lunedì 18 maggio 2020

riassumendo

Riassumendo:
1. la didattica a distanza è una buona soluzione se sei confinato in casa e non puoi uscire.
E' ottima per gli adolescenti che così possono vedersi ogni mattina comunque, ma in modo più rilassato, alzandosi più tardi e scivolando, più o meno allegramente, in una sciatteria selettiva davvero stupefacente.
Aiuta anche i più piccoli che, almeno, non si sentono ricettacoli soltanto di compiti e di video didattici (confezionati ad hoc o meno), ma possono interagire con maestre e compagni e ricostruire una parvenza, un po' plasticolsa, di quotidianità.
Insegna qualcosa anche ai genitori, se origliano (ed in genere origliano) sulle vere dinamiche di certi gruppi dai quali sono di solito esclusi e che conoscono solo di seconda mano.
Dopo mesi di questa manfrina però, tu, da mamma, puoi dire che la DAD per le elementari è il male
Perfetta per le medie, anzi, un ottimo strumento di autodisciplina ed autonomia, chè Attila se la sbuccia interamente da solo e tu hai perso quasi (un grosso quasi) ogni contatto con i suoi obblighi e le sue scadenze, deleteria per i genitori dei più piccoli.
Totila non è autonomo, c'è poco da fare. Per carità si connette, disconnette, apre e chiude microfoni e chatta random, ma la sua agenda è un affare di famiglia e, ad onore del vero, con questa situazione ci facciamo un obbligo di seguirlo molto da vicino nei compiti pomeridiani. Si ha un bel dire, ma questa scuola non è scuola e un supporto didattico serve.
Serve ai genitori soprattutto che hanno un ansia endemica.
2. il lavoro da casa è un'ottima scelta, rende più efficienti e lascia molto più tempo per fare altro.
Verissimo
Indiscutibile
Già provato
Peccato che questa incontrovertibile verità richieda pace e concentrazione.
O in altre parole, che il mondo se ne stia fuori dalle scatole
3. in quarantena, poche cose sono importanti come una stanza a disposizione di ogni componente della famiglia ed un ampio spazio esterno.
Vi amereste molto di meno se vi inciampaste continuamente addosso
E lo stesso vale per il tuo altro posto di lavoro.
Ti è mancato prendere il caffè insieme e chiacchierare del più e del meno, ma ad un certo punto ti piace entrare nella tua stanza e chiudere la porta ed ami ricevere solo in sala riunioni, spazio neutro, da usare a turno.
Gli open space non sono mai stati in cima alle tue preferenze.
4.  se ce ne fosse stato bisogno hai capito che hai bisogno di mondo per stare bene. Non sei fatta per stare isolata, nemmeno con chi ti è più caro.
Dopo 60 giorni di costrizione, sei aggressiva e irritabile, e non vedi l'ora di ritrovare un minimo di socialità, quale che sia.
Non sei fatta nemmeno per stare in casa, e sia chiaro la tua casa la ami e ha tanto da offrire, ma il prossimo fine settimana andate a vedere il mare e tu non vedi l'ora.
5. sentire la tua mamma solo per telefono per moltissime settimane è qualcosa che, semplicemente, non può essere.
Tu le conversazioni fatte di "che hai fatto?(niente)", "come stai?(bene)", e altre cortesi banalità, non le reggi.

