martedì 31 marzo 2015

Di com'era Attila e come è

Oggi, complice questo (http://lasciasulluscio.blogspot.it/2015/03/alto-potenziale-cognitivo-per-parlarne.html), ho ripensato a come era Attila quando era piccolo ed a come sia diverso Totila pur assomigliandogli molto.
La nostra famiglia ha passato in quegli anni, anni difficili, e sinceramente non saprei dire se a cose diverse, sarebbe stato diverso.
Non saprei dire neanche quante di quelle difficoltà fossero, anche solo in parte, esaltate dal suo essere come è o quanto le sue peculiarità siano state influenzate dal momento.
Sono questioni un po' oziose, forse, o forse no, di certo non mi appassionano.
Resta il fatto che Attila è sempre stato "speciale": un bambino speciale nel posto meno adatto per riconoscere questa sua peculiarità: si rifiutava di andare al nido dopo un mese di "sezione primavera", perchè confessava di non poterne più della routine: canzoncina/giochetti/bagno/merenda/giardino/bagno/pranzo/canzoncine/lavoretti? e come dargli torto? dopo 5 giorni di inserimento non ne potevo più nemmeno io. Aveva retto anche troppo. 
Imparava a memoria i nomi e le funzioni degli attrezzi magnificati su interi cataloghi, un centinaio di pagine di roba? non ci stupivamo affatto, anzi, sorridevamo quando il signor Sthil di turno, lo guardava esterrefatto.

Ti ammorbava l'esistenza con tomi sui dinosauri e discettava di ornitischi e saurischi come io posso fare di gonne a pieghe/gonne plissè? Leggevamo un libro per sera, sarebbe stato strano se non avesse imparato la distinzione.
Chiedeva tremila perchè, ti sfiancava in discussioni e polemiche? Ehm, modalità orgoglio on. Non è mai troppo presto per stimolare il pensiero critico
Era vivace, per carità, ma socievole, c'era da aggiustarsi non poco su certe norme di educazione, ma non era certo un bimbo particolarmente aggressivo, se volavano botte, lui le prendeva.
Il primo anno della scuola per l'infanzia le maestre ci dissero che forse il bimbo non era pronto, dettero la colpa alla mancanza di un percorso al nido, affermarono che era tanto intelligente e certo non era questo il problema, ma magari aveva bisogno di gradualità.
Il secondo, ci chiesero di valutare se fosse opportuno fare degli accertamenti. Li facemmo ovviamente, e dopo un percorso (prima nostro e poi suo) la specialista a cui ci eravamo rivolti ci informò che il bimbo non aveva nessun problema di deficit di attenzione o iperattività, però, aveva riportato punteggi da ragazzino delle medie in alcuni test logico/deduttivi e di competenze linguistiche, da bimbo più piccolo della sua età durante delle "prove" legate alla sfera più propriamente emotiva.
Aveva poco più di 4 anni.
Uscimmo rassicurati ed orgogliosi.
Non è male quando ti dicono che tuo figlio è molto intelligente.
Certe battaglie però rimasero lì, certe difficoltà, il non essere "pronti".
Anzi via via che certe competenze "sociali" diventavano più importanti, la sua particolarità emergeva e non parlo di quella che lo fa brillare in positivo.
Accettammo il consiglio di dargli un sostegno psicologico.
Non lo abbiamo iscritto a scuola da anticipatario, abbiamo aspettato.
Il suo perfezionismo non gli avrebbe consentito di sopportare le sue difficoltà con la maualità fine, se fossero state ancora più pesanti, non avrebbe tollerato di essere diverso dagli altri, più piccolo, l'avrebbe percepito come un'enorme ingiustizia. E le ingiustizie non sono tollerabili.
Fa fatica ancora, su molte cose, gli pesa a volte "non essere come", si sforza, può arrivare ad umiliarsi, e poi ne soffre, a volte esplode, e poi ne soffre.
Si sente solo al mondo e non importa quanto amore ci sia.
Passo certe serate a rassicurarlo, a  mostrargli ciò che ha, che è, quanti lo apprezzano.
Finisce sempre allo stesso modo, occhi sbarrati e domanda imbarazzata: "davvero?"
Per un effetto non poi così strano, si trova a suo agio con un bimbo che ha serie difficoltà di apprendimento, deficit importanti, ma è molto empatico, molto più sicuro di lui nel gestire i rapporti.
Cerchiamo strade, cerchiamo di indicargli strade soprattutto, perchè lui scelga quale percorrere.
Mi sgolo nello spiegare che essere tutti uguali è orribile, mostruoso, innaturale e che lui non è affatto diverso, non più di ogni altro.
Lui è lui e questa è la sola vera cosa meravigliosa, pregi e difetti, inclusi nel pacchetto.
Riconoscerli, conviverci, portarseli in giro per il mondo, è ciò che deve imparare a fare.
Come tutti
Io non sono una mamma che spiana le difficoltà, non appartengo a quella categoria di persone che si sforzano di togliere ogni bruttura, ogni ingiustizia dalla strada dei figli. Consolo, incoraggio, coccolo, ma non rimuovo gli ostacoli, nemmeno quando è la sola cosa che vorrei fare.
Il fatto che siano piccoli non mi pare una buona ragione per presentare loro un universo diverso da quello che è, da quello in cui tutti noi viviamo, non vedo come, poi, potrebbero frequentarlo da adulti mediamente competenti e felici..

