giovedì 30 gennaio 2014

Palude

A volte mi sembra di stare nel bel mezzo di una palude piena di sabbie mobili.
Ho in testa una di quelle scene da Sandokan, direttamente dagli anni '70: kajal come se piovesse, tigri rincoglionite dai calmanti e bellezze bionde dallo sguardo vacuo.
Insomma nemmeno una palude vera, una roba finta, da set cinematografico.
Ci si affonda lo stesso però.
E non ci si affonda perchè è un luogo pericoloso, in grado di risucchiarti, ma perchè starci in mezzo, lentamente, ti toglie la voglia di darti da fare.
Annaspi non per la fatica di sottrarti, ma, prima, per la fatica che provi all'idea della fatica che farai per provare a sottrarti.
E ti passa la voglia.



martedì 28 gennaio 2014

Educazione

Ieri era il giorno della memoria.
Non me lo sono ricordato finchè mio marito non mi ha gentilmente scaricato l'incombente di portare i nani al gioco-lingua al posto suo, chè lui, era stato invitato dall'ordine alla cerimonia commemorativa.
Viaggiando verso casa, mi è tornata in mente la prima volta che ho veramente preso cosienza dell'olocausto.
Ho, di quella mattina, ricordi strani, alcuni nitidi, nitidissimi, altri incredibilmente labili e sfocati.
So che era un giorno feriale del 1981-82, perchè ero in prima media.
So che ero euforica, perchè non capitava spesso, anzi non capitava mai, che riunissero tutta la scuola in palestra per una proiezione ed una conferenza, essere lì tutti insieme, per fare una cosa che suonava tanto "da grandi" e bigiando, senza bigiare, le lezioni, ci rendeva tutti ipereccitati.
Però non ricordo rumori, ricordo solo un grande silenzio, ricordo uno schermo immenso e su quello schermo immagini in bianco e nero, lievemente fuori fuoco, ma molto più chiare, di ogni altra abbia mai visto prima o dopo, su quello e molti altri temi.
Ricordo che volevo distogliere lo sguardo e non potevo, che non volevo distoglierlo ma non potevo sopportare quella vista, ricordo che una parte del mio cervello cercava di negare e un'altra non glielo permetteva.
Ricordo che, per la prima volta in vita mia, ho capito appieno cosa si intende quando si afferma che un'immagine vale più di mille parole.
Saranno anche frasi fatte, ma Anna Frank mi aveva trasmesso la sua angoscia, non preparata a quello che vidi.
Non ricordo facce di compagni o professori, ma ricordo quei signori, che mi sembravano così vecchi e che vecchi però non dovevano essere, seduti dietro a due o tre cattedre allineate, eroici nel testimonaire cosa avevano vissuto.
Mi ricordo le nostre timide domande, la pacatezza delle risposte e i numeri.
I numeri sugli avambracci.
Tornai a casa e tirai giù dalla biblioteca in salotto un libro.
Era "se questo è un uomo".
I mei non erano felici che lo leggessi, ero piccola, ma mi lasciarono fare, ho sempre letto di tutto quando e come mi è parso.
Se scrivo che piansi, non scrivo che una banalità, ma piansi tanto e a lungo, girai per giorni inebetita.
Poi, non troppi anni, dopo sarà stato il 1985, i miei zii mi portarono con loro nel nostro abituale mini tour delle montagne. Il prete che lo organizzava aveva deciso un itinerario un po' diverso dal solito e così scoprii Innsbruck, mi innamorai di Monaco e visitai Dachau.
Dachau per me, ragazzina, è stato tutto quello che c'era da sapere.
Non tutto quello che c'era da sapere sul particolare olocausto di cui era stato luogo e strumento, ma di tutti i passati che la storia ha più o meno pietosamente cancellato, e dei futuri che certo, nonostante la buona volontà, non mancheranno.
Ieri rimasticavo tutto questa mole di amari, ma terapeutici, ricordi e pensavo che dobbiamo portare presto i nani a Dachau.
Prima è, meglio è.
Non ora certo, ancora sono troppo piccoli e non capirebbero altro che l'orrore e la cattiveria, non saprebbero elaborare ed imparare.
La medicina non curerebbe.
Però qualcosa si può fare fin da subito e così, io ieri ho fatto una cosa piccola, insignificante, ho cercato di rafforzare mio figlio nelle sue scelte e nelle sue convinzioni, nella speranza che quando sarà grande sappia restare fermo nei suoi giudizi e coraggioso nelle sue scelte.
Non importa quanto siano impopolari, gli ho detto, ricordati sempre che chi ragiona col cervello degli altri può vendere il suo.
A me ed a chi passa di qui, ricordo che le più atroci mostruosità sono avvenute per la volontà di pochi e l'ignavia di molti.
Saprò di avere fatto il mio dovere se anche uno solo dei mie figli, una volta nella vita, non girerà lo sguardo e non serrerà la bocca.