mercoledì 29 gennaio 2020

Giri di boa

Attila ha scelto la scuola superiore.
Farà il classico con matematica potenziata
A me un po' spiace, chè io ho fatto lo scientifico e mi è piaciuto
Un po' però ci godo, perchè è anche troppo facile immaginare Gentile (ed epigoni), con tanto di fronte aggrottata, costretti a fare spazio a coseni ed integrali
Si sa, tra liceali di diverso indirizzo, ci sono antiche ruggini che ammettono piccole, meschine, cattiverie
In realtà, confesso, questa scelta mi lascia un po' perplessa: di questi tempi tutti quelli che optano un liceo, puntano allo scientifico, tradizionale, scienze applicate (leggi senza latino), con indirizzo biomedico, informatico, o altri che ora non ricordo, perchè in fondo questi sono gli anni della scienza o meglio, della tecnologia.
Una scuola così, insomma, innegabilmente affascinante, ma, appunto, classica, sembra un po' lontana dal mondo e dal suo agone
Lui però si è fatto accompagnare in giro, ha chiesto consigli, fatto colloqui e, poi, valutato la relazione degli orientatori, annusato l'aria, vagato con lo sguardo sperso, confessato di non sapere ancora cosa vuole fare nella vita, forse tirato la monetina e, finalmente, annunciato che nei prossimi 5 anni, vedrà di costruirsi una "cultura classica".
Poi si è concesso una timida, autoironica, risata.
La verità è che se c'è una strada impervia, si può essere certi che lui sceglierà quella.
Ed è anche vero che ha un bisogno, una necessità a tratti fisica, di avere la testa impegnata, il cervello a mille, di costruire relazioni tra concetti lontani, di non perdersi niente di tutto ciò che non sa, ma potrebbe piacergli sapere.
Se si annoia è un disastro.
Se si annoia si perde, diventa svogliato, insicuro, molesto, odioso.
Ora invece è bellissimo ed io, che non ne ho alcun merito, me lo guardo col cuore gonfio di gioia e di orgoglio.
E' stata dura e di certo lo sarà ancora
Oggi però si splende

mercoledì 11 dicembre 2019

La vincitrice

Potrei scrivere che ne ho le scatole piene di donne che rivendicano diritti e poi, quando c'è da andare a prenderseli, si rincantucciano nel focolare.
Sarei cattiva.
Ma sincera.
Potrei scrivere che il mio modello sono i tipi alla Rosa Parks, quelle che non aspettano che gli autisti dei bus capiscano da soli che non è giusto farle alzare dopo una giornata di lavoro, non si alzano, e affrontano ciò che succede.
Oppure, potrei citare Franca Viola, una che semplicemente, non voleva sposare uno che non le piaceva e non lo sposò. Nemmeno dopo che l'aveva rapita, malmenata, violentata, affamata e privata dell'onore (lei) 
Ma non è questo il caso.
Il fatto è che la vincitrice del giorno, è una grande, ma non mi sta per nulla simpatica
Anzi
A dirla tutto se fosse stato un uomo a fare ciò che ha fatto lei, dietro all'aggettivo grande, ci metterei un sostantivo, uno che comincia per s ed è molto volgare
Il fatto è che la signora ha passato un decennio a fare figli, 3 in 9 anni, poi, giunta alla metà dei suoi trent'anni ha capito che la sua vita non le piaceva.
Roba dura da accettare, ma con un percorso segnato.
Ha scelto di separarsi dal marito ed ha iniziato a discutere per trovare un accordo.
Accordo che non veniva fuori, perchè, molto banalmente, nessuno dei due voleva cedere sulla casa, sul mantenimento dei figli, su tempi e modi della loro gestione.
Finchè non è arrivato il colpo di genio
Si perchè, come diceva l'indimenticabile Perozzi in "amici miei", il genio altro non è che fantasia intuizione colpo d'occhio e velocità d'esecuzione
E lei, evidentemente, li ha tutti in abbondanza
Una bella mattina ha aspettato che il marito andasse al lavoro, ha portato i figli a scuola, asilo e nido, ha fatto la valigia e se ne è andata.
Ciao core
Questa mattina, molto serenamente, mi ha detto: "sa avvocato, mio marito ha sempre pensato che stare a casa coi figli non fosse poi così pesante e poi voleva la casa in tutti i modi, allora ho pensato che poteva tenersela. Annessi e connessi. Nel frattempo ho trovato un lavoro e mi sono trasferita dal nuovo compagno, Pensavo che potrei vedere i ragazzi due fine settimana al mese e un pomeriggio la settimana, per l'assegno vediamo, lei che dice?"
Che devo dire?
Benvenuto 2020?

