giovedì 21 novembre 2019

Diatribe alimentari

Lui lì ha smesso di mangiare carne di punto in bianco un giorno della scorsa estate.
Credo che abbia visto uno dei tanti documentari sugli allevamenti intensivi, poi avrà letto qualcosa sulla portata cancerogena dei salumi, un sassolino lo deve avere portato il fatto che era ingrassato ed il resto l'ha fatto la sua indole.
Lui lì infatti non è uomo di mezze misure o mediazioni.
La moderazione, come categoria dello spirito non gli appartiene granchè, non che non conosca o non frequenti le mille sfumature della realtà, di istinto però, punta al nero e al bianco assoluti
Anche se mi piacerebbe dire che non mi faccio influenzare e moralmente sbertucciare, ammetto che ho non troppo convintamente seguito il suo esempio.
Ragione per cui, salvo due eccezioni due (per gli irrinunciabili maialino della cena del rione e  lasagne della mamma), non mangio carne da mesi
E' una scelta che un po' subisco e non condivido fino in fondo.
Per carità, l'abuso di carne non fa bene, gli allevamenti intensivi sono responsabili di una buona fetta di inquinamento globale e non garantiscono neppure condizioni di vita decenti.
E poi c'è la faccenda che la ciccia è, come dice sempre un collega fieramente vegano, un pezzo di carcassa di un animale che era vivo e vegeto ed è morto per colpa tua.
La carcassa non mi fa nessun effetto, anzi, a dire il vero mi fa anche un po' sorridere, mangio muffe, roba cresciuta sotto terra, fatta stagionare nella paglia, nella cenere, nel mosto, fermentare con procedimenti non proprio invitanti, non mi formalizzo per una carcassa (e nemmeno per ciò che è vivo)
Neppure il senso di colpa attacca, mia nonna teneva le uova fecondate in seno per farle schiudere, si occupava con amore e attenzione dei suoi animali e quando era il momento tirava loro il collo.
Da lei non ho imparato l'orrore per la morte, ma la compassione ed il rispetto per le creature che mangio.
Me li faccio bastare
La faccenda morale è personale, mi guardo bene dall'esprimere giudizi su chi non mangia carne (e non usa prodotti derivati da animali) per una scelta etica, ma non è la mia.
Restano, determinanti, le motivazioni "ecologiste" e salutiste.
Mi convincono?
Non fino in fondo, lo ammetto.
La mia indole è, in questo, esattamente opposta a quella di mio marito, dove lui va di accetta, io uso il cesello.
Fosse per me ridurrei, sceglierei con più attenzione, mi informerei, forse oserei qualche piccola produzione in proprio, ma privarsi non fa per me.
La rinuncia in quanto tale, non è categoria del mio spirito
Tolta l'indole però c'è anche il fatto che non sono certa che tutto quello che si fa, serva davvero o, meglio, serva nella misura in cui è proposto, e non sia, di nuovo, una moda come molte altre.
Tipo quando dovevi mangiare quinoa chè i ceci parevano brutti
Sia chiaro, non dico sia inutile o vada nella direzione sbagliata.
Dico che spesso ci si accontenta di soluzioni semplici (semplicistiche) per lavarsi la coscienza e non affrontare problemi complessi.
Passare da una macchina a combustibili fossili ad una elettrica sembra una scelta di responsabilità.
Ma siamo sicuri?
Dismettere una macchina inquina, se è recente, occorre considerare la dispersione di energia e materiali impiegati per realizzarla senza che sia stata ammortizzata dall'uso e poi, anche produrre una vettura nuova inquina, l'energia elettrica che la alimenta ha buone probabilità di derivare da processi ad impatto tutt'altro che zero, le batterie esauste sono una bomba ecologica.
Sembra così semplice e invece non lo è.
Faccio un altro esempio: compro solo locale.
Lo faccio per me, perchè di certo è più salutare, ci sono meno passaggi, il prodotto è più fresco.
Posso dedurne però che è sempre meglio anche per l'ambiente?
Non è detto, bisognerebbe vedere se l'energia (escludiamo gli eventuali trattamenti chimici) necessaria per conservare  chessò le mele trentine fino al raccolto successivo, è inferiore o di qualità migliore, rispetto a quella impiegata per farmi avere mele nuove dalla Nuova Zelanda.
E così per mille altre cose.
Produrre con sistemi biologici è certo preferibile, ma la resa per ettaro è molto inferiore.
Può darsi che una simile conversione, se adottata in via estensiva non permetta di coprire il fabbisogno di un'area, per cui si deve ricorrere a prodotti importati.
E fare ricominciare il giro.
Insomma, le mie domande crescono e non trovano risposta.
Se poi mi focalizzo su ciò che mi fa bene, allora, la rinuncia alla carne, nel mio caso proprio non regge.
Poca, si certo.
Niente, è inutile.
Sono nel cuore a chi ha problemi di colesterolo, trigliceridi e compagnia cantante, ma le mie analisi sono sempre state perfette.
Eppure bevo latte, mangio formaggi, amo pane e pasta, bevo alcoolici e consum(av)o carne.
Dirò di più, nella mia famiglia moltissimi, facendo così, hanno superato allegramente gli ottanta, molti i novanta, qualcuno i cento.
Sani come pesci.
Poi sono morti lo stesso.
L'altra sera volevo fare una torta salata di carciofi.
Per quieto vivere e curiosità, mi sono chiesta se non fosse il caso di preparare la pasta col "burro" vegetale e così ho cercato informazioni.
Ecco.
Anche no.
E' vero che non contiene colesterolo, ma deriva comunque da un processo che altera la catena degli aminoacidi del grasso di partenza. Gli oli vegetali infatti non sono solidi in natura, per renderli tali in modo stabile li devi manipolare. Il procedimento più economico è l'idrogenatura, un giochino simpatico da cui deriva una roba che il corpo non riconosce e non sintetizza (li chiamano grassi trans, non risponderanno al nome di colesterolo, ma se ne stanno comunque piantati nelle arterie in attesa che qualcuno dica loro dove andare). Evitato questo sistema, è comunque, difficile che si possono eliminare i danni che anche la semplice manipolazione (gli oli vengono "montati") e l'inserimento di prodotti che forzino la stabilizzazione possono comportare. Saranno diversi, ma inevitabilmente agiscono sulla catena del grasso e lo privano delle sue proprietà originarie.
Risultato?   
Se non si vuole (o non si può) usare l'olio così come è, l'unica opzione davvero salutare è l'avocado schiacciato e non frullato.
Ciaone proprio
Insomma per illudermi di usare burro, dovrei adoperare qualcosa che è stato manipolato per sembrare burro e potrebbe farmi peggio del burro.
E' proprio vero che restiamo sempre bambini
Insomma sono qui, che rinuncio poco convinta e, probabilmente, lo "costringo" a rinunciare a scelte più drastiche nella quali sa che si troverebbe solo (a tavola così come in cucina).
Non sono affatto a mio agio