lunedì 27 gennaio 2014

G come giustizia

E così hanno anche inaugurato l'anno giudiziario.
Niente di nuovo, ovviamente, sempre le solite cose: poche risorse, giudici senza pecche, avvocati azzecchagarbugli, necessità ed urgenza di smaltire il pregresso e di garantire migliori condizioni di vita ai detenuti con un bell'indulto: "bomba libera tutti e via".
Sarà.
E certo sotto alcuni aspetti, è.
Però, ogni giorno, io faccio dentro e fuori da quei palazzi e senza riscrivere tutte quelle frasi astiose e livorose che ho appena cancellato, non posso però fare a meno di notare che conosco un ottimo modo per smaltire i processi civili arretrati ed anche uno, decisamente migliore, per evitare che altri vengano promossi in futuro.
I processi arretrati vanno soltanto decisi, non rimandati alle calende greche dando pure la colpa ad altri della propria inerzia. Mi sono un po' stufata di sentire dire, da decenni, ormai che i magistrati sono pochi e le cause troppe. Da giovane praticante, mi sono scontrata con le sezioni "stralcio" dove bivaccavano giudici onorari chiamati a decidere rapidamente cause vecchie. La scusa allora era che, essendo state introdotte col vecchio rito, giudici, avvocati e parti, ci si erano baloccati per anni ed ora dovevano essere decise (il bene era un optional).
Poi, col rito nuovo a regime, hanno inondato le sedi giudiziarie di GOT e GOA (giudici onorati di tribunale e giudici onorari aggiunti) tutta gente che, in spregio alla costituzione, decideva e decide senza essere mai stata vincitrice di un concorso.
Tutta gente pagata una miseria ed un tanto ad udienza.
Nel frattempo ciò che è stato fatto è stato rivoluzionare il processo civile, mettere paletti e decadenze per rendere il rito più rapido e snello (persino l'obbligo di comunciare entro un termine stringente e pena la cancellazione del gravame, se volevi proseguire in un'impugnazione già prosta e lasciata lì, a dormire per anni, per la sola inerzia dell'ufficio. Il massimo) 
Risultato? Quello che già paventava il mio proffe di procedura civile: i termini per gli avvocati sono perentori (scadono e per te è finita) per i magistrati sono canzonatori ( scadono? ahhhhhhhh)
Mai visto un giudice depositare una sentenza nei termini.
In compenso, in genere, il giudice che fissa una sentenza contestuale (resa in udienza), dopo la discussione ti sorride e ti dice, "va be' avvocato, la trova domani in cancelleria"
In genere, dopo averti assegnato i termini di legge per le memorie istruttorie (30 giorni per memorie di precisazione della questione controversa a seguito di quanto emerso con le costituzioni in giudizio, 30 per le richieste di prova e 20 per quelle di controprova) la scelta è: rinvio di un anno, un anno e mezzo, con udienza nella quale, 90 su 100, lo stesso giudice si riserverà di decidere sulle istanze che hai fatto negli 80 giorni successivi a quella, ormai, lontana prima udienza, oppure nessun rinvio, quando ( e se) decide sulle prove, fissa anche la data successiva.
Hai fatto appello?  C'è un udienza indicata a maggio, giugno 2014 eh bene che ti vada, a Firenze, se ne parlerà nel 2018 - 2019.

