lunedì 15 maggio 2017

Il buco

Sono passate ormai tre settimane.
La vita è, più o meno, ripresa.
La mia mamma nasconde la sua pena nella mille cose che ha sempre fatto, comincia a lamentarsi delle troppe telefonate serali che le fanno amici e parenti, si rifiuta di venire a pranzo o a cena da noi.
Si scioglie, però, quando Totila le chiede se una sera può dormire da lei così le tiene compagnia sgranandole in faccia quegli occhi tanto simili e quel sorriso malizioso, in bilico tra il ti-voglio-tanto-bene ed il ti-sfotto-troppo.
Io sto bene.
Non lascio che l'emozione passi il muro.
Penso alle cose da fare, ai bambini, al marito.
Giro a vuoto.
Affastello.
Abbiamo festeggiato i compleanni con le abituali feste in giardino, ho cucinato un po' meno del solito, ma, per una volta, ho fatto le torte per le candeline proprio come le volevano loro.
Torte da cartone animato o da telefilm, una con tanti strati di pan di spagna (una noia fare il pan di Spagna e stare lì a vedere se gonfia!) e composta di frutti di bosco, rivestita di panna montata e guarnita con frutti freschi, l'altra, identica nelle dimensioni, farcita di mousse al cioccolato e coperta di ganache.
Sono venute bene.
Io non le ho toccate.
Non le avrebbe mangiate neanche lui.
Quando sono così alte e inzuppate di roba, fanno tanto pastone per cani, mi avrebbe detto.
Avrebbe anche controllato le bevande sul tavolo e non avrebbe mancato di farmi notare che metto sempre troppo poco vino, che si, va bene, sono feste per bambini, ma ai genitori bisogna pensare: se stanno bene loro, è più facile anche per i piccoli.
Gli ho portato le rose del giardino, le inglesi dai mille petali che nascono rosa e finiscono bianchi. Non hanno profumo, non sono come quelle rosse che gli piacevano, proprio non sanno di rosa
Insomma, niente, sto bene, ma ho un buco.
Mi dicono che ci vorrà un po', ma non so se è vero.
Se mi va bene, finirà che ci farò meno caso

martedì 2 maggio 2017

la telefonata

Alla fine la telefonata è arrivata.
E' arrivata quando meno te lo aspettavi.
Dopo qualche giorno al mare che aveva il sapore di una forca, ma fatta quando non erano previsti compiti o interrogazioni.
Dopo un giro allo Stibbert ed un pomeriggio al Piazzale tra il giardino degli Iris e quello delle rose.
Dopo un 25 aprile di sole e di amici, come dovrebbe essere.
E' arrivata mentre ti preparavi ad affrontare robe noiose, quelle che vigliaccamente posticipi finchè puoi e anche un po' dopo.
E' stato completamente diverso da quello che aspettavi, per certi versi meno terribile, per altri mostruoso, perchè, folle che sia dirlo, completamente inatteso.
Ti ha chiamato la dottoressa di famiglia, tua madre non era in grado, urlava, isterica, mentre aspettavano il 118.
Ti ha portato lui, non saresti stata in grado di guidare, perchè lo sapevi che, questa volta, il solito mantra non sarebbe servito.
Tua madre non urla e, soprattutto, non è donna da reazioni isteriche.
Lo hai trovato a letto, nel suo letto, nella sua casa che amava tanto.
E lì hai fatto in modo che restasse.
E' stata una consolazione, per quanto misera e magra
Così come è stato di grande aiuto che tanti abbiano scelto di passare a salutare, di farsi sentire in qualche modo.
La chiesa piena.
I vicini, i volontari della casa del popolo, il gruppo della pesca, i fungaioli.
Gli amici del mare
I colleghi lasciati più di vent'anni fa.
I parenti dalla Romagna.
I tuoi colleghi.
I tuoi amici, dall'asilo in giù
Tante mamme e persino alcuni compagni di scuola di Attila
Persino l'equipe che lo aveva in cura
Si certo, fosse un altro momento, diresti che per molti è stato il senso del dovere, dell'educazione, forse del rispetto, quel filo ipocrita che lega le comunità.
In questo momento però il cinismo ti fa difetto e ti ritrovi a pensare che è bello anche così, va bene il rispetto, l'educazione, il dovere di essere, anche per un attimo e forse un po' di malavoglia, vicino.
In tutto questo, nel dolore che ancora non senti appieno, perchè non hai ancora smesso di girare e di brigare, o meglio perchè hai paura di smettere, ci sono state la parole di Attila.
Il tuo ragazzo in bilico, volato sull'altare prima che poteste fermarlo, agghiacciato dal mare di facce rivolte verso di lui che, nonostante tutto, ha detto la vera e sola cosa che conta nella vita:
Ci voleva tanto bene, gli volevamo tanto bene