giovedì 17 novembre 2016

Teatro. E scarpe da

Ieri era la giornata internazionale contro la violenza sulle donne.
Oggi è quella del neonato prematuro.
Mi premono entrambe moltissimo.
Se non ve ne siete accorti, però, non vi preoccupate.
Ormai ogni giorno è una giornata internazionale, io per dire, aspetto con impazienza crescente anche quella della commiserazione per chi ha i capelli ricci in una stagione umida.
Detto questo.
L'ordine cui appartengo con alterna soddisfazione, ieri organizzava una rappresentazione teatrale sul tema: Artemisia Gentileschi, la forza del dolore.
Artemisia è una donna affascinante, ha dipinto una Giuditta che sgozza Oloferne che è una vera meraviglia, accostabile a un Caravaggio, più bella della Giuditta di Caravaggio, per me.
Stupenda
Tutte le volte che la guardo, mi chiedo se le sarebbe venuta così se non l'avessero stuprata e se non avesse dovuto affrontare un processo in cui, bada strano, toccò a lei giustificarsi e dimostrare di non essere una puttana.
L'arte sublima la vita no?
La rappresentazione era alle 21,00.
Bell'orario le nove in una giornata di lavoro.
Abbiamo palleggiato i bambini, organizzato una cena dopo teatro (chè prima per me è merenda), ma farcela a passare da casa per cambiarsi era troppo.
Andare a teatro in grisaglia?
Escluso
E poi...ho comprato una gonna qualche giorno fa.
Una gonna a ruota, di raso di seta, pesante, appena lucida, grigio perla.
Una gonna che è un omaggio a certi film di Hitchock, a Grace Kelly, ai cataloghi del New Look di Dior.
Niente che c'entri qualcosa con la mia vita.
Quindi perfetta.
Per tutto il giorno la gonna se ne è stata quieta insieme a calze grosse e francesine, consapevole di mettermi un po' a disagio.
In borsa però avevo calze 5 denari (un suicidio, le guardi prima di aprire la confezione e sono rotte) pochette assolutamente inutile e scarpe da teatro.
Le conoscete le scarpe da teatro?
Le scarpe da teatro devono essere bellissime, attrarre l'attenzione e gli sguardi di tutte le donne presenti (ai maschi in genere interessano altre cose), ma non consentire più di un centinaio di passi, meglio qualche decina in meno.
Prima di indossarle è opportuno calcolare bene: 5 passi dalla macchina all'ingresso, 10 nel foyer, 7/8 scalini, 20 passi massimo fino alla poltrona, 2 minuti in piedi per salutare eventuali conoscenti, poi finalmente seduta, gambe parallele, ginocchia accostate (mai cedere alla gamba accavallata, chè se poggi tutto il corpo su un piede poi auguri), all'intervallo è consentito alzarsi, ma non azzardare più della fine della fila, massimo il corridoio, niente ridotto sia mai, e dopo, per la cena, il ristorante deve essere in fondo alla strada, non oltre.
Il giorno dopo, comunque, scarpe da ginnastica, comode.
Naturalmente io ce l'ho.
Io ne posso fare commercio di scarpe da teatro.
Comprerei solo quelle
Già.
Solo che in centro a Firenze non parcheggiano nemmeno i capi di stato, figurarsi noi, e dallo studio al teatro ci saranno 5 minuti di passeggiata .
Bellissima per altro, tra la Sinagoga e sant'Ambrogio.
Andiamo a piedi, dice lui, con le sue stringate del cavolo.
Ma certo!
Cinque minuti di passeggiata piacevole, si trasformano con quelle cose ai piedi, in 20 minuti di supplizio, se sei in ritardo e ce ne devi mettere tre, hai solo una speranza: essere una disgraziata.
Ed io, modestamente...
Ho fatto tutto il percorso con una gonna che mi ballava intorno con grazia, un cappotto delicatamente accostato, il rossetto steso con cura; sembravo quasi una signora se non fosse stato per le scarpe.
Le scarpe saldamente strette in mano.
Ho caracollato, sulle punte naturalmente, imprecando per le calze, osservando ogni centimetro di marciapiede, scavalcando pisciate di cane e biciclette e, subito prima di girare l'angolo, mi sono infilata quegli splendori.
5 passi.
Ero dentro.
Ed eccomi qua, quella che non può che tacere quando qualcuno si stupisce che certe donne, nei secoli "bui", morissero per essersi fatte stringere troppo un corsetto.
Che potrei dire?
Mi poteva andare peggio?



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