mercoledì 30 marzo 2016

Venuta, andata

La cugina del mio cuore è arrivata in tempo per godersi la Pasqua.
Ha preso l'aereo e lo so io quanto le è costato.
A lei che fa Barcellona - Firenze, Firenze - Barcellona in auto tutte le sante volte e lo vive come un bellissimo vantaggio chè quando stavano "altrove" le toccavano tre-giorni-di-nave-tre o una confezione da cavalli di droghe pesanti e qualcuno che la costringesse su per la scaletta.
Ha scombinato i miei piani per una Pasqua al mare e preteso il solito, affollato ed interminabile pranzo di famiglia, con decine di uova di cioccolato, la frittata con ricotta ed asparagi selvatici, la carne alla griglia e le fragole
Ha vinto le resistenze ed i timori di tutti ed ha fatto felice mio padre per il quale il pranzo in campagna non era indicato, era uno sforzo, un rischio, un azzardo folle.
Si sa, la famiglia è anche questa, una conventio ad includendum costi quel che costi e sentirsi amati, ricercati, il perno attorno a cui tutto ruota, può essere un bel macigno o un'enorme gioia a seconda delle occasioni.
Non ha detto nulla, non serviva, ha solo farfugliato una cosa sul fatto che, siccome non mi ero sentita di raggiungerla, era venuta lei.
Ma non è da me che è venuta, non è la mia, la faccia che voleva vedere.
Siamo stranamente pudichi, a volte, per essere così impudichi, indiscreti e caciaroni.
Fortuna che ci capiamo lo stesso.
Se ne è ripartita ieri, con gli abituali due chili di pane in valigia e una bambina riottosa, convinta solo dalla promessa che dormiranno di nuovo, presto, in tre in un letto.
Speriamo

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