martedì 5 novembre 2019

Bagagli invisibili, ma pesanti

Partire non è fuggire.
Partire è partire, andare, seguire idee, stimoli, ambizioni, non di rado persone.
Nella sua accezione migliore partire, vuol dire andare verso.
Certo quando si parte si può anche desiderare allontanarsi da qualcosa che non funziona, non piace, fa stare male.
In questo caso però, la scelta funziona solo se ciò che si vuole eliminare o, almeno, attenuare, è esterno e non tocca elementi fondanti la personalità.
La lontananza, altrimenti, è un sollievo temporaneo ed i problemi che si pensa di avere così risolto sono solo stati lasciati a fermentare in un angolo della mente
Non di rado allora, la distanza porta ad elaborare costruzioni mentali che negano la realtà, in genere abbellendola e, soprattutto, mi pare, crea l'illusione di essere liberi.
Ma non si può essere liberi da ciò che siamo, mai, e di certo se non ci siamo prima guardati in faccia, preso atto delle nostre storture e cercato di raddrizzarle.
Prima o poi, infatti, a tutti tocca crescere e no, il successo, i soldi, la stima del mondo e la simpatia di amici che, in fondo, non hanno alcuna idea di come uno sia, tolti gli affascinanti strati sociali, in questo senso non contano affatto
Arriva un giorno in cui tocca a te, sei tu in prima linea, è quando ti ritrovi sudicio davanti allo specchio e non c'è più nessuno da affascinare perchè, finalmente, tu stesso sei un pubblico disincantato.
E' l'attimo in cui ti accorgi che l'ottimismo che distribuisci a piene mani suona falso alle tue stesse orecchie.
Quando le tue paure e le tue fragilità si alzano in piedi e non le zittisci più.
Quando il peso enorme di circostanze e di strutture mentali che ti appartengono profondamente, tant'è che hai iniziato a sminuirle e giustificarle nell'attimo esatto in cui sei salito sul primo volo, ti si rovesciano addosso, innegabili.
Quando, finalmente, ti senti come sei, un coglione
Allora, puoi fare solo due cose, provare a diventare davvero adulto, o fermarti, lasciare perdere, criticare chi resta da lontano, perchè tu faresti meglio se ci fossi, ma non ci sei, e tormentarti e soffrire e girare a vuoto, arrabbiarti e litigare con chi ti sta intorno, ma restare uguale all'immagine di te stesso che ti sei costruito, perchè duro per quanto sia, è ciò che hai ed a cui ti aggrappi. 
Che spreco però