giovedì 21 novembre 2019

Diatribe alimentari

Lui lì ha smesso di mangiare carne di punto in bianco un giorno della scorsa estate.
Credo che abbia visto uno dei tanti documentari sugli allevamenti intensivi, poi avrà letto qualcosa sulla portata cancerogena dei salumi, un sassolino lo deve avere portato il fatto che era ingrassato ed il resto l'ha fatto la sua indole.
Lui lì infatti non è uomo di mezze misure o mediazioni.
La moderazione, come categoria dello spirito non gli appartiene granchè, non che non conosca o non frequenti le mille sfumature della realtà, di istinto però, punta al nero e al bianco assoluti
Anche se mi piacerebbe dire che non mi faccio influenzare e moralmente sbertucciare, ammetto che ho non troppo convintamente seguito il suo esempio.
Ragione per cui, salvo due eccezioni due (per gli irrinunciabili maialino della cena del rione e  lasagne della mamma), non mangio carne da mesi
E' una scelta che un po' subisco e non condivido fino in fondo.
Per carità, l'abuso di carne non fa bene, gli allevamenti intensivi sono responsabili di una buona fetta di inquinamento globale e non garantiscono neppure condizioni di vita decenti.
E poi c'è la faccenda che la ciccia è, come dice sempre un collega fieramente vegano, un pezzo di carcassa di un animale che era vivo e vegeto ed è morto per colpa tua.
La carcassa non mi fa nessun effetto, anzi, a dire il vero mi fa anche un po' sorridere, mangio muffe, roba cresciuta sotto terra, fatta stagionare nella paglia, nella cenere, nel mosto, fermentare con procedimenti non proprio invitanti, non mi formalizzo per una carcassa (e nemmeno per ciò che è vivo)
Neppure il senso di colpa attacca, mia nonna teneva le uova fecondate in seno per farle schiudere, si occupava con amore e attenzione dei suoi animali e quando era il momento tirava loro il collo.
Da lei non ho imparato l'orrore per la morte, ma la compassione ed il rispetto per le creature che mangio.
Me li faccio bastare
La faccenda morale è personale, mi guardo bene dall'esprimere giudizi su chi non mangia carne (e non usa prodotti derivati da animali) per una scelta etica, ma non è la mia.
Restano, determinanti, le motivazioni "ecologiste" e salutiste.
Mi convincono?
Non fino in fondo, lo ammetto.
La mia indole è, in questo, esattamente opposta a quella di mio marito, dove lui va di accetta, io uso il cesello.
Fosse per me ridurrei, sceglierei con più attenzione, mi informerei, forse oserei qualche piccola produzione in proprio, ma privarsi non fa per me.
La rinuncia in quanto tale, non è categoria del mio spirito
Tolta l'indole però c'è anche il fatto che non sono certa che tutto quello che si fa, serva davvero o, meglio, serva nella misura in cui è proposto, e non sia, di nuovo, una moda come molte altre.
Tipo quando dovevi mangiare quinoa chè i ceci parevano brutti
Sia chiaro, non dico sia inutile o vada nella direzione sbagliata.
Dico che spesso ci si accontenta di soluzioni semplici (semplicistiche) per lavarsi la coscienza e non affrontare problemi complessi.
Passare da una macchina a combustibili fossili ad una elettrica sembra una scelta di responsabilità.
Ma siamo sicuri?