Devo continuare?
No, credo che la cosa sia chiara.
Vuoi toglierti fascicoli polverosi? l'unica è deciderli
Guarda anche con la monetina, tanto a 'sto punto...ma deciderli chè non se ne può più dei rinvii per "l'eccessivo carico dell'ufficio"
E un'altra cosa, non sarebbe male smetterla di dare all'avvocato sempre e comunque la colpa della situazione attuale perchè diciamolo, simpatico o antipatico, lui è lì  per tutelare una parte (sia purte la più odiosa) e lo fa con gli strumenti che ha.
Ritieni che una delle sue possibili strategie di difesa sia da abbandonare? Rendigliela inutile ed avrai risolto il problema, ma non chiedergli di danneggiare il cliente per supplire alla tua incapacità
In questo gioco ognuno deve fare la sua parte. 
E questo ci porta ai processi nuovi.
Qui la soluzione è un po' più complessa.
Intanto non sarebbe male decidere, perchè la parte sotanziale ha inbteresse a promuovere o reistere in modo pretestuoso se sa di potere sicuramente lucrare sul tempo. Altrimenti preferisce trovare un accordo, tu non fissare udienze di anni in anni, e vedrai che, magicamente, le cause si ridurranno.
Idem per le esecuzioni, se Tizio sa di dover pagare, ma sa che basta una circolare sulla privacy per rendere inaccessibili i suoi dati a chi ha il "solo" interesse di un foglio in mano con cui "In nome della Repubblica italiana si comanda..:" allora sai com'è, magari, non si affanna. Anche qui, magicamente, mettiamo le cose in fila e stabiliamo che, davanti ad un titolo la privacy va un attimo a farsi un giro, e vedrai che molti di quelli che girano superbi, caleranno le penne.
E questa cosa, anche qui, diciamolo, non vale solo per "Foffo il sudicio" che si muove nei sottofondi della società, vale per enti e società importantissime e quotatissime che, anzi, sono le peggiori se avete qualcosa da fare valere nei loro confronti.
Forti, come sono, di leggi e leggine ad hoc che ti fanno passare la voglia
Altro che customer care!
Poi, scendendo per li rami, ed andando sullo spicciolo, si potrebbe stabilire che, se chiudo una sezione distaccata (deo gratias) i cancellieri di quella sezione, non hanno il diritto di chiedere l'assegnazione dove pare a loro, ma seguono i loro fascicoli e si mettono a disposizione di quell'ufficio, che è oltretutto, sia detto per inciso, il più vicino al loro vecchio luogo di lavoro, e non si fanno assegnare al reparto imboscati.
E ancora, se mi introduci il processo telematico (deo gratias) poi non mi chiedi la copia cartacea di cortesia, perchè sono scortese abbestia, venire a portartela vuol dire fare due volte lo stesso lavoro e te invece, pigi il bottone col ditino e, se proprio non puoi farne a meno, te la stampi, do you undertand?
Insomma, lo so, tutto è difficile, tutto è complicato, tutto è semplicemente immobile...e allora facciamo così, almeno la giratina in ermellino e manti rossi non la fate più eh!

giovedì 23 gennaio 2014

varie

1 Mi sento giallo...ma va bene così

Mio padre ha fatto un piccolo intervento.
Niente di che, roba di routine.
Ci rimuginava da tempo, solo che mentre decideva se farlo davvero o no non si è sentito troppo bene e ci ha regalato, del tutto involontariamente ovvio, un'altra serata al pronto soccorso.
Nella mia testa, tutto l'episodio ed il suo fortunato epilogo, rimarrà scolpito nel dialogo: "ciao babbo, la mamma mi ha detto che non ti senti tropo bene, che hai?, "mah! mi sento giallo!"
Mezz'ora dopo eravamo al pronto soccorso ed io cercavo di non rispondere alle domande insistenti di mia madre che mi chiedeva cosa mi avesse detto il medico dell'ambulanza.
"O ictus o ischemie, comunque un episodio neurologico acuto" mi pareva brutto.
Certe parole se le pensi sono terribili, se le dici diventano vere.
Fortunatamente era la seconda e così accantonata la questione, la capra cocciuta, s'è fatta anche tagliuzzare ed è tornata a casa.
Ma per un po', temo, continuerò ad avere dei problemi con il giallo