Vale per entrambi, ovviamente, ma per Attila a volte è più difficile.
E' come se lui non avesse pelle e tutto potesse toccarlo nel profondo, ma al contempo, è come se lui avesse una spessa corazza che lo rende intoccabile, un'intoccabilità di cui può essere prigioniero, volontario, certo, ma non per questo meno sofferente.
E per fortuna ci sono le cartine di yughioh (che io odio. Giocateci un'ora e capirete perchè, ma lo introducono in un gruppo in cui può sentirsi a suo agio e nel quale, lui, è solo uno molto bravo a dare battaglia) 

2 commenti:

  1. E’ un percorso complesso ma sento molta positività nelle tue parole, siete stati davvero bravi, ne sono felice. Tuo figlio rientra decisamente tra i bambini ad alto potenziale cognitivo, credo potrebbe trovarsi bene con i ragazzi seguiti dal LabTalento di Pavia, ci sono campi estivi e altre riunioni ... è un pensiero che mi è venuto così.
    Ascoltando le storie come quella di Attila (e quindi la vostra) mi rendo conto quanto invece sia diverso per mio figlio, quanto la precocità cognitiva sia sono un pezzo della storia. Ho imparato tanto sulla plusdotazione, abbastanza da capire che i conti non tornano, che qualcosa è stato trascurato perché “nascosto”. E dopo 10 anni sono abbastanza arrabbiata, con me che non ho saputo capire e agire meglio e con i tanti specialisti che si sono fermati alla crosta.
    Ora forse siamo sull strada giusta e incrocio le dita, non cerco altre etichette ma una modalità di comunicazione che permetta a me e al mio bambino di capire davvero e fare quei passi avanti che solo con l’amore non possiamo fare.

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    1. Non credo sia il caso di essere arrabiate sai? non con te stessa almeno.
      Il fatto è che ci dobbiamo conoscere e poi riconoscere, mettere insieme chi siamo noi e chi loro, aspettative, fantasie, "immagini di normalità", comportamenti che ci mettono a disagio (giudizi su di loro e su di noi, chè si sa se un bimbo dà problemi tu sei un pessimo genitore) o che ci gratificano (per cui non ne vediamo i rischi).
      Capita anche di cercare le risposte negli specialisti o nei libri e questo non è che non sia giusto, è che affidarsi troppo rischia di distoglierti dall'osservazione della realtà che vivi tu, e non l'esperto.
      Noi navighiamo un po' a vista ecco, ma non va male
      Sono certa che sarà così anche per voi, perchè avete trovato, come spero, la strada giusta, senza etichette ma con attenzione costante e perchè, ci hai messo 10 anni, ma lo ami oltre la biologia, i condizionamenti, i tuoi giudizi su te stessa e tutto il resto (e scusa se sono supponente, ma leggendoti credo sia un po' così).
      Io ti auguro di cuore di avere il fiato per ripeterglielo i mille miliardi di volte in cui lui vorrà sentirselo dire e per capire quando vorrà, anche se non te lo chiederà.
      Io mi ci tormento sempre su questa cosa, perchè per me è inconcepibile che lui non "senta" l'amore che c'è.
      Facciamo discussioni capziose sulla differenza tra sapere e sentire e, niente, siamo diversi, non c'è dubbio.
      Gli schiaccerei i' capo, ecco

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