degli esami e pensano che lei è fortunata (e loro sono stati bravi). Così quando si lamenta dei sui acciacchi, dei suoi dolori, della sua immane battaglia, le danno consigli pratici, esprimono cortesemente e con (il necessario) distacco, vicinanza emotiva, ma non le danno troppa soddisfazione. Almeno non quella che vorrebbe lei.
Io la capisco, ci sono momenti e persone, addosso alle quali vorresti solo rannicchiarti, anche metaforicamente, per sentirti dire che va tutto bene e tutto andrà bene.
Capisco anche loro, però, per loro, lo ripeto, lei lì è già un successo, lei è l'1%; le mani che sanguinano, lo stomaco che non digerisce, sono circostanze spiacevoli, su cui lavorare, ma non possono non apparire secondarie.
Lei parla giustamente di qualità della vita e loro giustamente pensano che è già tanto averla una vita, nel suo caso.
Non è una gara. Non c'è un punto di vista giusto nè uno sbagliato.
C'è solo una situazione che vorremmo non si fosse presentata mai.
E' passato così il mio venerdì, con la testa persa dietro i ricordi.
Mia nonna, nel suo letto, che si sforza di ridere davanti alle mie esibizioni ingenue di bambina, ma soffre molto e senza speranza, col solo conforto della morfina che suo marito, mio nonno, le somministrava assumendosi un rischio personale, concreto e pesante.
Mia zia, che beneficia di cure quasi incredibili pochi anni prima, il suo trapianto, la speranza vera e poi, l'altalena di sentimenti e non solo di sentimenti. Alla fine, almeno, una seria terapia del dolore.
La Nina, la Nina ed il suo coraggio, la sua forza, la sua serenità, roba che, insieme alle cure, le ha concesso più di un decennio di vita vera: la casa, il marito, i nipoti da vedere crescere, la pizza con i miei, il mio matrimonio, le "gite" in giro per il mondo. Il suo tumore non poteva essere vinto, ma il progresso della medicina ha fatto di lei una malata cronica con alcune limitazioni e molte possibilità e l'ha aiutata fino all'ultimo giorno.
E ora c'è M cui auguro il miracolo.
A me, invece, auguro di crederci

lunedì 9 marzo 2015

la manicure

Oggi è il giorno della manicure.
Non so che colore è stato scelto, non me lo dicono, tanto è lo stesso, il nude è escluso a priori ed è l'unico con cui non sembro la signora Pia, la moglie del macellaio, quella che quando ero bambina, stava appollaiata alla cassa con le dita coperte di anelli, accatastati alla rinfusa, e lo smalto rosso rosso.
Non mi importa, in realtà, non vado per la manicure.
Vado per M.
Sarà lei a stenderlo sulle unghie di tutte noi, tentennando sconsolata il capo quando allungherò le mie mani sulla sua scrivania e constaterà, ancora una volta, che no, non ho nemmeno una base. Nulla.
M. ha un cancro al pancreas.
Ce l'ha da un po' ormai.
Ragione per cui gli aperitivi sono esclusi.
Le chiacchiere tra donne, preferibilmente frivole, invece sono caldamente consigliate.
Il suo oncologo non lo sa, ma pare siano un rimedio portentoso nel suo sforzo quotidiano di "andare in culo" alle statistiche di sopravvivenza.
Oggi quindi toccherà sforzarsi più del solito chè il buon dottore l'ha posta bene, ma l'ulitma notizia è che il tumore non è radiabile e quindi continueranno con i cicli di chemioterapia.
Fino a quando?
Finchè qualcuno non vince.
Io tifo per quella con uno strepitoso nuovo taglio di capelli, la linea perfetta esaltata da vestiti eccentrici e l'abbronzatura perenne
(chè voi, chiacchieroni, dite quello che volete, ma dopo i quaranta è più elegante tagliare, la linea è sempre importante e dover bilanciare pasti ed enzimi è solo un buon promemoria ed è meglio, molto meglio una carnagione marrone cuoio che giallo ittero)

lunedì 2 marzo 2015

Pollicino: la loro prima "opera"

Mio marito ed io amiamo la musica classica, soprattutto l'opera.
Non è una scelta intellettuale, non la apprezziamo, nè pensiamo che sia importante/interessante/giusto ascoltare un certo tipo di musica.
Ci piace.
Punto.
Funziona, per me almeno, un po' come con la cucina o il vino, se mi spiegano per ore cosa sto per bere o mangiare, mi passa la poesia.
La spiegazione, la conoscenza di un passaggio, una scelta tecnica, un contesto, arricchiscono una cosa che già c'è.
Per istinto, forse, per passione o per amore.
Gli unni sono esposti a questa gente che "strilla e non si capisce" dalla più tenera infanzia, ma non potrei dire che la ascoltino davvero, forse la sentono, di certo scorre loro sopra mentre fanno altro.
Non mi piace l'idea di spingere i figli verso le nostre passioni, preferirei trovassero le loro, penso però che sia più facile scoprirle se si ha un panorama il più ampio e variegato possibile davanti.
Dopo di che, sono una persona terribile, quindi, siccome a me piace, almeno provare, tocca.
Così sabato siamo andati a vedere una favola in musica messa in scena dal Teatro dell'Opera con i musicisti del Cherubini e giovanissimi protagonisti.
Niente a che fare con la prosa, nè con i cinema - teatro frequentati finora.
Intanto, il teatro, il Goldoni, è un posto perfetto, è piccolo, ma ha i palchi, la buca per l'orchestra, una profusione di stucchi e di cristalli, un vero foier e persino gli inservienti in divisa che accompagnano ai posti assegnati.

Poi c'era un orchestra vera, con un direttore, vero, in frac, e bambini e ragazzi che cantavano dall'inzio alla fine. Cantavano anche gli adulti, ovviamente, ma quelli pare non contino.
Totila era tronfio ed impettito come un piccolo principe, Attila silenzioso e incantato.
 Io ero felice come una bimba perchè assistere ad una rappresentazione a teatro mi fa sempre questo effetto, farlo con loro, spiare le espressioni sui loro visetti, aggiungeva magia a magia.
Lo so, ci sono moltissimi supporti tecnologici, ed ascoltare un artista sublime, in una delle sue migliori incisioni, mille miliardi di volte, è uno degli effetti più piacevoli del progresso, ma datemi una poltrona, un'orchestra che prende posto e subito si rialza per accogliere il suo direttore, passi pesanti sul tavolato, sudore e fatica, datemi una cosa viva che non è mai uguale a se stessa.
E sarò felice 
Non lo pretendo, non me lo aspetto, ma mi piacerebbe tanto se potessimo condividerlo