2. Quando pizza fa rima con indipendenza

Attila è stato invitato ad un compleanno multiplo. Genitori intelligenti e temerari hanno deciso di fare una sola festa per tutti i bambini che, nella sua classe, compono gli anni nel mese di gennaio.
L'invito è semplice e prevede: pizza per tutti e genitori non ammessi.
Immagino abbiano assunto una consistente rappresentanza di teste di cuoio e si siano accordati con il gestore del locale perchè versi litri di bromuro nelle bevande.
Ciò detto e dopo avere aspramente criticato quelle, sempre le solite, mamme alla n che si lagnavano che "sono troppo piccoli, non è il caso" ma ce li mandano lo stesso  (tienlo/a a casa no?), posso diventare una mosca 10 minuti?

3.  Se perdi un treno e ripassa, è un segno del destino?

L'anno scorso avevo visto un cappotto che mi piaceva in un negozio dove mi servo.
Non compro cappotti a prezzo pieno per principio (leggi perchè sono taccagna e tanto il freddo se anche arriva, si presenta dopo la Befana).
Non l'ho preso nemmeno agli sconti, perchè comunque aveva un prezzo che non posso definire basso, non mi serviva, ero in piena botta  da "grisi" e via con tutto il resto delle considerazioni razionali e ponderate.
Ieri l'ho rivisto nella stessa vetrina ad un prezzo più basso (è pur sempre un fondo di magazzino) e insomma, le considerazioni di cui sopra non sono cambiate, ma mi sento molto più portata verso un approccio "romantico"

