venerdì 7 novembre 2014

ti voglio bene

Scrivo due righe, col cuore e molto fegato, ad una vecchia amica che penso tanto, ma non cerco mai, perchè semplicemente non so dove sono finita, io non lei, in questa corsa continua, e gliele scrivo pure all'indirizzo del lavoro.
Mi risponde nell'arco di dieci minuti attaccando con "ti voglio bene".
Ecco.
Dirsi i sentimenti così, come da bambini, è cosa a cui non sono abituata fuori dal cerchio più intimo della mia famiglia o da circostanze dall'enorme portata emotiva.
Non sono nè timida, nè pudica, ma mi rimane più facile fare un gesto, abbozzare un abbraccio o una carezza, provare ad essere vicina, a capire o, il che in fondo è l'importante, ascoltare.
Sarà che certe parole troppo spesso, mi sembrano non avere peso nè valore, sarà che, quando ce l'hanno, espongono molto di più della nudità fisica, o più probabilmente sarà, come per tutto, che ciò che conta per me è il contesto, l'insieme.
In fondo una manifestazione d'affetto distribuita indiscriminatamente, a me come all'universo mondo, mi fa lo stesso effetto di una nudità casuale, in palestra, dal medico, in spiaggia
Mi lascia indifferente.

Invece quella risposta, un po' esagerata è stata bella.
Molto.

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