mercoledì 20 aprile 2016

Vita liquida

Appartengo ad un mondo in cui i tempi erano netti e definiti: ci si alzava, ci si lavava, si faceva colazione, ci si rilavava, si andava a scuola, si tornava, pranzava, studiava, giocava/chiacchierava/faceva sport (se c'era tempo), cenava, leggeva, dormiva.
L'università per me che non ho studiato fuori sede, ha portato modifiche sostanziali nella routine, ma nessuno stravolgimento.
Una vita completamente diversa era una parentesi, più o meno lunga, all'estero o, in vacanza.
Quando ho iniziato a lavorare, ho sentito il bisogno di dare una forma alla mia indipendenza, una forma che non si è rivelata troppo diversa dal già conosciuto.
La libertà stava nel poter mettere da sola limiti e confini e quei limiti erano, ancora una volta, netti e chiari: c'erano un orario per il lavoro ed un orario per tutto il resto. Non esisteva andare a fare compere alle cinque del pomeriggio, salvo casi eccezionali, e non esisteva lavorare il sabato sera alle dieci, salvi casi eccezionali o (supposti) amici scrocconi.
Mi piace pensare di non essere una persona rigida, ma so di avere le mie rigidità.
Una che sto forse, faticosamente, imparando a superare è questa.
Si potrebbe dire che il mondo cambia, ma più banalmente sono le mie esigenze che cambiano ed io devo adeguarmi.
Ieri non ho messo neanche un piede in studio, eppure ho lavorato.
Ho portato un bimbo dalla pediatra e avuto una sessione con un cliente, ho cucinato - per pranzo - pollo fritto e carciofi e risposto a mille mila mail, ho ospitato ragazzini lego-dipendenti e chiuso una transazione, ho persino saltato alla corda (come facevamo a farlo per ore?).
Mi piace?
Non troppo, ma in questi giorni è così e almeno sto imparando che posso farcela

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