Dismettere una macchina inquina, se è recente, occorre considerare la dispersione di energia e materiali impiegati per realizzarla senza che sia stata ammortizzata dall'uso e poi, anche produrre una vettura nuova inquina, l'energia elettrica che la alimenta ha buone probabilità di derivare da processi ad impatto tutt'altro che zero, le batterie esauste sono una bomba ecologica.
Sembra così semplice e invece non lo è.
Faccio un altro esempio: compro solo locale.
Lo faccio per me, perchè di certo è più salutare, ci sono meno passaggi, il prodotto è più fresco.
Posso dedurne però che è sempre meglio anche per l'ambiente?
Non è detto, bisognerebbe vedere se l'energia (escludiamo gli eventuali trattamenti chimici) necessaria per conservare  chessò le mele trentine fino al raccolto successivo, è inferiore o di qualità migliore, rispetto a quella impiegata per farmi avere mele nuove dalla Nuova Zelanda.
E così per mille altre cose.
Produrre con sistemi biologici è certo preferibile, ma la resa per ettaro è molto inferiore.
Può darsi che una simile conversione, se adottata in via estensiva non permetta di coprire il fabbisogno di un'area, per cui si deve ricorrere a prodotti importati.
E fare ricominciare il giro.
Insomma, le mie domande crescono e non trovano risposta.
Se poi mi focalizzo su ciò che mi fa bene, allora, la rinuncia alla carne, nel mio caso proprio non regge.
Poca, si certo.
Niente, è inutile.
Sono nel cuore a chi ha problemi di colesterolo, trigliceridi e compagnia cantante, ma le mie analisi sono sempre state perfette.
Eppure bevo latte, mangio formaggi, amo pane e pasta, bevo alcoolici e consum(av)o carne.
Dirò di più, nella mia famiglia moltissimi, facendo così, hanno superato allegramente gli ottanta, molti i novanta, qualcuno i cento.
Sani come pesci.
Poi sono morti lo stesso.
L'altra sera volevo fare una torta salata di carciofi.
Per quieto vivere e curiosità, mi sono chiesta se non fosse il caso di preparare la pasta col "burro" vegetale e così ho cercato informazioni.
Ecco.
Anche no.
E' vero che non contiene colesterolo, ma deriva comunque da un processo che altera la catena degli aminoacidi del grasso di partenza. Gli oli vegetali infatti non sono solidi in natura, per renderli tali in modo stabile li devi manipolare. Il procedimento più economico è l'idrogenatura, un giochino simpatico da cui deriva una roba che il corpo non riconosce e non sintetizza (li chiamano grassi trans, non risponderanno al nome di colesterolo, ma se ne stanno comunque piantati nelle arterie in attesa che qualcuno dica loro dove andare). Evitato questo sistema, è comunque, difficile che si possono eliminare i danni che anche la semplice manipolazione (gli oli vengono "montati") e l'inserimento di prodotti che forzino la stabilizzazione possono comportare. Saranno diversi, ma inevitabilmente agiscono sulla catena del grasso e lo privano delle sue proprietà originarie.
Risultato?   
Se non si vuole (o non si può) usare l'olio così come è, l'unica opzione davvero salutare è l'avocado schiacciato e non frullato.
Ciaone proprio
Insomma per illudermi di usare burro, dovrei adoperare qualcosa che è stato manipolato per sembrare burro e potrebbe farmi peggio del burro.
E' proprio vero che restiamo sempre bambini
Insomma sono qui, che rinuncio poco convinta e, probabilmente, lo "costringo" a rinunciare a scelte più drastiche nella quali sa che si troverebbe solo (a tavola così come in cucina).
Non sono affatto a mio agio

