venerdì 26 giugno 2015

Di brindisi notturni con le amiche, udienze e possibili correlazioni

Ieri sera ho lasciato la famigliola davanti a Jurassic park e sono uscita per brindare con delle amiche alla fine della scuola.
Certo invece di metterci in tiro e "calare" in città, ci siamo sfilate, con il consueto sospiro di sollievo, gli abiti più o meno eleganti del giorno e abbiamo scalciato via i tacchi
Se a 15 anni ci saremmo probabilmente "montate" in vista di una simile occasione, ieri sandali bassi e vestitini di cotone andavano per la maggiore.
Del resto non ci eravamo date appuntamento in uno dei locali alla moda della città, ma sulla terrazza della locale casa del popolo e pazienza se a fare servizio c'era tutta gente conosciuta....quando si è belle, si è belle, quando non lo si è, la penombra aiuta, il buio risolve.
Non è stata una serata epocale, è stata una serata divertente, piena di chiacchiere e risate, di sciocchezze e cose serie, di buona scuola e professori starnazzanti, di scuola rubata ed insegnanti vessati, di corsi di yoga canterini e ricette, di idee per settembre-che-però-per-fortuna-è-lontano e programmi per le vacanze, di bonarie prese in giro e qualche pettegolezzo.
Insomma il solito: chiacchiere tra donne, all'aperto, di notte, quando il caldo si stempera e il tempo si dilata.
Questa mattina però io avevo un udienza di quelle che aspetti da una vita, ma che quando arrivano è sempre troppo presto.
Un'udienza in corte d'appello su un rinvio indietro della Cassazione, sulla materia del mio cuore, con una controparte che negli altri gradi, essendo una societàona, schierava lo studione milanese da 80 nomi per sede, 15 sedi e altezzosità commisurata all'insieme.
Insomma sono entrata con le gambe molli, bella tesa, chè non si era costituito in giudizio nessuno e non c'era nessuno neanche per l'udienza, ragione per cui pensavo di avere sbagliato una notifica, un termine, di essere decaduta, avere mandato tutto all'aria e meritare l'esposizione al pubblico ludibrio da eseguirsi mediante reclusione in una gabbia di ferro da appendere al pennone dell'undicesimo piano finchè morte non sopraggiunga, ma solo dopo l'intervenuta condanna per responsabilità professionale con risarcimento del danno stabilito in misura ben oltre il massimale della mia polizza ed istantanea espropriazione della casa (ma porc...proprio ora?)
Mi siedo e il presidente prima mi dice di avere controllato bene ogni formalità perchè gli sembrava strano che nessuno si fosse costituito, però è tutto a posto. Poi mi chiede scusa.
Scusa?
Cioè davvero, scusa?
Mai sentito un giudice chiedere scusa, ma davvero, proprio mai.
Giusto se ti pesta un piede. Forse.
Pensavo non fosse possibile, e invece me lo ha pure ripetuto, certo ci ha tenuto a precisare che non era colpa sua (sia mai, ora, questo, sarebbe davvero stato pretendere troppo), ma in effetti, secondo lui la pronuncia resa dalla corte era davvero imbarazzante (!), dal momento che sarebbe bastato leggere il testo del regolamento Ce.
Alla fine ho persino rinunciato ai termini per memorie.
Così se mi ridanno torto mi tocca issarmici da sola sul pennone dell'undicesimo.
Quindi è deciso: da ora in avanti tutte le sere prima di un'udienza di cui ho paura, io berrò.
Da ubraica, mi sa, mi vengono meglio

Nessun commento:

Posta un commento