mercoledì 22 gennaio 2014

Eataly


Sono stata a pranzo da Eatily (Mangiaitalia, mi piace di più).
Ormai la quantità di osservazioni, molto critiche o di entusiastico apprezzamento, per il negozio era arrivata ad un livello tale che, conoscendomi, se non ci andavo in tempi rapidi, non sarei più stata in grado di farmene un'idea davvero personale.
E soprattutto il gigantesco bastiancontrario che abita in me, sarebbe definitivamente uscito da ogni controllo.
In quindici giorni infatti, mi hanno detto: "eh che schifo, un'altra libreria che se ne va".
E lui, borbottando, mi pungolava dietro i denti, digli: "i locali erano liberi dal 2011, buongiorno eh!" E poi, digli anche, dove eravate quando chiudevano la Seeber (uno scempio vero) per piazzarci su quegli stessi scaffali, intoccabili, pena l'ira funesta di tutta la Suprema Soprindentenza, i golfini di Max Mara? E quando chiudevano la libreria del Porcellino per metterci l'ennesima gelateria, figlia dell'ennesima catena? Allora era il mercato, il progresso, ora vi rode  proprio questo?
Mi hanno detto schifati: "eh è l'ennesima catena di robaccia che invade il centro?" E lui tutto rosso e con le guance gonfie: "ma che bevono? Varichina? In questa città? in centro? No dai scherzano, non è possibile, dai! Qui da noi dove, parliamoci chiaro o sei di zona e pure aggiornato, o rischi di ingurgitari idrocarburi? Si per carità ci sono quei due o tre vinaini, c'è Orazio al Porcellino, ci sono le botteghe nel mercato centrale ci sono quei cinque, dieci bar storici con le storiche sale da thè che ti salassano ma non ti danno "porcai", c'è qualche pizzeria onesta aperta a pranzo, ma se sei in giro e vuoi mangiare alla svelta, se non sai dove battere la testa, davvero puoi mangiare male solo se vai dal Eataly?"
E anche, con lo stesso schifo, ma in senso contrario: "La solita operazione di marketing che rilecca prodotti "normali" e li fa apparire superbi" e lui, ormai lanciato "unhmpf tipo la borsa da mille mila euro che porti o il giubbotto con il bollino? Tipo il kamut che ti pare figo perchè è brevettato e ti hanno fatto credere che lo hanno ritorvato a casa di Ramsete? E se ti dicessi che non è proprio per nulla il cereale mistico che dici te, ma un tipo di grano che milioni di persone si sono sempre mangiate ritenendolo appunto "normale"?
E infine: "fanno dei contratti da paura, lo sai?" Azz...davvero? Si, un cameriere prende 500,00 Euro al mese per 24 ore settimanali" E lui, "ah ecco allora, va bene, terribile, però digli che deve rinunciare anche all'IKEA, eh! e che, più o meno per quell'orario e quelle mensioni, non credo che altrove prendano molto di più, una segretaria a part time, quando prende?"
 Ma anche: "stupendo, meraviglioso, fichissimo! Ma sai che fanno anche la ribollita, la farinata col cavolo nero, la trippa e il lampredotto? Che hanno la schiacciata vera? e l'olio nostro? Potremo finalmente mangiare bene e trovare cose buone" E lui, ormai isterico: " cioè no, non ho capito, devo andare a Eataly per mangiare la ribollita? e che sono diventato Cinese che non l'ho mai vista? Io la ribollita la mangio a casa mia, dalla mi' nonna, e se proprio voglio buttare via i quattrini la ordino dal Sanesi o al Cibreo tò , il lampredotto me lo fo fare da Orazio o da Nerbone e se uno mi fa rivedere la bistecca Piemontese gli urlo dietro"
"Hanno una scelta di prodotti di nicchia, particolari, buonissimi che altrove non si è mai vista" e lui ormnai trasfigurato dal sarcasmo: "eh si vede che te, da Pegna, non ci sei mai entrato, poverello che vita grama!"
"ci hanno mangiato anche quelli della direzione PD!",
"Esti....quasi?"
Va be', si insomma sono andata, e mi è piaciuto.
Tutto quello di cui sopra è vero.
Tanto bel marketing, cose buone da mangiare e da comprare, piuttosto care, ma non troppo.
Per un locale è il posto giusto per darsi un tono, mostrarsi attento a ciò che mangia, farsi un po', bonariamente indottrinare, con corsi corsettini e show ed infinocchiare inorgogliendo per la grande attenzione riservata a ciò che è, appunto, di zona.
Ogni tanto può essere piacevole andarci, ma non è l'Enoteca Pinchiorri e non credo nemmeno ambisca a tanto.
Credo che il modello sia, piuttosto, quello dell'osteria ospitata nel retrobottega del negozio di alimentari dove si mangiavano piatti cucinati con quello che veniva anche commercializzato al naturale e si usciva con l'etto di prosciutto e il pezzo di pecorino per il giorno dopo.
Ovviamente in salsa 2.0 in cui conta tanto il prodotto quanto la presentazione, le chiacchiere, la gestualità, la confezione,...insomma lo spettacolo appunto.
Per un turista, quindi, è il posto giusto per portare a casa un ricordo enogastronomico di una certa qualità, scegliendo con calma ed assaggiando piatti ben cucinati partendo da ingredienti di pregio.
Soprattutto mi è parso un prodotto da "esportazione", un format pensato per far conoscere ad altri piatti, prodotti, abitudini alimentari italiane che dovrebbe essere meglio sfruttato anche in una versione meno "elitaria" e più di massa.
In fondo trovo al super formaggi francesi non sempre degni di varcare le Alpi, non vedo perchè non si possa trovare il modo di fare arrivare in Spagna dell'onesto stracchino (e questo cugi era per te, perchè ti penso sempre, là in terra straniera, senza nemmeno il conforto di due crostini stracchino e salsiccia)

