mercoledì 1 giugno 2016

Cirinnà, Cirinnà. ma che roba è questa qua

Ieri sono stata ad un convegno (il primo) sulla legge Cirinnà.
Era un bel convegno con relatori di un certo livello (prima tra tutti la dottoressa Cavallo, una che è entra in magistratura nel 1971, si è sempre occupata di minori e, come si suol dire ha fatto giurisprudenza).
Aveva due pecche, una che dipendeva dagli organizzatori ed una, purtroppo, da un certo modo di intendere e fare la politica.
Spiace sinceramente, vedere un deputato della Repubblica chiedere la parola ad un convegno in cui, dice, di essere presente come semplice avvocato, per sentirgli sostenere posizioni che confliggono già con una lettura superficiale delle norme.
Spiace se si pensa alla malafede (perchè il livello sarà anche basso e tutti ci siamo laureati con i punti della coop, ma è improbabile che sia così basso e che siano serviti meno di un migliaio di punti), spiace soprattutto perchè, le risposte date alle domande che poi gli sono state rivolte, spingono più a ipotizzare l'incompetenza o la superficialità nei giudizi (che va anche bene eh, ma se voglio sentire queste cose vengo a un comizio, se vuoi affrontare aspetti tecnici, anche criticandoli, li critichi tecnicamente. Il bar è in fondo al corridoio).
Fa invece sorridere, ma amaro, che organizzando un convegno come questo si sia sentito il bisogno di invitare, come relatore, l'avvocato-mamma-arcobaleno.
Ho provato fastidio fisico, non perchè c'era, non perchè le si chiedeva di esporsi, ma perchè era lì come lesbica con una relazione stabile e un figlio.
Ora, il suo intervento è stato toccante ed anche utile per passare dall'astratto esame delle norme alla vita vera, ciononostante, avrei preferito che trattasse un tema (ce ne sono così tanti) e su quel tema integrasse il contributo intellettuale col personale.
Così, sembrava il metalmeccanico al comizio del PCI o, se preferite, l'imprenditrice al meeting annuale di Confindustria (cose che non può capire chi non ha vissuto gli anni '80).
Comunque.
La Cirinnà è legge.
Come tutti sanno regola, diciamo due, aspetti delle relazioni sociali tutelate dall'art. 2 Cost.
Uno è quello delle famose (e famigerate) unioni civili tra persone dello stesso sesso, e l'altro è la regolamentazione della tutela riconosciuta alle cd coppie di fatto unite da un vincolo stabile, omo o eterosessuali che siano.
Secondo me ci occuperemo prima e più diffusamente delle coppie di fatto, perchè sono una realtà socialmente diffusissima e matura, quindi le situazioni "patologiche" sono numerose.
Però, oggi, alla ribalta ci sono le unioni civili, come è giusto che sia.
In moltissimi si sono stracciati le vesti su questa parte della legge, tutti detrattori, anche se spesso su opposte barricate.
Ora, la legge Cirinnà per me ha un enorme difetto: non introduce il matrimonio, meglio, non chiama matrimonio l'istituto che introduce.
Questa è la critica peggiore che mi sento di muoverle.
Naturalmente ne capisco il senso (non avremmmo mai avuto una legge. Punto), ma non mi piace lo stesso.
A chi ne ha tempo e voglia, consiglio di leggere la sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti che ha esteso il matrimonio egualitario, alle coppie dello stesso sesso.
Il relatore (un repubblicano nominato da Reagan) scrive, più o meno, che il matrimonio è un istituto fondamentale, tale da concorrere alla definizione del concetto stesso di amore, che  è scelto da chi intende travalicare il suo essere singolo ed aprirsi ad una dimensione più ampia, che insomma è così ganzo che sarebbe ingiusto non consentirlo a tutti, soprattutto a coloro che gli attribuiscono un valore così alto da volerlo per sè.
Naturalmente può far sorridere l'idea che parole così auliche siano usate dai giudici di un paese che celebra moltissimi matrimoni e moltissimi ne scioglie, con durate dei vincoli anche assai basse e quant'altro. Del resto, è il paese in cui una come Liz Taylor si faceva vanto di avere fatto sesso solo con uomini che aveva sposato (una fatica inutile, secondo me, ma contenta lei)
Dà però la misura dell'importanza simbolica riconosciuta all'unione tra due persone ed alla tutela che lo stato intende attribuirle almeno finchè dura.
Il nostro legislatore, per mille ragioni, non ultima l'opportunità politica, ha fatto esattamente il contrario.
Niente simboli.
Niente riferimenti alla "vita familiare" (tranne una svista a un certo punto), terminologia neutra, niente "rito solenne", via l'obbligo di fedeltà (ma sono decenni che la fedeltà fisica non conta praticamente più e la fedeltà spirituale rientra anche nel concetto di obbligo di assistenza morale, rispetto reciproco e comunanza di vita)
Niente di niente.
Però le norme della Cirinnà seguono pedissequamente quelle, indovinate un po'? Del matrimonio si, esatto.
Quindi quando Bertone e la sua comitiva, dicono che si è introdotto un matrimonio mascherato, ad essere intellettualmente onesti, tocca dare loro ragione.
E stappare lo spumante.
Lo stesso, in modo toruoso, potrebbe valere per l'adozione del figlio del partner.
Sarebbe stato bello avere un rinvio esplicito alla legge sulle adozioni, magari alla lettera b) e non d) dell'art. 44  consentendo così all'unito civilmente di adottare il figlio del compagno come possono già fare il coniuge o il convivente eterosessuale (con adozione non legittimante, parliamo comunque di questa tipologia, per tutti questi casi).
Ci spero fortemente, a dire il vero, ma al momento, il fatto che la legge, tra le esclusioni che prevede, non annoveri quella specifica normativa, consente ai tribunali di fare quello che stanno già facendo da tempo.
La Corte di Cassazione è lì che riflette, ha una riserva da sciogliere, incrociamo le dita e tifiamo perchè decida bene.
Ed a Sezioni Unite 

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