venerdì 10 luglio 2015

Macerie

Attila, prima di partire per il mare, ha guardato sconsolato casa ed ha sussurrato: "E' un cumulo di macerie. Era bellissima, mamma, perchè lo avete fatto?", si è voltato, è tornato alla macchina e non è più voluto scendere.
Io, impolverata e sudata, io felice, io convinta della bontà della scelta anche per loro e la loro autonomia, mi sono sentita una grossa cacca di mucca, di quelle che si trovano sui sentieri in montagna, piene di mosche e delle pietruzze tirate dai ragazzini per vedere se affondano ed in quanto tempo.
In un attimo, ho ripensato a quanto è importante la stabilità a quell'età, a quanto le avventure che ci si scelgono da piccoli e ci fanno sentire forti e coraggiosi, quelle che ci allenano per il futuro, ci aiutino a costruirci un bell'equilibrio se attorno, c'è un posto sicuro.
E certo il posto non è fisico, non solo.
Ma togliere per mesi un bambino dalla sua casa, dicendogli che quando tornerà la troverà stravolta, irriconoscibile, forse era cosa da ponderare diversamente.
L'entusiasmo, l'allegria, l'eccitazione, persino, dei grandi, non si sono trasmesse ai piccoli.
Sono certa che, quando potranno prendere possesso dei loro spazi ne saranno lieti, che dopo qualche mese, sembrerà loro normale, che si divertiranno nella stanza dei segreti ricavata nel sottotetto, col suo abbaino e la scala da pompiere, che prima o poi decideranno di non dormire più insieme, ma ognuno nella sua camera, che faranno i compiti sotto la loggia e si accapiglieranno, rincorreranno la gatta, mi faranno uscire pazza di rabbia e di affetto e che tutto tornerà ad essere banale, quotidiano, uguale al giorno prima.
Un posto, ovvio, scontato, magari piacevole, ma "normale" come è una casa finchè è casa.
Ma per ora, siamo al cumulo di macerie

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