lunedì 26 ottobre 2015

La vita degli altri.

C'è una cosa che non ha smesso di frullarmi in testa in questi giorni di scatole e scatoloni, bruschinature selvagge e unghie rotte malamente.
E' una cosa minima che, probabilmente, dà più il senso di quanto sia strana e, diversamente sensibile io, che altro.
Il fatto è questo, mi è capitato di sentire moltissimi commenti negli ultimi tempi su notizie particolarmente intime e personali di alcuni personaggi pubblici.
Cose tipo l'infertilità (o le difficoltà) degli Zuckerberg , il ricovero di Scialpi, col marito lasciato fuori, la giornalista del tg 2 Capulli morta di cancro a 50 anni, l'anoressia della Jolie e via e via.
Ora, non è che delle sofferenze e delle ingiustizie subite da queste persone non mi importi nulla, per carità, però non mi importa abbastanza da rimuginarci troppo sopra, da commentarle o da provare altro che la generica pena che provo per il dolore altrui.
E mi chiedo ma tutti quelli che soffrono o si indignano per Zuckerberg, Scialpi, Jolie, Capulli, non ce l'hanno un conoscente, un dirimpettaio, un collega, un familiare o un amico che si è ammalato, che non riesce ad avere un figlio o abortisce nelle prime settimane, non conoscono nessuno che sia solo nel bisogno, testardo nell'affrontare la sofferenza, incazzato (a ragione) col sistema paese, nessuno che non aspetti altro che un orecchio ed una spalla a cui fare delle confidenze, a cui affidare un po' della propria pena, invece che scriverne sui social, magari dopo averla superata?
Non sarebbe meglio, molto meglio, ed anche più semplice, guardarsi intorno, chè 'ste cose capitano davvero a tutti, e usare la nostra empatia, dove serve, dove può?
Ma davvero l'uscita di queste notizie, in questo modo,  è utile?
Non lo capisco.

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