lunedì 20 gennaio 2014

Vederci chiaro

La scorsa estate ho perso il mio unico paio di occhiali in mare.
Per la prima volta dopo tanto tempo, ho dovuto accettare che non ho, semplicemente, un difetto visivo di tipologia piuttosto comune e facilmente superabile con dei presidi che possono essere pressochè invisibili, decisamente sfiziosi nonchè tra loro interscambiabili
Il mio difetto, infatti, non è tanto comune nella sua entità, e gli strumenti di correzione, proprio perchè facili da portare, hanno in un certo senso ottenebrato la mia consapevolezza.
In fondo indosso gli occhiali dal 1976 e le lenti a contatto dal 1986 ed in questa nostra lunga frequentazione, nella mia quotidiana dipendenza, non ha contato molto il fatto che la correzione passasse gradatamente da un piccolo difetto ereditario ad una mipoia "da studio" e poi, ad un difetto tanto importante da mettere persino in dubbio l'opportunità di affrontare parti naturali ed allattamento.
Sempre occhiali ho infilato come prima cosa al mattino.
Certo, per carità, quando ho cominciato ad ordinare lenti a contatto costruite ad hoc, perchè non esistono usa e getta con la mia gradazione, un po' ci ho pensato.
Certo mi stufa non poter scegliere una montatura qualsiasi, solo perchè mi piace, e dovere sempre tenere conto delle dimensioni e dello spessore, perchè anche con la migliore tecnologia disponibile le mie lenti non sono certo sottilissime e l'effetto "culo di bottiglia" è sempre in agguato.
Però, sono pensieri così...volatili.
Poi il mare mi ha rubato gli occhiali e mi ha spalancato un mondo.
Mi ha costretto a guardare in faccia il mio handicap, il mio essere "diversamente abile", e ad accettare il fatto che se faccio una vita "normale" dipende solo dai progressi della scienza e della tecnologia.
Fossi nata 50- 60 anni prima, sarei stata praticamente cieca.
Quando si dice la fortuna.
Così ho preso il coraggio a quattro mani, ho messo da parte la paura e la vanità ed ho deciso di mandare una mail all'ospedale sant'Anna di Pisa, il più quotato nella mia regione per gli interventi col laser ad eccimeri.
Vediamo se, fatta visita e controlli, mi giudicheranno idonea all'intervento.
Mi basta una riduzione a livelli umani, mi basta riconoscere i nani quando ce li ho a un metro.
Aggiornamento: ho appena ricevuto la risposta ed ora ho un data ed un'appuntamento. Mi sento anche vagamente idiota, perchè ho scoperto di essere un po' agitata.


