mercoledì 13 aprile 2016

Trivella si, trivella no...la terra dei cachi

Non sono fatta per fare l'influencer, non sono fatta per fare politica nel senso di attività politica sotto una bandiera o uno stendardo, non ho il carattere, non ci credo, non ci ho creduto mai.
Sono cresciuta ascoltando quelli della FGCI (no, niente calcio, mi dispiace) e quelli di CL e mi hanno fatto lo stesso effetto tutti.
Invecchio ed ascolto le stesse, identiche, opinioni, nemmeno gli argomenti cambiano.
Ora c'è il referendum.
Sulle trivelle dicono.
Ma quali trivelle?
Il referendum è una cosa minima, minuscola, residuale.
Tanto minima, minuscola e residuale che una come me, fa fatica a coglierne il senso.
Davvero, io dovrei andare a votare per fare sì che, scadute le attuali concessioni, si smetta di estrarre del gas che si sta già estraendo da anni, lasciandone (forse) mezzo lì ed aumentando (forse) il  rischio di un disastro ecologico?
E perchè?
Ma soprattutto cosa c'entrano le trivelle, il petrolio, le dodici miglia in qua o in là?
Davvero è questo il modo di lanciare un messaggio?
E quale messaggio?
Non si parla di tutto questo nel referendum.
Non se ne parla perchè il governo ha già rinculato su queste cose.
Ed è un peccato, perchè di politica energetica si dovrebbe parlare in questo paese e molto.
Ma intanto siamo qui a dire no a trivelle che non esistono e non esisteranno mi pare di capire.
E lo si fa con slogan evocativi e profondi come "trivella tua sorella"
Che, insomma, se non fosse che anche al sessismo c'è un limite verrebbe voglia di rispondere: bisogna vedere com'è, perchè magari è meglio l'autarchia, se non altro, è rinnovabile.


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