mercoledì 23 ottobre 2019

In ricordo

Leggo un post rilanciato da un'amica.
E' un articolo di giornale, una cosa di cronaca locale, in cui il giornalista commenta  un necrologio con un misto tra ipocrisia familista e sdegno sussiegoso.
La notizia, spogliata dall'opinione, è che sui cartelli che annunciano le esequie di un'intera famiglia, sono uniti vittime ed assassino, chè un uomo ha sterminato moglie e figli prima di togliersi la vita.
La mia amica dice che è una vergogna, che la violenza contro le donne è un problema grave e che lo spirito proprietario del maschio non sarà mai sconfitto in questo paese.
Io di questo fatto non so niente e non lo commento.
Non posso esimermi però dal far notare che le giornalate su certi temi servono a poco, perchè l'organizzazione di un funerale è cosa molto intima, strettamente legata al volere dei parenti e, quindi, del loro profondo sentire, impastato di sentimenti e cultura, roba che un testo così non scalfisce, anzi, perchè è scritto in un modo che può solo ferire.
Poco dopo, altrove, leggo un ricordo affettuoso e malinconico di un amico morto suicida.
In questo testo, a distanza di tempo, è ancora forte una domanda inespressa: perchè?
E così mi torna in mente una delle mie tante mancanze.
Una roba messa da parte, sopita, ma mai andata.
Mi torna in mente un ragazzone immenso, con ricci fitti fitti, un bellissimo sorriso e occhi strani, una donna con un'inconsueta passione per i fucili da caccia e un uomo, un padre, aggressivo, furioso, in difficoltà, depresso.
Disperato
Uno che non ho capito
Gente che non ho aiutato
I necrologi sono stati diversi, le cerimonie anche, le inumazioni ben lontane.
Le ragioni, di certo, per chi ha letto solo gli articoli di giornale, scontate.
Si fa sempre presto a giudicare le cose di cui non si sa niente.
Io ancora mi tormento e mi domando cosa non ho visto, cosa non ho capito, cosa avrei potuto fare o dire

giovedì 3 ottobre 2019

Festa dell'uva..ovvero lo spirito di un paese

Al Paesello, l'ultima domenica di settembre si festeggia l'uva, la vite ed il vino.
Chi ha voglia (e per fortuna sono tanti), dopo il lavoro, si trasferisce al rione e passa tutto il mese, a costruire il carro, cucire costumi, creare accessori e provare balletti.
L'organizzazione dello spettacolo non è una quisquilia.
Se, infatti, state immaginando due grappoli appoggiati sul pianale di un rimorchio e portati in giro per le vie del paese, ripensateci.
Il progetto e la realizzazione sono affidati ad ingegneri ed artigiani sopraffini, i costumi realizzati da sarte provette sotto l'occhio attento di chi, per lavoro, crea (o controlla) filiere produttive di tutto rispetto, ci sono veri e propri artisti e fior di professionisti che prestano le loro competenze perchè tutto funzioni, ma tutti i rionali contano chè tutti sanno usare un po' di colla a caldo e se ti scotti, è per una buona causa.
Mentre trapani e aghi lavorano, i figuranti provano a gruppi la loro parte della coreografia: i bimbi nello spiazzo antistante il cantiere vero e proprio, i grandi dove si può: al palazzetto dello sport, al campo sportivo, nei campi da calcio, calcetto, tennis, nel piazzale di qualche area industriale opportunamente illuminata con fari alimentati da generatori portatili.
Si prova ovunque e, da una certa data in poi, si prova sempre.
I coreografi (rionali o prezzolati) diventano a mano a mano sempre più afoni, spiritati e scoraggiati, chè nemmeno un Nuereyev esaltato avrebbe mai potuto pensare di fare andare a tempo e, soprattutto, all'unisono più di quattrocento persone di tutte le età, forme e dimensioni, gente che balla solo per la festa, gente che balla da una vita e, a volte, di danza vive.
Si prova ovunque, certo, ovunque, tranne in piazza, perchè in piazza si prova una volta sola, il sabato notte, solo per mezz'ora e solo nell'ordine di sfilata, con tutti gli altri lì, pronti a "uccellare", a giudicare la coreografia, a cercare di capire come viene il loro spettacolo e quello altrui.
E poi, sempre un po' scorati, si torna in sede e si "inchicca" fino all'alba chè gli acini non amano essere appiccicati al compensato col vinavil e quindi tocca farlo all'ultimissimo momento giusto in tempo per portare i carri al punto di partenza all'ora e nell'ordine stabiliti
Naturalmente in tutto questo impegno, il supporto morale e materiale non può mancare
Le cucine industriali in dotazione ad ogni rione, producono cene a pieno regime: "normali", vegetariane, vegane, gluten free, nessun problema, basta avvertire.
Solo gli schizzinosi non sono ammessi chè sui lunghi tavoli, fino a cinque minuti prima che la cena sia servita si taglia, si cuce, si incolla, e sulle teste dei commensali, penzolano, perchè non si sciupino, le parti più voluminose o dedicate dei costumi
I canti goliardici si sprecano; salaci e non di rado volgari, riguardano tutti i rioni, spesso anche il proprio, per gentile concessione di un paroliere altrui particolarmente ispirato
Dormire diventa una mera possibilità e, via via che i giorni passano, la possibilità si fa sempre più remota.
Però ne vale la pena
Il rione che quest'anno ha vinto (il nostro) ha portato in piazza il mito di Dioniso e Ampelo, Parche comprese, perchè l'uva ed il vino possono anche dare una mano contro i pregiudizi
Vi lascio immaginare cosa non è successo il lunedi al "funerale", il momento cioè in cui, vinti e vincitori, mettono in scena la presa in giro delle pecche altrui.
Amo questo posto