giovedì 16 gennaio 2014

Bambini...di nuovo

Questa mattina, mentre come al solito, ero in attesa davanti ad una porta chiusa, ho letto un post su un blog dove curioso di altre vite e altri mondi (http://www.nonsisamai.com/2014/01/notizie-americane.html).
L'autrice raccontava di una discussione in corso nel suo paese in ordine alla possibilità di vietare l'ingresso ai bambini nei ristoranti di lusso.
Dirò subito che, da queste parti, una cosa del genere non è e non sarebbe possibile, pena il ritiro della licenza ed auguri.
I ristoranti, così come tutti gli esercizi aperti al pubblico non possono rifiutarsi di servire una persona che sia in grado di pagare per il servizio che offrono, perchè proprio l'offerta ad una pluralità indifferenziata di soggetti è considerata elemento essenziale dell'attività.
Dal teorico al pratico poi, non c'è dubbio, spesso c'è un abisso, ed infatti, nessuno dice niente, ma molti certo si impegnano a far sentire indesiderato questo o quell'avventore, questo o quel possibile cliente di cui non piace questa o quella caratteristica.
La notizia condivisa, però, mi ha fatto tornare in mente altre discussioni, via web e non, con cui mi è capitato di lamentarsi di quella che mi sembra diventare sempre più una sorta di subdola intolleranza verso i bambini tout court più che verso i comportamenti scorretti loro e di chi dovrebbe educarli.
E' una cosa che, in una certa misura capisco, al ristorante per esempio, l'avventore intento a godersi un buon pasto (ma veramente anche una schifezza qualsiasi) vorrebbe solo vedere sparire il bambino molesto che schiamazza o circola allo stato brado, e certo non gli interessa tutta la deriva sociologica che invece frulla in testa a me.
Anche a quell'avventore qualsiasi, che si gode il suo piatto compostamente seduto ad una bella tavola, utilizzando con sciolta eleganza l'impeccabile mise en place o, che più comunemente consuma ciò che ha scelto cercando di evitare di sembrare un troglodita davanti ad una semplice pizza, non può sfuggire l'enorme differenza che passa tra un bambino in quanto tale ed il fatto che lui si senta o sia, in effetti, molestato da un comportamento inappropriato.
Siamo sinceri, o solo un po' meno superficiali nei giudizio, ciò che infastidisce non è il bambino, ma le urla, le corse, il contatto con il cibo, i versi idioti di certi genitori idioti e via andare con tutta la fenomenologia del caso.
Esattamente quello che accade a chi si trova ad avere vicini di tavolo i quali, per (mancanza di) educazione, raggiunti limiti di età, difetti congeniti, varie ed eventuali, parlino tra loro come se a dividerli ci fosse un emisfero e non i canonici 60 cm di superficie piana.
Esattamente quello che può capitare a chi, come me sfortunatissimo, capiti di avere per vicini i partecipanti ad una cena aziendale, di addio al nubiliato/celibato, laurea, ritrovo di classe dopo decenni varie ed eventuali, in cui magari si eccede con le libagioni e con i "mi siedo accanto a te, ma poi mi sposto da lui, poi torno, poi vado".
Esattamente quello che può accadere quando, vicino a te a pranzo, c'è uno iperconnesso che non la smette più di sbraitare da solo nel suo smarphone.
Esattamente, infine, quello che ti capita se i tuoi vicini hanno un delizioso cagnolino a cui passano i bocconcini più prelibati, scelti dai loro piatti e porti con le mani, soprattutto se al pet i bocconcini sono piaciuti e ne reclama altri.
L'elenco è solo indicativo ovviamente e può continuare all'infinito.
Nessuno però si sognerebbe davvero, almeno credo, e per restare nell'esempio, di vietare l'accesso ai ristoranti, ai sordi, ai professionisti in trasferta dotati di congegni tecnologici e soli, ai gruppi desiderosi di festeggiare qualche loro ricorrenza e neppure, ormai e per fortuna, ai possessori di cani.
Devono essere ben pericolosi questi bambini se non si può concedere loro nemmeno il beneficio del dubbio.
Non lo sono, però, lo sappiamo se non altro perchè molti di noi sono stati bambini ed alcuni se lo ricordano anche, tant'è che uno degli argomenti spesso usati per dare ragione a certi afflati "isolazionisti" è che non c'è più l'attenzione verso l'educazione dei figli che c'era una volta e quindi è meglio che stiano nei posti pensati per loro.
Per una volta, sia chiaro, si deve intendere esattamente il periodo in cui erano piccoli loro e la mamma (certa gente il babbo non ce lo ha mai avuto o ce lo ha sempre e solo avuto distratto)  impediva loro di comportarsi come i selvaggetti che spero fossero, là dove non era il caso.
Quella santa donna, quindi, ha insegnato loro a stare al mondo, cioè, nello specifico, a mangiare al ristorante o comunque con altri commensali, frequentare un cinema, forse una chiesa o un museo, magari addirittura un teatro o una biblioteca e non solo un parco giochi, e lo ha fatto quando?
Ah si quando erano piccoli.
Questo però davvero non se lo ricordano.
Questa cosa non mi fa impazzire solo perchè, forte del mio motto, me ne frego e porto con me i nani ovunque mi pare sia il caso di andare considerando le nostre capacità e le nostre attitudini.
Del resto, quando un bimbo cresce allattato per le aule di tribunale, non ha certo poi problami a farsi un giro agli Uffizi (basta trovare in tempi rapidi la Chimera)