martedì 5 novembre 2019

Bagagli invisibili, ma pesanti

Partire non è fuggire.
Partire è partire, andare, seguire idee, stimoli, ambizioni, non di rado persone.
Nella sua accezione migliore partire, vuol dire andare verso.
Certo quando si parte si può anche desiderare allontanarsi da qualcosa che non funziona, non piace, fa stare male.
In questo caso però, la scelta funziona solo se ciò che si vuole eliminare o, almeno, attenuare, è esterno e non tocca elementi fondanti la personalità.
La lontananza, altrimenti, è un sollievo temporaneo ed i problemi che si pensa di avere così risolto sono solo stati lasciati a fermentare in un angolo della mente
Non di rado allora, la distanza porta ad elaborare costruzioni mentali che negano la realtà, in genere abbellendola e, soprattutto, mi pare, crea l'illusione di essere liberi.
Ma non si può essere liberi da ciò che siamo, mai, e di certo se non ci siamo prima guardati in faccia, preso atto delle nostre storture e cercato di raddrizzarle.
Prima o poi, infatti, a tutti tocca crescere e no, il successo, i soldi, la stima del mondo e la simpatia di amici che, in fondo, non hanno alcuna idea di come uno sia, tolti gli affascinanti strati sociali, in questo senso non contano affatto
Arriva un giorno in cui tocca a te, sei tu in prima linea, è quando ti ritrovi sudicio davanti allo specchio e non c'è più nessuno da affascinare perchè, finalmente, tu stesso sei un pubblico disincantato.
E' l'attimo in cui ti accorgi che l'ottimismo che distribuisci a piene mani suona falso alle tue stesse orecchie.
Quando le tue paure e le tue fragilità si alzano in piedi e non le zittisci più.
Quando il peso enorme di circostanze e di strutture mentali che ti appartengono profondamente, tant'è che hai iniziato a sminuirle e giustificarle nell'attimo esatto in cui sei salito sul primo volo, ti si rovesciano addosso, innegabili.
Quando, finalmente, ti senti come sei, un coglione
Allora, puoi fare solo due cose, provare a diventare davvero adulto, o fermarti, lasciare perdere, criticare chi resta da lontano, perchè tu faresti meglio se ci fossi, ma non ci sei, e tormentarti e soffrire e girare a vuoto, arrabbiarti e litigare con chi ti sta intorno, ma restare uguale all'immagine di te stesso che ti sei costruito, perchè duro per quanto sia, è ciò che hai ed a cui ti aggrappi. 
Che spreco però

mercoledì 23 ottobre 2019

In ricordo

Leggo un post rilanciato da un'amica.
E' un articolo di giornale, una cosa di cronaca locale, in cui il giornalista commenta  un necrologio con un misto tra ipocrisia familista e sdegno sussiegoso.
La notizia, spogliata dall'opinione, è che sui cartelli che annunciano le esequie di un'intera famiglia, sono uniti vittime ed assassino, chè un uomo ha sterminato moglie e figli prima di togliersi la vita.
La mia amica dice che è una vergogna, che la violenza contro le donne è un problema grave e che lo spirito proprietario del maschio non sarà mai sconfitto in questo paese.
Io di questo fatto non so niente e non lo commento.
Non posso esimermi però dal far notare che le giornalate su certi temi servono a poco, perchè l'organizzazione di un funerale è cosa molto intima, strettamente legata al volere dei parenti e, quindi, del loro profondo sentire, impastato di sentimenti e cultura, roba che un testo così non scalfisce, anzi, perchè è scritto in un modo che può solo ferire.
Poco dopo, altrove, leggo un ricordo affettuoso e malinconico di un amico morto suicida.
In questo testo, a distanza di tempo, è ancora forte una domanda inespressa: perchè?
E così mi torna in mente una delle mie tante mancanze.
Una roba messa da parte, sopita, ma mai andata.
Mi torna in mente un ragazzone immenso, con ricci fitti fitti, un bellissimo sorriso e occhi strani, una donna con un'inconsueta passione per i fucili da caccia e un uomo, un padre, aggressivo, furioso, in difficoltà, depresso.
Disperato
Uno che non ho capito
Gente che non ho aiutato
I necrologi sono stati diversi, le cerimonie anche, le inumazioni ben lontane.
Le ragioni, di certo, per chi ha letto solo gli articoli di giornale, scontate.
Si fa sempre presto a giudicare le cose di cui non si sa niente.
Io ancora mi tormento e mi domando cosa non ho visto, cosa non ho capito, cosa avrei potuto fare o dire

