venerdì 28 luglio 2017

Stufa


Una delle cose che mi sono state ripetute innumerevoli volte durante la mia infanzia ed adolescenza è: se non hai nulla di positivo da dire su qualcuno, taci.
È un principio bellissimo, pieno di sensibilità e considerazione per il prossimo ed è anche utilissimo giacché le opinioni cambiano e le persone non possono mai essere comprese nella dicotomia pessime/splendide.
Solo che è troppo bello e nobile per me che, a volte, non riesco proprio a conformarmi, altre, proprio non voglio.
Da queste parti sono giorni difficili, lo sono, come troppo spesso accade, non tanto per i problemi concreti che pure non mancano, ma per attitudini mentali malate su cui non si sa e non si vuole intervenire.
Comincio a sentire che, questa volta, è la mia la serenità a rischio e che certe tecniche psicologiche di protezione (contatto zero, sasso grigio, pietra grigia) messe (più o meno) efficacemente in atto da altri, lasciano però la zavorra sempre più pesantemente sulle mie spalle.
Avrei del mio.
Sono stufa di portare rispetto e non abbandonare, di ricevere 5-6 telefonate in un’ora deliranti di ansia fuori controllo ed essere trattata come una esagerata se suggerisco che, su quell’ansia, bisogna intervenire e sul resto ci si può fare aiutare. Sono stufa del narcisismo, dell’assoluta mancanza di empatia, del tentativo costante di drenare energie per farsene nulla, della litania sul “come siamo disgraziati”.
Sono stufa anche di ricevere 3-4 telefonate in un ora di chi è lontano e, comprensibilmente, oscilla tra la preoccupazione e lo sminuire per rassicurarsi e non sentirsi in colpa, cerca appigli e non vuole sentire, ma poi risponde in modo orribile al telefono, blocca il numero, non resiste più di tre giorni l’anno e gli pare un sacrificio immane. Stufa di sostenere chi scappa, non da un posto, ma da un vissuto che ancora, a quarant’anni non sa affrontare. Tu, però, devi farcela.
E sono stufa di proteggere e rassicurare, anche se so che non posso smettere, perché i danni sono troppi, le ferite profonde, la verruca non estirpata e stare meglio, non vuole dire esserne fuori.
Insomma sono stufa marcia.
E ci sono anche un paio di cose che, a questo giro, non supererò.
Essere chiamata fortunata perché mio padre è morto e non devo più preoccuparmi per lui, mentre ci sono disgraziati che non vedono la fine del loro tormento (del tutto inventato), è una di queste.

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