martedì 7 gennaio 2014

Caro Natale 2013

Caro Natale 2013,
sei passato, lo so.
Anzi a quest'ora, di sicuro, sei già stato archiviato nei pensieri di chi ti brama come in quelli di chi ti schernisce.
In fondo, quello che dovevi fare lo hai già fatto, o non lo farai più.
Quindi, chi ti si rivolge, ti chiami Babbo Natale, Gesù Bambino o "oh te!", scriva improbabili letterine con mano incerta o si soffermi solo un attimo, con imbarazzo, a spolverare i suoi desideri, lo fa prima del tuo arrivo, mai dopo.
Non avevo niente da chiederti, lo sai, non mi servono cose, e ciò che vorrei, non puoi darmelo nè tu, nè nessun altro.
In questo senso tu per me non esisti da molto tempo.
Per questo non ti ho cercato nei giorni passati.
Ti scrivo ora, perchè voglio ringraziarti.
Prendila per quello che è: solo una forma di cortesia fuori moda.
Ecco allora:
Grazie per i regali dei nani, grazie soprattutto per le mani e le teste attente che hanno saputo scegliere vulcani capaci di eruttare (ed un fantastico gioco da tavola sulla geologia), telescopi per guardare le stelle, gli uccellini sugli alberi e cosa fanno i vicini, la serra solare con i semini e pure il pannello fotovoltaico (sappiamo tutti e due che bastava un vasetto e un po' di ovatta umida su un radiatore, ma sono maschi, un minimo di tecnologia è sempre un valore aggiunto, se inutile meglio), per l'enorme cassetta di colori, stampini, pennelli, rulli ed attrezzatura varia (da pittori o da imbianchini, non so) per i puzzle, i libri, i lego e anche per le poche "cartine", solo quelle, che hanno comprato quei cafoni truzzoni di babbo e mamma.
Grazie per il clima, per la poca pioggia, perfetta per i pomeriggi passati a giocare ed a fare i compiti, per il sole e le alte temperature, meravigliose per le scorribande tra i campi come per le passeggiate in città.
Grazie per la neve, sui monti, lo sai che non è il mio habitat naturale, ma Attila sugli sci e Totila sullo slittino sono ricordi che valgono il minimo disagio.
Grazie per mia cugina, le chiacchiere, le risate, le ore passate a studiare le piantine delle nostre case ed a darsi consigli, iniziando le frasi con il "se fossi in te..." che tanto ci piace ascoltare dall'universo mondo.
Grazie per la sua princi, i suoi vestiti da principessa, appunto, le sue bambole, e l' incommensurabile  quantità di rosa che riesce a spargersi intorno.
Grazie per il pranzo di Natale, e per i preparativi della vigilia, grazie perchè c'eravamo quasi tutti e perchè chi mancava, mancava davvero, spiccando per la sua assenza nella moltitudine. Non è vero infatti che se si è tanti non si fa caso se qualcuno è assente; solo quelli di cui non ci importa non si notano.
Grazie per avermi, ancora una volta, mostrato che ci sono molte strade, molti mondi, e che cambiare prospettiva, mettere tutto in discussione, è un ottimo modo per crescere e rimanere vivi; magari la prossima volta, un modo meno dirompente, sarebbe gradito

Grazie per il tempo, abbastanza per godersi tutto, ma non per annoiarsi.
Grazie soprattutto per la mia famiglia, quella che costruisco ogni giorno, perchè è il mio futuro e la mia gioia, e per quella a cui ogni giorno parcetipo, perchè è la mia origine e la mia gioia.
Grazie, infine, perchè continuo, anche sotto chili di zucchero e miele, a non sopportare che si lamenta dei figli perchè sono stressanti/alienanti, del Natale mentre mangia a quattro palmenti o gira di veglione in veglione come la peggio fashion blogger di noattri, di situazioni che non fa niente per cambiare, del lavoro, dello studio, dell'amore, del tempo, insomma chi si lamenta