giovedì 3 ottobre 2019

Festa dell'uva..ovvero lo spirito di un paese

Al Paesello, l'ultima domenica di settembre si festeggia l'uva, la vite ed il vino.
Chi ha voglia (e per fortuna sono tanti), dopo il lavoro, si trasferisce al rione e passa tutto il mese, a costruire il carro, cucire costumi, creare accessori e provare balletti.
L'organizzazione dello spettacolo non è una quisquilia.
Se, infatti, state immaginando due grappoli appoggiati sul pianale di un rimorchio e portati in giro per le vie del paese, ripensateci.
Il progetto e la realizzazione sono affidati ad ingegneri ed artigiani sopraffini, i costumi realizzati da sarte provette sotto l'occhio attento di chi, per lavoro, crea (o controlla) filiere produttive di tutto rispetto, ci sono veri e propri artisti e fior di professionisti che prestano le loro competenze perchè tutto funzioni, ma tutti i rionali contano chè tutti sanno usare un po' di colla a caldo e se ti scotti, è per una buona causa.
Mentre trapani e aghi lavorano, i figuranti provano a gruppi la loro parte della coreografia: i bimbi nello spiazzo antistante il cantiere vero e proprio, i grandi dove si può: al palazzetto dello sport, al campo sportivo, nei campi da calcio, calcetto, tennis, nel piazzale di qualche area industriale opportunamente illuminata con fari alimentati da generatori portatili.
Si prova ovunque e, da una certa data in poi, si prova sempre.
I coreografi (rionali o prezzolati) diventano a mano a mano sempre più afoni, spiritati e scoraggiati, chè nemmeno un Nuereyev esaltato avrebbe mai potuto pensare di fare andare a tempo e, soprattutto, all'unisono più di quattrocento persone di tutte le età, forme e dimensioni, gente che balla solo per la festa, gente che balla da una vita e, a volte, di danza vive.
Si prova ovunque, certo, ovunque, tranne in piazza, perchè in piazza si prova una volta sola, il sabato notte, solo per mezz'ora e solo nell'ordine di sfilata, con tutti gli altri lì, pronti a "uccellare", a giudicare la coreografia, a cercare di capire come viene il loro spettacolo e quello altrui.
E poi, sempre un po' scorati, si torna in sede e si "inchicca" fino all'alba chè gli acini non amano essere appiccicati al compensato col vinavil e quindi tocca farlo all'ultimissimo momento giusto in tempo per portare i carri al punto di partenza all'ora e nell'ordine stabiliti
Naturalmente in tutto questo impegno, il supporto morale e materiale non può mancare
Le cucine industriali in dotazione ad ogni rione, producono cene a pieno regime: "normali", vegetariane, vegane, gluten free, nessun problema, basta avvertire.
Solo gli schizzinosi non sono ammessi chè sui lunghi tavoli, fino a cinque minuti prima che la cena sia servita si taglia, si cuce, si incolla, e sulle teste dei commensali, penzolano, perchè non si sciupino, le parti più voluminose o dedicate dei costumi
I canti goliardici si sprecano; salaci e non di rado volgari, riguardano tutti i rioni, spesso anche il proprio, per gentile concessione di un paroliere altrui particolarmente ispirato
Dormire diventa una mera possibilità e, via via che i giorni passano, la possibilità si fa sempre più remota.
Però ne vale la pena
Il rione che quest'anno ha vinto (il nostro) ha portato in piazza il mito di Dioniso e Ampelo, Parche comprese, perchè l'uva ed il vino possono anche dare una mano contro i pregiudizi
Vi lascio immaginare cosa non è successo il lunedi al "funerale", il momento cioè in cui, vinti e vincitori, mettono in scena la presa in giro delle pecche altrui.
Amo questo posto