mercoledì 30 novembre 2016

Il luddista che è in me, il luddista che è in te

Il luddista che è in me
Dentro di me c'è un luddista.
Una veramente, chè è sicuramente femmina.
Non distrugge macchinari industriali innovativi, ma si oppone strenuamente a certi effetti di una certa rivoluzione tecnologica.
E' molto impegnata a tessere a mano la stoffa per i suoi abiti, a bollire la biancheria nel calderone con la cenere e, naturalmente a produrre il sapone col sego del maiale e la soda.
Sarà per questo che in genere non gode di troppa considerazione: non so se avete idea di come vengano i capelli lavati col sapone, però su certi argomenti non mi lascia scampo.
Così io non compro roba on line. Niente vestiti o pentole, cosmetici o scarpe, lenzuola o soprammobili.
Certo scarico libri, musica, contenuti multimediali, ma non acquisto beni "fisici".
Non mi piace.
Capita che la mia luddista ed io, ci sediamo con un device e curiosiamo su questo o quel prodotto, ma se ci innamoriamo, andiamo in negozio ad annusarlo, provarlo, soppesarlo.
Ho bisogno del luogo fisico per divertirmi.
Per questo mi dici ridendo che sono proprio strana e non posso sperare di fare affari on line visto che faccio l'esatto opposto della gente "normale".
Nel tuo ragionamento, verissimo per altro, i "normali" sono quelli che molestano poveri commessi ignari facendosi dare mille e mille informazioni su un prodotto (ovviamente standard e standardizzato) che hanno la ferma intenzione di acquistare su qualche sito.
Il "prodotto" è qualsiasi cosa, anche un paio di scarpe.
Non che tu abbia torto naturalmente, ma, a parte il fastidio di importunare una persona a vuoto, la verità è che la mia luddista ed io professiamo una religione che discrimina pesantemente chi compra le scarpe on line.
Posso solo dire a mia difesa che, in materia di  scarpe, non ho un atteggiamento razionale.
Il luddista che è in te
Il luddista che è in te è diverso.
Non sono nemmeno sicura tu sia consapevole di ospitarne uno, ma c'è ed è pure invadente, sappilo.
Certo non si oppone all'acquisto di bigiotteria on line e nemmeno di cosmetici.
Non si strappa i capelli se compri cachemere (asseritamente) italiano da una società americana che ti spedisce un pacco via aerea da là (o così dice)
Non ti tiene lontana da whatsapp.
E per fortuna tua non ti impedisce di lavorare, come tutti, attaccata ad aggiornamenti e mail.
Però si impone e stravince quando si tratta di bambini
Ti ascolto e mi ricordi una mia vecchia conoscenza, ex bimba obesa, che vietava ai figli ogni tipo di dolce in via precauzionale.
Lei ovviamente ne mangiava di quando in quando.
Siamo tutti d'accordo che c'è molto di più al mondo dell'accesso alla tecnologia e che i bambini dovrebbero potere giocare, muoversi, stare insieme, stare soli, leggere, ammorbare i genitori con richieste inopportune (non sono forse deliziosi quando lo fanno?) e via e via.
Solo che non capisco perchè l'accesso ad un computer dovrebbe distruggere tutto questo.
E no, non parlo delle lezioni di informatica.
Quelle sono come la teoria a scuola guida.
Utile per carità, ma non impari a guidare perchè hai studiato come è fatto un motore.
I device sono strumenti come tutti gli altri, strumenti indispensabili, è bene che imparino a maneggiarli con l'aiuto ed il controllo (continuo e discreto) dei grandi finchè sono piccoli, perchè altrimenti prima o poi si aprirà loro un mondo che non sapranno gestire.
Lo sai come è finita ai bambini della mia conoscente?
La prima volta che sono andati ad una festa senza la mamma, si sono ingozzati fino a stare male e nessuno si spiegava come potesse essere successo che non sapessero controllarsi.
Io ci penserei.
Pippo può venire da noi quando vuole, Attila sarà felice di mostrargli il suo computer (da lontano chè lo fa toccare solo al padre)






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